Rivalutazione: vediamo se conviene

Al 15 novembre 2020, salvo ulteriori proroghe, scade il termine per la rivalutazione dei terreni e delle partecipazioni detenute, tra l’altro, dalle persone fisiche al di fuori del regime d’impresa (ossia nell’ambito della sfera privata, ivi inclusi i professionisti). Trattasi di una disposizione di “vecchia data”, non a regime ma frequentemente rinnovata (con elevata probabilità

Al 15 novembre 2020, salvo ulteriori proroghe, scade il termine per la rivalutazione dei terreni e delle partecipazioni detenute, tra l’altro, dalle persone fisiche al di fuori del regime d’impresa (ossia nell’ambito della sfera privata, ivi inclusi i professionisti). Trattasi di una disposizione di “vecchia data”, non a regime ma frequentemente rinnovata (con elevata probabilità di una futura ulteriore proroga). Considerato il periodo poco felice e augurando nell’ordine:

  1. che non vi sia bisogno di cedere qualche terreno o partecipazione per bisogni finanziari; 
  2. che, in caso contrario, almeno la cessione sia soddisfacente e plusvalente

diamo uno sguardo ai principali “spunti” della norma, senza estremi tecnicismi (che lasciamo ai fiscalisti eventualmente incaricati di seguire il tutto), al fine ipotetico di “un pensiero” fatto al fotofinish a tale soluzione.

 

 

Gli interessati

La proroga disposta dall’articolo 137 del DL 34/2020 interviene sugli articoli 5 e 7, della L. 448/2001 (a riprova che la disposizione è ormai datata), i quali sanciscono la possibilità di “innalzare” il costo storico fiscalmente riconosciuto da attribuire ai terreni (sia agricoli che edificabili) e alle partecipazioni detenute non in regime di impresa, al fine di contenere la tassazione dell’eventuale reddito diverso (ossia la plusvalenza latente) derivante dalla relativa futura vendita.

Sul punto è bene essere chiari: la norma opera esclusivamente all’interno della tassazione disciplinata dall’articolo 67 del Tuir e pertanto il maggior valore non può essere utilizzato in altri contesti impositivi: il caso di scuola è rappresentato dal recesso tipico del socio, nel qual caso si configura un reddito di capitale tassato ai sensi dell’articolo 47 del medesimo testo unico e conseguentemente la rivalutazione non ha effetto nonostante l’avvenuto pagamento dell’imposta sostitutiva.

Dunque, la prima grande attenzione deve essere riposta alla finalità della disposizione e al relativo utilizzo: in parole povere, se si pensa di vendere un terreno o una partecipazione l’alternativa della rivalutazione può essere interessante, in quanto piuttosto che incappare nelle ordinarie regole di tassazione, è possibile fruire della tassazione sostitutiva ad aliquota più contenuta (seppur con tutti i “se” ed i “ma” del caso che a breve rappresenteremo).

I soggetti interessati sono:

– le persone fisiche (che detengono i beni nella sfera privata);

– le società semplici;

– le società di fatto che non hanno per oggetto l’esercizio di attività commerciali in quanto equiparate alle società semplici ex articolo 5, comma 2, lettera b) Tuir;

– gli enti non commerciali;

– i soggetti non residenti senza stabile organizzazione in Italia.

I beni (terreni e/o partecipazioni) devono essere detenuti a titolo di proprietà, usufrutto o enfiteusi e il possesso deve essere conclamato alla data del 1° luglio 2020. Per coloro che hanno acquisito il terreno o la partecipazione dopo la predetta data a seguito di eredità o donazione, la rivalutazione non è ammessa (salvo uno specifico caso che attiene alle partecipazioni, nell’ipotesi in cui prima del decesso il de cuius abbia conferito ad un professionista il mandato per la redazione della perizia di stima – Circolare 9.5.2003, n. 27/E).

In ogni caso è bene riflettere sulla reale utilità della rivalutazione, posto che per le successioni apertesi dal 3.10.2006 il costo della partecipazione da assumere ai fini della determinazione della plusvalenza corrisponde al valore indicato nella dichiarazione di successione, mentre per le partecipazioni acquisite per donazione il costo rilevante per il donatario è il costo fiscalmente rilevante in capo al donante.

Con riferimento ai terreni, infine, il costo fiscalmente riconosciuto ai fini della determinazione della plusvalenza è quello risultante dalla dichiarazione di successione o dall’atto di donazione.

 

 

La perizia di stima

Si è detto che la prima condizione fondamentale è rappresentata dalla detenzione al 1° luglio 2020. Dopo di che alla data del 15 novembre 2020 la procedura deve completarsi con:

  1. La redazione della perizia di stima;
  2. Il pagamento dell’imposta sostitutiva.

Sul pagamento dell’imposta sostitutiva si tornerà nel prosieguo, mentre per quanto concerne la perizia è utile rammentare anzitutto la necessità che la stessa sia asseverata e a tal fine può essere presentata presso la Cancelleria del Tribunale, un ufficio del Giudice di pace o ancora da un notaio. La perizia e i dati dell’estensore della stessa devono essere conservati dal contribuente ed esibiti o trasmessi all’Amministrazione finanziaria in caso di richiesta. Per la rivalutazione dei terreni, la perizia deve essere rilasciata da un iscritto all’Albo degli ingegneri, degli architetti, dei geometri, dei dottori agronomi, degli agrotecnici, dei periti agrari e dei periti industriali edili, o da un perito iscritto alla CCIAA ex RD n. 2011/34.

In riferimento alle partecipazioni, abilitati alla perizia sono gli iscritti all’Albo dei dottori commercialisti e esperti contabili, gli iscritti nell’elenco dei revisori legali dei conti o i periti iscritto alla CCIAA ex RD n. 2011/34. La perizia deve essere riferita all’intero patrimonio sociale, mentre il valore della partecipazione va individuato avendo riguardo alla frazione di patrimonio netto della società/associazione. Il costo della perizia, se predisposta per conto del socio, incrementa il costo rivalutato.

Il costo della perizia può essere portato ad incremento del costo rivalutato, qualora effettivamente sostenuto e rimasto a carico del contribuente.

La perizia generalmente è antecedente alla cessione, ma è possibile anche intervenire “in corsa”, per eventuali cessioni dei terreni e delle partecipazioni che nel frattempo sono già intervenute (fermo restando il possesso al 1° luglio 2020). Infatti:

  • La circolare n. 47/E/2002, consente di redigere la perizia successivamente alla cessione della partecipazione, se trattasi di partecipazione che rientra nel “regime della dichiarazione”;
  • Ad identiche conclusioni si è giunti con la risoluzione n. 53/E/2015 per i terreni, essendo ammessa la possibilità di considerare il valore rivalutato anche nel caso di cessione anteriore alla redazione della perizia di stima, a condizione che quest’ultima venga redatta prima del rogito (avendo in tal modo unvalore da indicare nel rogito stesso).

 

 

Gli aspetti principali da ricordare

Uno dei principali problemi che ha sempre riguardato i terreni è l’eventuale riduzione del valore in data successiva a quella di effettuazione della rivalutazione. Detta circostanza non comporta particolari conseguenze in caso di cessione di una partecipazione, considerato che ai sensi dell’art. 5, Legge n. 448/2001 le minusvalenze realizzate sono fiscalmente irrilevanti (di fatto, pertanto, la rivalutazione mantiene la propria efficacia). Con riferimento ai terreni invece, l’art. 7, comma 6, della citata Legge 448/2001 prevede che il valore periziato costituisce “valore normale minimo di riferimento ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta di registro e dell’imposta ipotecaria e catastale”. Pertanto, se la cessione avviene ad un prezzo inferiore a quello rivalutato, la rivalutazione diviene priva di efficacia e la plusvalenza deve essere determinata sulla base del costo originario (circolari nn. 15 e 81 del 2002). Come dire soldi buttati!

Tale posizione rigida ha poi condotto ad un’apertura con la risoluzione n. 111 del 2010 con cui è stato precisato che è possibile procedere ad una nuova rivalutazione che fissi un valore di perizia inferiore al precedente (circostanza poi confermata dalla Circolare 24.10.2011, n. 47/E). Resta il fatto che i periti i pagano!

Alla luce delle nuove disposizioni utilizzabili in sede di rivalutazione e soprattutto dell’importante novità di poter scomputare quanto già pagato per le rivalutazioni precedenti (nel prosieguo si tornerà sul tema), in ordine ai terreni ormai deprezzati la prima alternativa che si offre è la seguente:

–           disporre di una nuova perizia di stima asseverata;

–           calcolare l’imposta sostitutiva dovuta sul “nuovo” valore.

Deve poi rammentarsi che la rivalutazione conserva validità anche nel caso in cui il terreno sia successivamente oggetto di esproprio, se il contribuente opta per la tassazione ordinaria. In tal caso si ottiene un indubbio vantaggio, posto che nelle ipotesi di esproprio è effettuata una ritenuta alla fonte del 20%, che poi si tramuta in ritenuta d’acconto in caso di tassazione ordinaria. Di fatto, considerato 100 il valore del terreno, equivalente all’indennità di esproprio, si subisce una ritenuta alla fonte di 20 che però in dichiarazione diviene ritenuta d’acconto. Posto che con la rivalutazione al valore di 100, pagando l’imposta sostitutiva di 11, si azzera la plusvalenza, ecco che la rideterminazione operata consente un guadagno di 9.

Quanto alle partecipazioni, già si è detto che è sempre irrilevante la minusvalenza derivante dalla cessione di una partecipazione rivalutata. Dopo di che bisogna rammentare che è possibile procedere ad una rivalutazione parziale e che il maggior valore è rilevante anche nelle ipotesi di ‘recesso atipico’ realizzato attraverso l’acquisto da parte degli altri soci delle quote dei ‘recedenti’ proporzionalmente alle loro partecipazioni (Circolare Agenzia Entrate 22 aprile 2005, n. 16/E).

 

 

Il pagamento della sostitutiva dell’11%

Per le rivalutazioni in corno la norma ha stabilito l’imposta sostitutiva dell’11%, da calcolare sull’intero valore che emerge dalla perizia. Il pagamento dell’intera imposta sostitutiva o della prima delle tre rate, anche mediante compensazione in F24 con altri crediti, convalida la rivalutazione. Nella dichiarazione dei redditi del periodo d’imposta 2020 dovranno essere fornite le informazioni afferenti la rivalutazione operata, ma in caso di omissione, la rivalutazione non è invalidata.

Si può pagare in unica soluzione o in 3 rate di pari importo, da versarsi con cadenza annuale (15 novembre 2020, 15 novembre 2021 e 15 novembre 2022) con aggiunta di interessi del 3% annuo sulla seconda e sulla terza. In caso di versamento della prima rata e di omesso versamento delle rate successive, la rivalutazione resta valida ma l’agenzia iscrive a ruolo le rate omesse (circolare n. 35 del 2004); Se il contribuente paga prima di allora potrà però regolarizzare l’omesso versamento mediante il ravvedimento operoso.

E’ possibile effettuare una nuova rivalutazione per le partecipazioni già precedentemente rivalutate con una nuova perizia di stima, laddove il loro valore si dovesse essere incrementato. Sarà ovviamente necessario integrare il versamento mentre per quanto riguarda i terreni vi potrebbe essere l’esigenza di una perizia al ribasso.

Nel caso in cui emerga il valore della partecipazione ovvero del terreno si sia incrementato quanto all’imposta sostitutiva, in forza dell’articolo 7 del D.L. n. 70/2011 è possibile:

–    chiedere il rimborso della imposta sostitutiva già pagata ex articolo 38 del DPR 602/73 per un importo non superiore a quella ora dovuta. Il termine di decadenza di 48 mesi decorre dalla data del versamento dell’intera imposta o della prima rata relativa all’ultima rideterminazione effettuata;

  • detrarre dall’imposta sostitutiva dovuta l’importo relativo all’imposta sostitutiva già versata e versare la differenza (in tre rate). In questo caso non è richiesta la presentazione del mod. F24 per evidenziare la compensazione di quanto pagato nel passato poiché tutto è evidenziato nel modello Redditi del prossimo anno.

 

 

Perché e quando conviene

In questa sede non vogliamo (e non dobbiamo) essere molto tecnici. Il messaggio da recepire è il seguente: la rivalutazione consente di “incrementare” il costo fiscalmente riconosciuto del terreno o della partecipazione in modo che, nell’eventuale futura vendita, tale “costo” sia pari (o comunque prossimo) al valore di vendita e sia in grado di azzerare o comunque minimizzare la plusvalenza che altrimenti sarebbe oggetto di tassazione.

Si prenda in considerazione il possesso di una partecipazione societaria. A decorrere dal 2019, l’eventuale plusvalenza realizzata sulla vendita di una quota è tassata con l’aliquota sostitutiva del 26%.

Ad esempio, una quota di partecipazione acquistata per 10 mila euro e oggi rivenduta a 110 mila euro, determina una plusvalenza di 100 mila euro che comporta una tassazione di 26 mila euro.

Per alleggerire tale carico fiscale è opportuno valutare l’alternativa della rivalutazione. Il dato negativo della rivalutazione è che l’imposta sostitutiva dell’11% si applica in riferimento all’intero valore della partecipazione, ossia all’imponibile di 110 mila euro, non potendosi scomputare il costo storico. Ne deriva una sostitutiva da pagare pari a 12.100 euro. L’alternativa però è palesemente valida, perché determina un vantaggio fiscale di circa 14 mila euro, che di certo non è reso vano dai costi della perizia della procedura di rivalutazione.

Non è però sempre così ed i calcoli di convenienza devono essere sempre effettuati.

Se ad esempio il costo storico è pari a 70 mila euro e la partecipazione ha un valore di 100 mila, la plusvalenza emergente sarebbe tassata per 7.800 euro (26% di 30 mila euro), nel qual caso la rivalutazione non avrebbe alcun senso, avendo un carico fiscale maggiore e comportando anche i costi dei professionisti coinvolti. Di fatto è necessario valutare l’andamento attuale del valore di riferimento e rapportarlo al costo storico: se il divario è importante, allora la rivalutazione rappresenta una soluzione da esplorare, potendosi realizzare risparmi di imposta ancora interessanti.

Autore/i:
Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi