Familiari a carico – come risparmiare sulle tasse

Si avvicina il tempo delle dichiarazioni dei redditi. Senza voler tediare nessuno, soprattutto evitando tecnicismi magari astrusi, proviamo ad analizzare alcune possibilità legalmente concesse dalla normativa per massimizzare i benefici fiscali, soprattutto nel contesto familiare e delle spese sostenute per la famiglia. Ognuno è oberato del proprio lavoro e magari demanda al proprio consulente le

Si avvicina il tempo delle dichiarazioni dei redditi. Senza voler tediare nessuno, soprattutto evitando tecnicismi magari astrusi, proviamo ad analizzare alcune possibilità legalmente concesse dalla normativa per massimizzare i benefici fiscali, soprattutto nel contesto familiare e delle spese sostenute per la famiglia. Ognuno è oberato del proprio lavoro e magari demanda al proprio consulente le scelte al riguardo. Per i carichi di famiglia e le relative spese, inevitabilmente, la scelta solitamente fatta anche da chi presta assistenza alla presentazione della dichiarazione dei redditi è di applicare la soluzione più rapida e indolore, ossia ripartire le deduzioni per familiari a carico al 50% tra gli aventi diritto e far seguire la stessa sorte alle spese sostenute nell’interesse dei familiari medesimi.

Tradotto in termini pratici, la classica famiglia italiana, due genitori lavoratori e due figli, si ritrova in questa situazione:

  • detrazione dei figli attribuita al 50% tra i genitori;

  • benefici fiscali collegati ai figli (spese per frequenza palestre, per istruzione, spese mediche, etc), ripartite nella medesima misura del 50%.

È la ripartizione giusta? E soprattutto, cosa è possibile fare? Abbiamo considerato tutti i familiari? E i limiti reddituali? Vediamo insieme come porsi rispetto a queste problematiche.

 

Chi sono i familiari

In primo luogo occorre individuare i familiari a carico, che possono essere il coniuge, i figli (anche naturali riconosciuti, adottati, affidati o affiliati) e gli altri soggetti di cui all’articolo 433 del c.c (vedi oltre l’elenco).

Per quanto concerne coniuge e figli, possono dar diritto al beneficio fiscale anche se non conviventi o se residenti all’estero.

Per gli altri familiari rileva il rinvio all’articolo 433 del codice civile, che reca un’elencazione tassativa. Gli altri familiari possono essere considerati a carico, a condizione che:

  • convivano con il contribuente;

  • oppure che ricevano dal contribuente assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell’Autorità giudiziaria:

Si tratta de:

  • il coniuge legalmente ed effettivamente separato (solo a seguito di intervenuto divorzio, pertanto, cessa ogni rapporto ai fini fiscali);

  • i discendenti dei figli (i.e. nipoti e pronipoti);

  • i genitori (compresi i genitori naturali e quelli adottivi);

  • i generi e le nuore;

  • il suocero e la suocera;

  • i fratelli e le sorelle (anche unilaterali);

  • i nonni e le nonne (compresi quelli naturali).

 

Secondo la circolare n. 95 del 2000, la prova documentale per avere il carico di famiglia riferito ad altri familiari (la norma richiede l’erogazione di assegni non risultanti da provvedimenti dell’autorità) può essere fornita con ogni mezzo legale (ad esempio, il familiare a carico è intestatario dell’utenza di energia elettrica dell’abitazione del dichiarante).

 

Quando si possono considerare a carico i familiari

Il primo elemento da considerare è l’ammontare del reddito dichiarato.

Sono considerati a carico i soggetti che hanno percepito nel corso dell’anno un reddito non superiore a 2.840,51 euro. Il reddito rilevante può essere superato in qualsiasi momento dell’anno: al verificarsi di tale circostanza il familiare non è considerato fiscalmente a carico per l’intera annualità.

 

Nella determinazione del reddito rilevante per essere considerato a carico è bene rammentare che:

  • non rilevano i redditi a tassazione separata (circolare 55 del 2002 e risoluzione n. 461 del 2008);

  • i soggetti che hanno aderito al regime dei “contribuenti minimi” hanno comunque il relativo reddito rilevante ai fini del superamento del predetto limite.

Pertanto, se il familiare esercita un’attività da “minimo”, al superamento del limite reddituale di 2.840,51 euro, pur se tassato con l’imposta sostitutiva del 5%, non è più a carico del familiare.

 

Come si riconoscono le detrazioni

Gli importi di detrazione stabiliti dalla norma sono teorici: essi, infatti, sono diversificati spettano in maniera inversamente proporzionale al reddito complessivo del contribuente. Pertanto è bene rammentare questa regola di fondo: al crescere del reddito, diminuisce il beneficio fiscale realmente spettante.

Le detrazioni devono essere rapportate a mese e competono dal mese in cui si sono verificate fino a quello in cui sono cessate le condizioni richieste. La spettanza in rapporto ai mesi non riguarda la soglia reddituale, che non deve mai essere superata nell’anno.

Tale disposizione riguarda le seguenti ipotesi che si verificano in corso d’anno:

  • contrazione di matrimonio;

  • cessazione degli effetti civili (volontariamente o per decesso di un coniuge) del matrimonio stesso;

  • nascita o decesso di un familiare;

  • casistica in cui uno dei figli a carico si sposa e diventa soggetto a carico del proprio coniuge;

  • corresponsione di assegni alimentari ai familiari.

  •  

Il beneficio fiscale è rapportato a mese intero, essendo ininfluente il giorno in cui si verifica l’evento che comporta il concretizzarsi o il venir meno delle condizioni: ad esempio, in caso di figlio nato il 28 settembre, il mese di settembre è conteggiato per intero e dunque relativamente all’anno di nascita la detrazione spetta per 4 mesi.

Sul punto è interessante quanto illustrato dalla circolare n. 15 del 2007, secondo cui nel caso del matrimonio del figlio che a seguito di tale evento diventa soggetto fiscalmente a carico del coniuge, il mese in cui si verifica l’evento “matrimonio” deve essere conteggiato sia dal padre che dal coniuge.

 

Esempio:

Figlio che si sposa a settembre, con reddito comunque sotto soglia.

La detrazione spetta per 9/12 al genitore e per 4/12 al coniuge. In totale, è lecito indicare 13/12 (tra i due aventi diritto) quali mesi di spettanza della detrazione.

 

E se il figlio e la nuora vivono nella casa del genitore, non essendo entrambi oltre soglia reddituale di 2.841,00 euro?

In questo caso, il genitore detrae di sicuro per il figlio. 7

Per la nuora, conclamandosi la convivenza, avrà diritto alla detrazione ma ad una condizione: che i genitori della nuora non fruiscano della detrazione per la propria figlia (si rammenta che per i figli la detrazione è fruibile anche se non conviventi).

 

Come ripartire la detrazione – genitori coniugati

Per esplicita previsione normativa la detrazione per i figli a carico deve essere ripartita nella misura del 50% tra i genitori non legalmente ed effettivamente separati.

La sola alternativa, previo accordo, è di attribuire l’intera detrazione al genitore che possiede un reddito complessivo di ammontare più elevato.

La domanda spontanea che si pone è la seguente: ma essendo la detrazione decrescente al crescere del reddito del contribuente, non è una soluzione errata?

No, se il contribuente che rinuncia alla detrazione non ha “capienza” nell’imposta lorda da cui detrarre il beneficio fiscale.

 

Esempio

  • la moglie ha una imposta lorda di 400 e la detrazione per i figli a lei spettante è pari a 900 euro (sua quota del 50%, pari a 450,

  • la restante quota del marito, con reddito maggiore, origina una detrazione effettiva di 800 (dichiarando un reddito superiore la detrazione è inferiore)

  • Spostando la detrazione al marito questi arriva a 1.600, mentre la moglie rinuncia alla detrazione. Quale l’effetto totale?

  • In questo modo la famiglia detrae 1.600; non cambiando, il marito detrae 800 e la moglie deve per forza fermarsi a 400, limite della sua imposta. Il restante importo di 500 è perso, non potendo nemmeno considerarlo a credito.

 

Come ripartire la detrazione – genitori separati

In caso di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, la norma dispone in maniera tassativa che la detrazione:

  • in mancanza di accordo, spetta al genitore affidatario;

  • ove vi sia affidamento congiunto o condiviso, in mancanza di accordo, è attribuita nella misura del 50% tra i genitori;

  • se il genitore affidatario – ovvero, in caso di affidamento congiunto, uno dei genitori affidatari- non può usufruire in tutto o in parte della detrazione, la stessa spetta per intero al secondo genitore e quest’ultimo, salvo diverso accordo tra le parti, è tenuto a riversare all’altro genitore affidatario un importo pari all’intera detrazione ovvero, in caso di affidamento congiunto, pari al 50% della detrazione stessa.

 

Queste regole possono sembrare astruse e troppo tecniche, proviamo allora a semplificarle.

In caso di separazione, bisogna distinguere due situazioni:

  1. chi ha l’affidamento dei figli, ha diritto alla detrazione. A nulla rileva la partecipazione alle spese da parte dell’altro coniuge. Solo chi ha l’affidamento può decidere di attribuire all’altro coniuge la detrazione, dietro però riversamento dell’importo. In sostanza, possiamo pensare ad un coniuge che ha una detrazione non capiente nella propria imposta lorda. Attribuendo la detrazione, non perde la stessa e avrà diritto a recuperare l’importo detratto dall’ex coniuge non affidatario;

  2. chi non ha l’affidamento dei figli, non detrae mai. Al più, potrà avere la deduzione per gli importi erogati (assegno periodico) a vantaggio del coniuge o per gli assegni alimentari a vantaggio degli altri familiari di cui all’articolo 433 del codice civile (in primis, figli).

 

Coppia di fatto

È bene richiamare quanto precisato dall’agenzia delle entrate nella circolare n. 15 del 2007, sulla base della legge n. 54 del 2006, concernente disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli. Secondo l’amministrazione finanziaria, la medesima disciplina delle detrazioni prevista per i figli a carico con riferimento ai genitori separati è applicabile anche qualora siano presenti provvedimenti di affidamento relativi ai figli dei genitori non coniugati. In assenza, però, di tali provvedimenti, la detrazione va ripartita al 50% tra i genitori, salvo accordo per attribuire la detrazione a quello dei due con il reddito più elevato.

 

Le scelte di convenienza

A questo punto è possibile tirare le conclusioni sui carichi di famiglia, tenendo presente soprattutto il seguente elemento molto importante: è possibile la libera ripartizione delle spese che danno diritto ad oneri deducibili o detraibili sostenute nell’interesse dei familiari fiscalmente a carico.

 

Infatti, per tali tipologie di spese, come peraltro confermato dall’agenzia delle entrate nella circolare n. 11 del 2007, le relative disposizioni non rinviano alla ripartizione della detrazione per carichi di famiglia, essendo dunque totalmente indipendenti.

 

In termini pratici, combinando detrazioni per figli e detrazioni per gli oneri sostenuti nell’interesse dei figli è possibile massimizzare i benefici fiscali.

 

Esempio

Primo coniuge con reddito inferiore: detrazione figli al 50% pari a 400 euro. Imposta lorda 900. Detrazioni da spese (istruzione, mediche, etc) per figli al 50% pari a 1.000.

Secondo coniuge con reddito elevato: detrazione figli al 50%, pari a 200 euro. imposta lorda 2.500. detrazioni da spese per figli al 50% pari a 1.000 euro.

Soluzioni “esplorabili”:

  1. Modificare l’attribuzione delle spese per i familiari, annotando in calce ai documenti che sono tutti sostenuti da un solo coniuge, in modo da attribuirle al coniuge con reddito più elevato. Risultato:

    1. il secondo coniuge avrà detrazioni per spese che ammontano a complessivi 2.000 euro. Le totali sue detrazioni saranno pari a 2.200 euro (200+1.000+1.000). Egli ha la detrazione capiente nell’imposta di 2.500 euro

    2. il primo coniuge detrae in toto 400 euro, capienti nei 900 di imposta e non perde 500 euro di detrazione (infatti, conservando su di lui il 50% delle spese, con detrazione di 1.000 euro, avrebbe ottenuto un totale di detrazione di 1.400, non capiente nei 900 di imposta lorda);

  2. Se non si possono spostare le spese, allora conviene cambiare i carichi di famiglia e dare tutto al secondo coniuge. Risultato:

    1. il primo coniuge, “perde” solo la detrazione di 100 euro connesse alle spese (pari a 1.000 euro) eccedente rispetto all’imposta che è 900 euro;

    2. il secondo, recupera 200 euro in più di detrazione per i figli a carico, che altrimenti sarebbero perse rimanendo in capo al primo coniuge.

 

Il Mod. 730

Quanto sopra è poi fondamentale quest’anno se eventualmente uno dei coniugi può dichiarare il proprio reddito mediante il modello 730. L’agenzia delle entrate, infatti, in presenza di crediti chiesti a rimborso superiori a 4.000 euro, derivanti anche da carichi di famiglia, dovrà effettuare controlli preventivi e il rimborso non è erogato dal sostituto d’imposta. Ne consegue, che le scelte di cui sopra potranno essere anche tali da evitare, per chi presenta il modello 730, il superamento della soglia di 4.000 euro: in tal modo, non si “passa” attraverso il controllo preventivo e soprattutto si avrà l’immediato rimborso da parte del sostituto d’imposta.

E dunque,, se un coniuge ha troppo credito, può decidere di far transitare le detrazioni a vantaggio del coniuge con reddito più elevato.

O addirittura, nel caso dei coniugi separati il coniuge affidatario:

  • può decidere di attribuire la detrazione all’altro e farsi corrispondere un importo in denaro;

  • può decidere, per evitare di perdere qualcosa in termini di detrazioni per familiari (infatti, “spostando” il carico di famiglia a favore di chi ha reddito maggiore diminuisce la detrazione spettante), di modificare la percentuale di ripartizione delle spese sostenute nell’interesse dei familiari a carico.

Si pensi alle spese mediche: immaginiamo che un contribuente ha un credito stimato dal modello 730 pari a 4.018,00 euro; ha dunque convenienza a diminuirlo di 19,00 euro. Per velocizzare il rimborso da parte del sostituto, senza attendere i “tempi” del controllo dell’agenzia, nulla vieta che in riferimento ad una spesa intestata alla figlia e pari a 200,00 euro, inizialmente imputata al 50% tra i coniugi, scriva di suo pugno che l’intero importo è stato pagato solo dalla moglie. Operando in tal modo, diminuisce di 100,00 euro le sue spese ed ottiene “l’ambita” riduzione di 19,00 euro.

In definitiva, le possibilità di massimizzare il beneficio esistono: serve solo esplorarle ed applicarsi.

Sottotitolo:
di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi