Il futuro accertamento fiscale secondo gli orientamenti della legge delega

di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

Premessa

La legge delega di riforma del sistema fiscale italiano (L. 111/2023), contiene, tra l’altro, delle specifiche previsioni per la revisione dell’attività di accertamento (articolo 17), dando risalto, almeno nelle intenzioni, ad un maggior dialogo con il contribuente e alla intensificazione, per quanto possibile, dell’adempimento spontaneo e collaborativo.

A ben vedere trattasi di esigenze che nel tempo si sono sempre più consolidate anche in considerazione di specifici arresti giurisprudenziali, avendo la Corte di Cassazione a più riprese sottolineato alcune carenze procedurali dell’attività di accertamento solitamente eseguita dall’Amministrazione Finanziaria, spesso in contrasto con i principi sanciti sia dalla Costituzione italiana, sia dalla giurisprudenza comunitaria, come nel caso della giusta tassazione ovvero della necessità del dialogo preventivo con il contribuente.

Nel tempo sono intervenute diverse modifiche normative in tali direzioni (si pensi, ad esempio, all’introduzione del contraddittorio preventivo previsto in alcune fattispecie), ma è evidente che una riforma sistematica si rende ormai necessaria e l’auspicio è che ciò possa davvero concretizzarsi: non serve un fisco “amico” (e nemmeno avrebbe ragione di esistere), ma di certo non può continuarsi sulla falsariga del “fisco vessatorio e coperto dalla cortina di fumo della burocrazia”, che in diverse occasioni consente accertamenti meramente presuntivi che vanno solo ad ingolfare il contenzioso tributario, provocando però nel frattempo gravi danni soprattutto nei confronti dei contribuenti non disonesti.

 

Interventi sulle procedure

Il legislatore manifesta anzitutto, in ordine sparso all’interno del comma 1 dell’articolo 17 citato, l’esigenza di semplificare e razionalizzare le procedure ricorrendo alla tecnologia.

In primo luogo sovviene la previsione della lettera a), secondo cui si dovrà incrementare l’utilizzo delle tecnologie digitali per ridurre gli oneri amministrativi a carico dei contribuenti. In pratica è da attendersi sempre di più l’incremento della raccolta di informazioni (scontrini fiscali, spese, fatture, etc), in modo:

  • da un lato di potenziare, per quanto possibile, la produzione di dichiarazioni precompilate;
  • dall’altro di semplificare il riscontro il capo ai contribuenti, che avranno minori oneri di conservazione documentale.

Dopo di che vi sono ulteriori previsioni riguardanti le procedure di controllo e precisamente:

  • la lettera c) e la lettera f), che riguardano l’attività di analisi del rischio e di prevenzione degli errori, mediante il corretto utilizzo della mole di informazioni digitali disponibili per intercettare presunte situazioni di evasione e selezionare adeguatamente i contribuenti meritevoli di controllo;
  • la lettera d), unitamente alla successiva lettera e), che invitano il Governo a introdurre specifiche forme di cooperazione tra le amministrazioni, nazionali ed estere, che effettuano attività di controllo, al fine di minimizzare gli impatti nei confronti dei contribuenti e delle loro attività economiche. Si pensi alle casistiche di coinvolgimento in presunte frodi carosello a livello internazionale, dove spesso e volentieri il contribuente ignaro si ritrova obbligato a costruire una tesi difensiva ardua a fronte di informazioni altamente presuntive e non dettagliate, peraltro interpretate in maniera unidirezionale: una maggiore cooperazione dovrebbe tradursi nella costruzione adeguata e motivata della presunta accusa, in modo da consentire un altrettanto adeguata fase difensiva.

 

Il contraddittorio preventivo

La prima disposizione interessante sul piano programmatico (anche se è da comprendere in cosa si tradurrà in maniera effettiva) è quella contenuta nella lettera b) del medesimo comma 1, che stabilisce l’applicazione in via generalizzata del contraddittorio, a pena di nullità dell’avviso di accertamento successivo. Tale obbligo sarà derogato solo per i controlli automatizzati (e vedremo nel futuro quali, ma è lecito pensare ad esempio alla liquidazione automatizzata ex art. 36 bis del DPR &00/73 ai fini delle imposte sui redditi), ma per il resto dovrà essere stabilito, in maniera categorica e trasversale, il diritto del contribuente a partecipare al procedimento tributario, anche nelle fattispecie accertative che fanno seguito all’eventuale notifica del PVC (oggi circostanza non avente tale garanzia normativa).

Il legislatore delegato detta le “regole” di fondo che dovranno caratterizzare tale diritto del contribuente, precisando che il contraddittorio preventivo dovrà:

1)         avere una disciplina omogenea, indipendentemente dalle modalità con cui si svolge il controllo, assorbendo dunque non soltanto gli accertamenti c.d. a tavolino, ma anche quelli, come detto, successivi alle verifiche sul campo;

2)         prevedere un termine congruo a favore del contribuente, non inferiore a 60 giorni, per formulare osservazioni sulla proposta di accertamento (dunque generalizzando il principio oggi presente nello Statuto del Contribuente a seguito della notifica del PVC);

3)         stabilire l’obbligo da parte dell’ente impositore di motivare espressamente sulle osservazioni formulate dal contribuente. Sul punto non è chiaro se vi sarà un obbligo di motivazione rafforzata la cui carenza sarà poi causa di nullità dell’atto eventualmente omesso, ma sembra plausibile una simile conclusione.

Invero, le raccomandazioni dapprima elencate non si discostano molto dall’attuale formulazione dell’articolo 5-ter del D. Lgs. 218/97, fatta eccezione per la previsione di allargare il contraddittorio preventivo a tutte le fattispecie accertative.

Sarà però interessante comprendere se rimarranno inalterati altri assunti, vale a dire:

  • la possibilità di emanare l’avviso di accertamento se il contribuente non partecipa al contraddittorio. Non si nutrono molti dubbi al riguardo, posto che non sembra possa introdursi un obbligo alla partecipazione preventiva e peraltro nulla vieta che il contribuente possa difendersi anche direttamente in contenzioso tributario; ovviamente, in caso di mancata partecipazione al contraddittorio, l’Ufficio sarà autorizzato ad emanare il suo atto di controllo sulla base delle informazioni disponibili, non controbattute;
  • la possibilità di non attendere i 60 giorni disponibili per le repliche del contribuente in casi di comprovata urgenza (come il pericolo della riscossione o la presenza di reati tributari). L’auspicio è che se dovesse confermarsi tale previsione, almeno si abbia il buon senso di stabilire in maniera categorica quali sono gli elementi che giustificano la comprovata urgenza, altrimenti rimanendosi esposti al “libero arbitrio interpretativo (e tutelato dalla burocrazia)” degli uffici periferici;
  • la c.d. “prova di resistenza”, ossia la clausola di salvaguardia degli accertamenti del fisco nel caso in cui l’atto fosse emesso senza contraddittorio. Trattasi invero della previsione su cui si nutrono maggiori perplessità e che se confermata in futuro rende la preannunciata riforma in tema di contraddittorio preventivo del tutto effimera (di fatto limitandosi solo a prevedere che l’obbligo del contraddittorio preventivo è esteso anche agli atti successivi al PVC). Insomma, se anche dovesse trovare conferma che l’atto emesso senza contraddittorio preventivo (ossia senza invito e dunque impedendo al contribuente di parteciparvi) potrà essere ritenuto “salvo” se le prove difensive del contribuente in contenzioso non soddisfano la c.d. “prova di resistenza” (ossia prove che devono essere ritenute dirompenti nell’impedire l’emanazione dell’atto nel caso in cui il contraddittorio fosse stato espletato), allora non si è in presenza di una riforma, ma di una mera estensione di una norma, che nemmeno necessita di una previsione programmatica: basta modificare l’attuale formulazione del citato art. 5-ter e tutto si risolve in maniera veloce ed indolore.

Non resta che attendere e giudicare.

 

L’incentivo all’adempimento spontaneo

La lettera g) del comma 1 dell’art. 17 della Legge delega è dedicata, invece, a favorire l’adempimento spontaneo del contribuente come mezzo di riduzione (preventiva) dell’evasione. Si tratta, dunque, di incrementare e potenziare la collaborazione (cd. cooperative compliance) di cui al titolo III del D.Lgs.n.128/2015, ed in particolare è necessario accelerare il processo di progressiva riduzione della soglia di accesso al sistema di “adempimento collaborativo” (ampliando la platea dei destinatari), consentendo tra l’altro l’accesso anche a società, prive dei requisiti di ammissibilità, che appartengono ad un gruppo di imprese nel quale almeno un soggetto ha i requisiti di ammissione richiesti; ciò a condizione che il gruppo adotti un sistema integrato di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale gestito in modo unitario per tutte le società del gruppo. Il tutto, peraltro, con estensione anche a tematiche e problematiche riferite a precedenti periodi d’imposta.

Si prevede poi l’introduzione di una certificazione da parte di professionisti qualificati dei sistemi integrati di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, anche in ordine alla loro conformità ai princìpi contabili (ovviamente rimanendo fermo il di controllo dell’Amministrazione finanziaria, pur se dovendo comprendere in che termini e con quali eventuali cautele), nonché un potenziamento di ulteriori forme di confronto con il fisco, come nel caso delle istanze di interpello o nelle richieste di pareri, prevedendo la necessità di un’interlocuzione preventiva rispetto alla notifica di un parere negativo.

Infine in linea programmatica è prevista:

  • l’adozione di procedure semplificate di regolarizzazione della posizione del contribuente in caso di adesione a indicazioni dell’Agenzia che comportano la necessità di effettuare ravvedimenti operosi;
  • l’emanazione di un apposito codice di condotta che disciplini i diritti e gli obblighi dell’Amministrazione e dei contribuenti;
  • il potenziamento degli effetti premiali connessi all’adesione all’adempimento collaborativo prevedendo, tra l’altro ed al ricorrere di specifiche condizioni, la riduzione o azzeramento delle sanzioni amministrative tributarie, l’alleggerimento delle sanzioni penali tributarie e la riduzione di almeno due anni dei termini di decadenza per l’attività di accertamento;
  • l’introduzione di un regime di adempimento collaborativo per le persone fisiche che trasferiscono la propria residenza in Italia nonché per quelle che la mantengono all’estero ma possiedono, anche per interposta persona o tramite trust, nel territorio dello Stato un reddito complessivo, comprensivo di quelli assoggettati a imposte sostitutive o ritenute alla fonte a titolo d’imposta, mediamente pari o superiore a un milione di euro.

 

Il concordato preventivo biennale

Della serie, a volte ritornano.

Ad onor del vero, al pari della tassa piatta (il cui primo accenno risale a circa 20 anni orsono con il tentativo del Governo Tremonti di introdurre l’IRE), anche il concordato preventivo biennale rappresenta un istituto già conosciuto (e peraltro sperimentato), nel passato, facendosi riferimento a quello all’epoca introdotto dall’art. 33 del DL 269/03.

La previsione programmatica è stabilita nel numero 2) della lettera f), del comma 1, dell’articolo 17, della L. n.111/2023: di fatto, dovrebbe giungersi alla possibilità, per i contribuenti, di aderire alla proposta sviluppata dall’Agenzia delle entrate, in base all’incrocio delle banche dati, ovvero anche sulla base degli indicatori sintetici di affidabilità, ovviamente sempre con l’espletamento di un contraddittorio per giungere alla definizione della proposta.

Inutile dire che per incentivare tale istituto è necessario anche un ritorno “premiale” per chi aderisce ed almeno a livello programmatico è previsto che la decadenza dal concordato si realizza nel caso in cui, a seguito di accertamento, emerga la non corretta documentazione negli anni oggetto dell’accordo di ricavi o compensi per un importo superiore in misura significativa rispetto al dichiarato, ovvero emergano altre violazioni fiscali di non lieve entità.

Non resta che attendere la futura formulazione di questo concordato biennale, al fine di comprendere quale sarà “lo schermo” dall’accertamento (ad esempio, il 50% dell’ammontare reddituale definito e se trattasi di franchigia o meno, peraltro dovendo conoscere anche le implicazioni ai fini IVA), così come sarà indispensabile conoscere quali adempimenti resteranno in capo ai contribuenti che preferiranno aderire (è lecito immaginare l’esclusione dagli ISA, ma di contro dovrebbero restare in piedi i vari adempimenti fiscali tipo la fatturazione elettronica, l’invio dei dati quanto previsto, le comunicazioni di vario genere etc).

 

La certezza del diritto tributario

La lettera g, del comma 1), in commento è invece dedicata al tentativo (speriamo non vano), di assicurare la certezza del diritto tributario. A leggere le previsioni programmatiche sembra che dovrà procedersi all’emanazione di una serie di “interpretazioni autentiche”, volte soprattutto a frenare le situazioni in cui è la giurisprudenza ad avallare deroghe accertative di vario genere, confermando le intuizioni di qualche solerte funzionario.

In primo luogo è stabilita la necessità di fissare, in maniera precisa, la decorrenza del termine di decadenza per l’accertamento per i componenti aventi efficacia pluriennale. Ciò al fine di evitare un’eccessiva dilatazione di tale termine nonché di quello relativo all’obbligo di conservazione delle scritture contabili e dei supporti documentali. Tale decadenza dovrebbe essere ancorata al momento in cui si è concretizzata la fattispecie che origina il componente ad efficacia pluriennale (come nel caso dell’ammortamento: la decadenza dovrebbe ancorarsi al momento di acquisto del bene e non alla durata del processo di ammortamento; più precisamente, se trattasi di contestare l’inerenza dell’acquisto del bene, tale accertamento dovrebbe potersi espletare con decadenza riferita al momento dell’acquisto, mentre è ovvio che se invece il controllo riguarda l’esatta imputazione della quota annuale di ammortamento, la decadenza avrà riguardo alla singola annualità). Il tema è quantomai attuale, posto che al momento la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha dato via libera al controllo espletato durante l’intera efficacia pluriennale (quindi tornando all’ammortamento, oggi è possibile contestare l’acquisto di un bene quale non inerente anche se avvenuto, ad esempio, 15 anni orsono).

Dopo di che si invita il legislatore a prevedere esplicite limitazioni alla possibilità:

  • di fondare la presunzione di maggiori componenti reddituali positivi e minori componenti reddituali negativi sulla base del valore di mercato dei beni e servizi oggetto delle transazioni ai soli casi in cui sussistono altri elementi rilevanti a tal fine;
  • di presumere la distribuzione ai soci del reddito accertato nei riguardi delle società di capitali a ristretta base partecipativa ai soli casi in cui è accertata, sulla base di elementi certi e precisi, l’esistenza di componenti reddituali positivi non contabilizzati o di componenti negativi.