Il gioco è una cosa seria

La rubrica Progetto Spazio Psicologico a cura di PLP Elisa Mulone Psicologa e psicoterapeuta Presidente Nazionale PLP   Il momento che stiamo vivendo continua a connotarsi di incertezze e di continui cambiamenti non sempre facili da affrontare. Per approfondire uno dei punti sviluppati da Antonio Zuliani nel contributo della settimana scorsa, vale la pena iniziare
La rubrica Progetto Spazio Psicologico a cura di PLP

Elisa Mulone

Psicologa e psicoterapeuta

Presidente Nazionale PLP

 

Il momento che stiamo vivendo continua a connotarsi di incertezze e di continui cambiamenti non sempre facili da affrontare. Per approfondire uno dei punti sviluppati da Antonio Zuliani nel contributo della settimana scorsa, vale la pena iniziare prendendo spunto dal lavoro di un famoso giornalista e scrittore italiano per l’infanzia, Gianni Rodari, del quale proprio qualche giorno fa ricorreva il centenario della nascita.

 

Nel lontano 1975, Gianni Rodari parlava di una scuola nuova, diversa, che lascia libero spazio alla creatività, all’immaginazione, all’invenzione, alla liberazione della personalità dei bambini, allo spirito di collaborazione. Ogni conversazione con i bambini, fatta a scuola o in altri contesti, per lo scrittore, è un lavoro serio. Quello che vedeva come condizione essenziale era proprio il fatto che i bambini potessero parlare, esprimersi liberamente, perché solo parlando possono imparare la lingua, i vari modi di usarla come strumento di cultura.

 

 

Per Rodari la scuola è una cosa seria, ma lo è altrettanto il gioco. L’immaginazione e la drammatizzazione non devono essere visti come svaghi o diversivi, ma come un lavoro importante e basilare. Attraverso il gioco, il disegno, l’invenzione di una storia, emergono i contenuti propri della vita del bambino. Seguendo il pretesto fantastico avviene un vero e proprio lavoro di liberazione. Il gioco assume una funzione importante nell’aprire la mente e favorire la formazione del pensiero logico-scientifico.

 

 

Allo stesso modo, il gioco può essere utile strumento per tutti gli adulti di riferimento, a casa o a scuola, che vogliano aiutare i bambini e le bambine a esprimere le proprie emozioni e i pensieri più nascosti legati alla situazione che stiamo vivendo.

 

 

Oggi più che mai è importante riscoprire la valenza educativa e terapeutica del gioco, andando contro una tendenza sempre più pressante che spinge ad accelerare la crescita e la produttività cognitiva dei più piccoli, imponendo ritmi concitati e riducendo i tempi delle attività ludiche.

 

 

È interessante anche la teorizzazione sull’infanzia di Loris Malaguzzi, ideatore del Reggio Emilia Approach. Per il pedagogista e psicologo italiano “il bambino è una specie di avventuriero che può prendere mille strade imprevedibili. Possiede dentro di sé la possibilità dei possibili, di essere diverso da come lo conosciamo. È questa la libertà e la responsabilità che gli impone il mestiere di crescere”. Malaguzzi scriveva: “Il bambino ha cento lingue ma gliene rubano novantanove”.

 

 

Allora, forse, possiamo ridare ai bambini e alle bambine le loro cento lingue, i loro cento modi di parlare e di giocare, di inventare, e farci aiutare da loro a crescere riscoprendo le novantanove lingue dentro ognuno di noi.