Piano per il Sud, Investimenti e politiche di coesione per ripartire

Al tavolo di Palazzo Chigi, Confprofessioni invoca una maggior capacità di programmazione degli investimenti e una più efficace gestione dei fondi strutturali europei Maggior capacità di programmazione degli investimenti e una gestione più efficace delle politiche di coesione. È l’unica strada per sostenere e valorizzare i settori produttivi strategici del Sud e, soprattutto, per completare
Al tavolo di Palazzo Chigi, Confprofessioni invoca una maggior capacità di programmazione degli investimenti e una più efficace gestione dei fondi strutturali europei

Maggior capacità di programmazione degli investimenti e una gestione più efficace delle politiche di coesione. È l’unica strada per sostenere e valorizzare i settori produttivi strategici del Sud e, soprattutto, per completare il processo di riequilibrio economico e sociale del Mezzogiorno. Confprofessioni torna al tavolo del Governo con le parti sociali, che lo scorso 29 luglio a Palazzo Chigi ha messo al centro del confronto il “Piano per il Sud” per raccogliere possibili misure di intervento da inserire già nella prossima manovra di Bilancio.

 

«L’assenza di una visione strategica complessiva ha determinato un gap infrastrutturale che oggi rappresenta il vero fattore di stagnazione delle regioni meridionali e che ne impedisce uno sviluppo economico e sociale» ha sottolineato Confprofessioni davanti al premier Conte e al vicepremier Luigi Di Maio, sottolineando il profondo divario infrastrutturale esistente tra le regioni del Nord e quelle del Sud. Un gap che non si misura solo in reti ferroviarie e stradali, ma anche nelle infrastrutture amministrative e di servizio ai cittadini, alle imprese e ai professionisti.

 

C’è molto terreno da recuperare, per esempio, nel settore della sanità e dei servizi socio-sanitari, dove il modello dei fondi sanitari integrativi può rappresentare un modello virtuoso tra il servizio pubblico e privato; sul fronte dell’istruzione e del preoccupante fenomeno migratorio dei giovani professionisti che si trasferiscono al Nord; nei tempi della giustizia civile, dove c’è un impressionante arretrato da smaltire; nella diffusione delle tecnologie digitali nella PA.

 

Tutti «fattori che incidono sulla tenuta sociale del Mezzogiorno, che frenano la nascita e la crescita di nuove iniziative imprenditoriali e professionali, che riducono l’attrattività di investimenti privati». Secondo Confprofessioni, infatti, l’obiettivo prioritario di un’organica e coerente strategia di sviluppo del Sud «deve scongiurare il rischio, tutt’altro che latente, di una desertificazione intellettuale e produttiva delle regioni meridionali che avrebbe serie ripercussioni sulla qualità della vita e sui redditi delle famiglie del Mezzogiorno e, non ultimo, sulla capacità del nostro Paese di generare ricchezza».

 

I professionisti italiani guardano con interesse ai recenti strumenti messi in campo per stimolare le attività produttive nel meridione. «ZES, Patti per lo sviluppo, Fondo Imprese Sud e altri interventi per favorire la crescita del tessuto imprenditoriale del Mezzogiorno, possono essere un volano di sviluppo anche per gli studi professionali che operano nel Mezzogiorno, caratterizzati prevalentemente da strutture individuali e da una densità piuttosto modesta».

 

Se l’obiettivo deve essere lo sviluppo del Mezzogiorno, anche le strutture professionali devono poter contare su interventi mirati per favorire i processi aggregativi dei liberi professionisti. In questo senso, Confprofessioni sollecita una revisione della normative sulle STP, a cominciare dalla possibilità di applicare la flat tax, fino alla detassazione dell’Irap. Misure che, secondo Confprofessioni, «potrebbe dare nuovo impulso alla crescita del capitale intellettuale del Mezzogiorno e, soprattutto, tamponare l’emorragia di giovani professionisti che abbandonano il Sud».

 

Quanto alle politiche di coesione, la Confederazione presieduta da Gaetano Stella lamenta «cronici ritardi nell’avvio della programmazione del ciclo 2014-2020», che si accompagnano a una modesta «capacità di programmazione e progettazione degli interventi a valere sui fondi strutturali europei».