Tourisma 2020, Ana: «Tutelare il lavoro dell’archeologo»

Grande successo per il salone dell’archeologia e del turismo culturale che si è tenuto il 22 febbraio a Firenze Anche quest’anno l’Associazione Nazionale Archeologi è stata presente a tourismA 2020, il salone dell’archeologia e del turismo culturale, che si è tenuto a Firenze dal 21 al 23 febbraio. L’ANA è stata presente sia con il
Grande successo per il salone dell’archeologia e del turismo culturale che si è tenuto il 22 febbraio a Firenze

Anche quest’anno l’Associazione Nazionale Archeologi è stata presente a tourismA 2020, il salone dell’archeologia e del turismo culturale, che si è tenuto a Firenze dal 21 al 23 febbraio. L’ANA è stata presente sia con il presidio regionale della Sezione Toscana presso lo stand dedicato, che con una tavola rotonda, curata dall’Associazione Nazionale Archeologi e patrocinata da Confprofessioni, svoltasi sabato 22 febbraio, dalle 14 alle 18 in sala 4, che ha avuto come focus la formazione e la professione degli archeologi in Italia.

 

Siamo felici di essere stati i promotori di un pomeriggio ricco di relazioni e contributi,che ci hanno portato ad affrontare tematiche attuali e a delineare uno status quaestionis sulla formazione e sulla sua concreta ricaduta nel mondo professionale e sugli aspetti occupazionali. La tavola rotonda è stata suddivisa in due momenti: prima esponenti delle  università toscane si sono  confrontati sulla forza professionalizzante dei corsi di laurea e specializzazione, e, nella seconda parte, i rappresentanti di istituzioni e professionisti hanno offerto riflessioni sui nuovi indirizzi che la professione va assumendo e sulle connotazioni che la stanno caratterizzando nel presente, e come sia possibile e doveroso conciliare formazione e professione, come sfida per il futuro, per tutelare sia la professionalità degli specialisti di settore, sia per mantenere alto il livello della tutela e della fruizione del nostro patrimonio archeologico e culturale.

 

Dal continuo confronto con il mondo accademico responsabile della formazione universitaria emergono difficoltà nell’adeguare l’offerta formativa ai profili richiesti dal mercato del lavoro. In particolare merita attenzione il ruolo delle Scuole di Specializzazione (normate dalla riforma del 2006) che soffrono il confronto coi master di II livello dalle caratteristiche più spiccatamente professionalizzanti. La tavola rotonda “Formazione e Professioneè stata strutturata per cercare di cogliere stimoli utili alla presentazione di eventuali istanze di cambiamento non generiche, ma dettagliate rispetto alle criticità evidenziate” dichiara Alessandro Garrisi, Presidente Nazionale ANA, che prosegue “Gli archeologi attualmente vengono formati principalmente per lavorare nella ricerca e nelle soprintendenze. La verità è che solo il 20% dei lavoratori del settore sono occupati nelle università e nel comparto pubblico mentre l’80% degli archeologi italiani lavora come libero professionista o in altri ambiti privatistici. Le università stanno pensando a come formare oggi questo 80% di futuri professionisti? Attualmente, salvo poche eccezioni virtuose in essere,sembrerebbe non prioritario adeguare le offerte formative alle esigenze del mercato del lavoro. Se si deludono le aspettative di tanti studenti e professionisti, che hanno scelto di dedicare lunghi e pazienti anni di studio alle discipline archeologiche, è ipotizzabile che sul lungo periodo ci sarà una flessione ancora più forte delle iscrizioni degli studenti a tali facoltà. Dobbiamo trovare un modo perché le università diano una formazione maggiormente orientata alle esigenze della professione e una strada potrebbe essere quella di fornire competenze e conoscenze richieste dalle attività del244/2019, che struttura la professione attraverso una serie di “attività caratterizzanti”.

 

Formazione e professione sono profondamente unite, perché non vi può essere professione senza un’adeguata formazione, ma essa non può essere scollegata da una professione che è costantemente in evoluzione e necessita di innovarsi costantemente” afferma Oriana Cerbone, Vicepresidente Nazionale ANA, che prosegue “quell’80% di noi liberi professionisti che lavora nel settore, cercando di resistere in un mercato del lavoro troppo spesso ancora deregolamentato e sofferente per gli eccessivi ribassi economici, ha dovuto acquisire competenze e skills,  dopo la laurea magistrale, la specializzazione e/o il dottorato, a proprie spese e sostenendo ancora ulteriori investimenti economici e di tempo per formarsi, sottraendolo alla professione. Se è vero che il lifelong learning è un caposaldo formativo europeo al quale come ANA crediamo fermamente – e già oggi l’ANA ha in campo alcune misure per garantire ai nostri soci adeguati percorsi formativi di aggiornamento professionale continuo, è altrettanto vero che esso non può essere un ulteriore costo che grava sul professionista“.

 

Formazione e professione sono due facce della stessa medaglia. In uno scenario in cui l’impetuoso avvento delle tecnologie digitali sta modificando radicalmente il concetto stesso di professione, la formazione assume un ruolo determinante per la crescita culturale di ogni singolo libero professionista. Tuttavia, l’attuale assetto della formazione in Italia presente molteplici problematiche, a cominciare dalle Università che spesso promuovono corsi di laurea poco coerenti con l’evoluzione del mercato del lavoro“, dichiara Gaetano Stella, Presidente Nazionale di Confprofessioni.  “In questo ambito i professionisti hanno un’enorme responsabilità, perché sono chiamati, in prima persona, a orientare l’offerta formativa”, continua Stella. “Anche nel settore dell’archeologia e dei beni culturali l’apporto dei professionisti è fondamentale per formulare i giusti feedback in vista di percorsi universitari adeguatamente professionalizzanti in grado di formare il professionista sul lungo periodo. Si tratta di un modello formativo che garantisce le competenze sviluppate dal professionista e l’etica professionale nei confronti dell’utenza, sia essa la P.A. (soprintendenze, musei, parchi archeologici), ma anche verso i cittadini intesi come fruitori del patrimonio culturale. Un altro elemento che frena il pieno sviluppo della formazione professionale ruota intorno ai costi della formazione, che il professionista molto spesso deve sostenere di tasca propria“, aggiunge il Presidente Stella. “In questa direzione, Confprofessioni coordina la Consulta per il lavoro autonomo presso il Cnel che sta elaborando una serie di proposte, tra cui la piena deducibilità dell’aggiornamento professionale, anche per i soggetti che operano in regime di flat tax, e l’applicazione di un equo compenso per le prestazioni svolte da un professionista. Sono tematiche molto sentite all’interno del nostro mondo, che stiamo portando avanti presso tutte le sedi istituzionali per promuovere e tutelare il lavoro intellettuale nel nostro Paese”

 

Il cuore della nostra mission è tutelare il ruolo e il lavoro dell’archeologo: per questo siamo estremamente soddisfatti degli impegni per il futuro assunti e condivisi pubblicamente da Giuliano Volpe, presidente della Federazione Consulte Universitarie di Archeologia e da Andrea Camilli, in rappresentanza della DG Educazione e Ricerca, a portare avanti la nostra proposta di modifica dell’art 28, comma 4, per estendere le norme in materia di archeologia preventiva anche alle opere private ricadenti in aree di interesse archeologico, nonché a sostenere la battaglia per l’equo compenso per i professionisti archeologi.

 

Di estremo interesse gli interventi che si sono succeduti. I rappresentanti dei corsi di Laurea Magistrale presenti (Giulia Torri – Università di Firenze, Maria Letizia Gualandi – Università di Pisa, Stefano Camporeale – Università di Siena) e il Direttore della Scuola di Specializzazione dell’Università di Pisa (Federico Cantini) hanno presentato la struttura dell’offerta formativa dei rispettivi corsi di laurea. Se Giulia Torri (Università di Firenze) ha evidenziato l’attenzione dell’università alla formazione finalizzata alla futura ricerca in ambito archeologico (con formazione in aula, tirocini e laboratori), per Maria Letizia Gualandi (Università di Pisa) non è possibile parlare di formazione universitaria senza considerare il ciclo didattico completo che comprende triennio, biennio e poi specializzazione e/o dottorato. Stefano Camporeale (Università di Siena) nell’illustrare il corso di Laurea Magistrale della sua università ne ha evidenziato le peculiarità tematiche (con un forte orientamento al tardoantico e al medioevo). Tutte le università hanno illustrato le proprie attività sul campo tra scavi, laboratori e tirocini. Maggiormente orientata ad una formazione professionalizzante è stata l’offerta didattica della Scuola di Specializzazione di Pisa illustrata da Federico Cantini, che ha comunque sottolineato la necessità (come tutti i presenti) di arrivare al più presto ad una riforma delle scuole di specializzazione per adeguarle alle esigenze del mercato. 

 

Nella seconda parte della tavola rotonda la discussione è passata ai temi della professione, con un intervento ponte di Giuliano Volpe (Presidente della Federazione delle Consulte Universitari di Archeologia), che ha concordato sulla necessità di riformulare e ripensare alle scuole di specializzazione,  e l’opportunità di costruire un gruppo di lavoro tra Miur, Mibact e associazioni di categoria, che ragioni sul percorso formativo in relazione al DM 244 e che operi in maniera inclusiva per meglio formulare la formazione del futuro, auspicando maggiori forme di partenariato pubblico/privato nei BBCC. Giuseppina Manca Di Mores, Coordinatrice del Comitato Tecnico Scientifico dell’ANA (sostituita da Marcella Giorgio) ha ribadito che l’archeologo, oggi, è soprattutto un soggetto sociale attivo nella definizione della cultura di un territorio e non solo nella salvaguardia e difesa del paesaggio esistente, ma attore primario nel suo processo di modifica e nella costruzione di nuovi paesaggi. Gli archeologi, nelle generazioni nate nella potente e sconvolgente trasformazione del territorio, maturano questa consapevolezza a livello teorico ma meno nella pratica. Ripartire dal DM 244 significa da un lato recuperare e riaccorpare quella moltitudine di professionisti e riportarla ai luoghi ad essa destinati degli interventi operativi qualificati, e dall’altro formare le nuove generazioni in modo che, insieme, si disseminino sul territorio a presidio dello stesso esplicando le competenze acquisite nei settori – e sono tanti, come il DM e il suo allegato ben definiscono – che fanno parte della professione di archeologo. Proprio le competenze sono elemento imprescindibile per uno sviluppo economico che metta al centro il territorio come patrimonio da conoscere, valorizzare, sul quale investire in attività che non solo non ne prevedano, per essere messe in atto, la distruzione, ma che anzi lo pongano al centro di un processo economico virtuoso che lo mantenga e valorizzi.

 

La necessità di adeguare la formazione del professionista archeologo alle competenze richieste dal DM 244 è stata sottolineata anche dalla Direzione Generale Educazione e Ricerca, rappresentata da Andrea Camilli, che ha anche ipotizzato la possibilità di intervenire sul decreto per migliorarlo e la necessità di affrontare il tema della normativa relativa agli appalti pubblici per difendere il ruolo dei professionisti archeologi. Di formazione permanente dei professionisti ha parlato Giovanna Barni (Presidente Culturmedia – Legacoop), che ha anche evidenziato la necessità di far acquisire ai futuri lavoratori dei beni culturali competenze trasversali per professioni ibride. Ha chiuso gli interventi Salvo Barrano (Coordinatore del Gruppo di Lavoro sul Patrimonio Culturale di Confprofessioni), con lo stimolo di pensare maggiormente a musei e parchi autonomi come possibili committenti per i professionisti, e inaugurare forme di partenariato che allarghino gli ambiti lavorativi per gli archeologi.