«Devo immaginare che tutti i medici di famiglia presenti a Napoli non siano appassionati di calcio, o magari tifino per altre squadre». Con il sorriso amaro di chi per anni si è dedicato alla continuità assistenziale, e lo ha fatto proprio nell’area a ridosso dell’allora stadio San Paolo oggi Maradona, Silvestro Scotti (segretario generale Fimmg) commenta un dato che lascia almeno perplessi: durante le partite del Napoli gli accessi di pronto soccorso crollano.
È sempre successo ed è stato addirittura eclatante durante l’ultima super sfida tra Napoli e Juventus, fa notare il leader Fimmg a pochi giorni dalle festività per l’Epifania. Periodo durante il quale alcuni hanno collegato l’iperafflusso ai pronto soccorso a carenze della medicina territoriale.
Di qui il commento ironico, riferito a chi cerca di gettare la croce dell’enorme pressione sui pronto soccorso addosso ai medici di medicina generale. «Se la responsabilità della pressione sui pronto soccorso dipendesse da una mancata risposta della medicina generale, e nel corso delle partite del Napoli i pronto soccorso ricevono pochissime emergenze, le ipotesi sono due: o i medici di famiglia diventano iperattivi nel corso delle partite, vedi mai che siano tutti non tifosi o disinteressati dal Napoli SSC, o le ragioni sarebbero da cercare altrove».
Per Scotti, non ha senso ragionare sul primato di una sola branca della medicina, nell’ambito di un sistema sanitario nazionale che «funziona solo se tutte le diverse aree collaborano nell’interesse del paziente». Guardando ai dati, anche a quelli di accesso alle prestazioni di continuità assistenziale, è storicamente dimostrato che durante le partite a Napoli scompaiono tutte le richieste di assistenza.
A prescindere che ci si trovi o meno in periodo di picco influenzale. Il problema della pressione sui pronto soccorso è, forse, più legato all’abitudini di alcuni cittadini di bypassare i normali step assistenziali per fare prima e per risparmiare su ticket. I dati lo dimostrano, basta guardare non solo il numero di accessi, ma anche le prestazioni che seguono l’accesso (consulenze specialistiche, diagnostica e così via).
«Sia chiaro – prosegue Scotti – che non si deve mai banalizzare il tema dell’assistenza ai pazienti, molti dei quali soffrono per carenze ataviche del Servizio sanitario nazionale, che si stanno amplificando nell’epoca post-Covid per scelte economiche nazionali nei riparti regionali che nei decenni sono state molto penalizzanti per il Sud.
In questo senso, la medicina di famiglia si è sempre battuta per garantire il rispetto dei LEA ed è tra le branche che più ha pagato il prezzo della pandemia. Fatta questa premessa, non possiamo ignorare il principio del rasoio di Occam. Vale a dire che, a parità di tutte le altre condizioni, è sempre da preferire la spiegazione più semplice. Quindi, se durante le partite del Napoli le emergenze da pronto soccorso crollano a parità di periodo e di condizioni epidemiologiche, evidentemente molti di quegli accessi non sono propriamente indifferibili è certamente non sono responsabilità della Medicina Generale».
Per Scotti serve dunque una riflessione seria su come intervenire, partendo da un’analisi reale delle cause. «Colpevolizzare questa o quell’area della medicina non ha senso», dice. «L’unico interesse della medicina generale è quello di garantire un’assistenza di prossimità e una corretta gestione delle cronicità per evitarne complicazioni e scompenso.
Noi attendiamo ancora gli strumenti che ci consentirebbero di attrezzare i nostri studi di tutte le tecnologie per attuare un’efficace diagnostica di primo livello, insieme a investimenti per il personale.
Questo sì che consentirebbe alla medicina di famiglia di ridurre ancor più il carico dei pronto soccorso, abbattendo gli accessi impropri. Altrimenti, per poter rispondere a chi ci scarica addosso la responsabilità degli accessi impropri in pronto soccorso, forse dovremmo trasmettere in loop la replica delle partite del Napoli nelle nostre sale d’attesa», conclude sarcastico il segretario generale Fimmg.