Ddl Boldrin su formazione medica, le criticità evidenziate da FIMMG

Riportiamo il comunicato stampa della Federazione Medici di Medicina Generale, diffuso lo scorso 27 maggio

La riforma della formazione medica proposta dalla Senatrice Boldrin (Disegno di Legge n. 2372 “Modifiche al Decreto legislativo 17 agosto 1999, N. 368, e altre disposizioni in materia di formazione medica”), presentata qualche giorno fa in un incontro pubblico in Senato, ad avviso di Fimmg è molto lontana dal rappresentare una vera riforma della formazione in medicina generale e anzi, nei pochi passaggi dedicati, presenta diverse criticità che, in ottica costruttiva, di seguito si evidenziano.
La proposta di Dipartimento integrato università e servizio sanitario regionale (articolo 1 comma 2), già presente nell’esperienza ligure, con la funzione di coordinare le università e le strutture della sanità territoriale a fini didattici e di ricerca, al fine di rispondere alle specifiche esigenze dei servizi sanitari regionali per potenziare e adeguare l’assistenza primaria non prevede tuttavia, almeno non esplicitamente, la partecipazione dei medici di medicina generale (come invece è previsto in Liguria); non viene prevista la creazione di un SSD per la medicina generale: tutte le varie discipline specialistiche, comprese le scienze infermieristiche,  hanno una loro dignità all’interno dell’Università ma non la Medicina Generale.

Con l’articolo 3 il CFSMG diventa di fatto a gestione universitaria (con il concorso delle regioni), passa da 3 a 4 anni e gli specialisti in medicina di comunità e cure primarie diventano medici di medicina generale a tutti gli effetti; anche qui nessun accenno alla docenza da parte dei MMG. Inevitabili i rischi di equipollenza, con il rischio concreto che fra 3-4 anni migliaia di specializzandi si riverseranno nel territorio e diventeranno medici di medicina generale senza nessuna formazione specifica.

Viene previsto (articolo 4 comma 2) che l’accesso ai corsi di specializzazione, compresa la formazione specialistica in medicina generale, avviene con pubblico concorso, tramite una prova selettiva nazionale per titoli ed esami. Il rischio concreto è quello di dover fare la specializzazione in Medicina Generale in regione diversa da quella di residenza.

La proposta di trattamento normativo ed economico dei medici in formazione specialistica (articolo 6) rappresenta una grossa criticità. Anche la specializzazione in medicina generale, di comunità e cure primarie, verrebbe disciplinata in un’apposita sezione contrattuale all’interno del contratto collettivo nazionale di lavoro della dirigenza medica e sanitaria del personale del Servizio sanitario nazionale: si aprono di fatto le porte alla dipendenza per l’intera categoria.

Finché la proposta di una riforma universitaria della formazione in medicina generale rimarrà associata alla riforma delle specializzazioni per il cambio di inquadramento contrattuale, per Fimmg rimarrà inaccettabile.