La scuola riapre le porte ai tempi del Covid 19: sostenere il rientro tra cultura e relazione

Nuovo appuntamento con la rubrica Spazio Psicologico a cura dell’associazione Psicologi Liberi Professionisti Elisa Mulone Psicologa e psicoterapeuta Presidente Nazionale PLP   “Primo giorno di scuola…andiamo! Che bello! Bellissimo! Evviva!” Esulta Nemo dall’interno del suo anemone, dove è stato sempre chiuso da quando si è salvato dall’attacco di un enorme pesce che ha divorato sua
Nuovo appuntamento con la rubrica Spazio Psicologico a cura dell’associazione Psicologi Liberi Professionisti

Elisa Mulone

Psicologa e psicoterapeuta

Presidente Nazionale PLP

 

“Primo giorno di scuola…andiamo! Che bello! Bellissimo! Evviva!” Esulta Nemo dall’interno del suo anemone, dove è stato sempre chiuso da quando si è salvato dall’attacco di un enorme pesce che ha divorato sua madre e tutte le restanti uova. Da allora suo padre lo ha protetto da tutto, ma per Nemo è arrivato il momento di andare nel mondo, spinto dalla sua naturale curiosità, e per farlo ha bisogno di un adulto che non sia spaventato e che gli trasmetta sicurezza. Questo è quello di cui hanno bisogno i bambini per il loro rientro a scuola. Già in condizioni normali, il rientro a scuola è un momento emotivamente significativo. I bambini sono naturalmente eccitati dalla novità e possono esprimere il loro vissuto in diverse forme: agitazione motoria, insonnia, inappetenza, pianto, tristezza, euforia.

 

Nella situazione che stiamo vivendo, il rientro a scuola è complicato da innumerevoli fattori. I genitori che dovrebbero trasmettere sicurezza e serenità si trovano in una confusione informazionale che non permette loro di dare indicazioni chiare. Si stabiliscono regole che cambiano continuamente nel giro di pochi giorni e, soprattutto, che, spesso, sono impossibili da rispettare. Lo stesso vale per il personale scolastico.

 

Si è discusso tanto in questi mesi, in via formale e informale, della scuola e di come ripartire in presenza in sicurezza, dopo tanti mesi di didattica a distanza. Si è scritto tanto e, intorno al tema della scuola, si sono alimentate riflessioni e polemiche che hanno creato un clima di allarmismo e preoccupazione. Tutti i soggetti coinvolti a livello istituzionale hanno cercato di rimettere in moto una macchina un po’ vecchiotta e già arrugginita provando a fare il meglio possibile.

 

Ho potuto sperimentare, personalmente, una grande focalizzazione sulle regole e sui compiti, rigidamente imposti. Decaloghi, lista di materiale scolastico da portare fin dal primo giorno di scuola, grembiulino da indossare con 35 gradi all’ombra in aule senza aria condizionata. Attenzione alla forma, e la sostanza?

 

Sono fermamente convinta che la scuola abbia il dovere di veicolare conoscenze, ma nella società attuale in cui c’è una grande difficoltà a gestire le emozioni, a padroneggiarle, a sviluppare competenze empatiche e compassionevoli, l’istituzione scolastica deve necessariamente essere anche contesto relazionale. L’insegnante non può essere un semplice fornitore di informazioni, i “maestri” e le “maestre” hanno il compito di affascinare, di stimolare la curiosità e di trasmettere la passione per la cultura alle nuove generazioni, agli adulti di domani.

 

In questo momento di crisi, sarebbe auspicabile dedicare del tempo alla condivisione di esperienze tra bambini e ragazzi affinché possano, narrandosi, elaborare i propri vissuti e, sentendo quelli degli altri, scoprire che non sono soli, che altri hanno le loro stesse paure e che, magari, hanno trovato il modo di affrontarle, o che ci sono esperienze diverse dalla propria e si apre un mondo di possibilità. Condividere in un clima di accoglienza permette di non sentirsi sbagliati e soli. La scuola dovrebbe fare anche questo, con personale esperto se gli insegnanti non sono stati adeguatamente formati nelle soft skills.

 

Come ci ricorda Alessandro D’Avenia, scrittore, insegnante e sceneggiatore italiano: “La cultura rende più abitabile la vita, rischiarandola almeno un po’, anche quando quella luce illuminerà cose che non ci piacciono. […] L’emergenza sanitaria non ha debilitato il sistema scolastico, ma ne ha reso evidente lo stato comatoso […] la scuola non verrà rinnovata dal banco singolo o dal tablet, ma dalla vita che sapremo dargli, grazie a relazioni buone […] perché solo le relazioni generative fanno crescere […] ma nulla cresce nei piccoli, se non trova cura, luce e libertà, nei grandi.” E sceglie le parole di Einstein, D’Avenia per iniziare il suo primo giorno di scuola con ragazzi e ragazze: “La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che nascono l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, fa violenza al suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi è l’incompetenza. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Nella crisi emerge il meglio di ognuno».

 

È altrettanto vero, però, che in questa crisi ci siamo ancora dentro e, questo, richiede uno sforzo e una capacità rielaborativa continua e costante che vanno sostenute. In questa crisi, la certezza che possiamo avere è che ognuno di noi è tenuto a fare la propria parte, in un’ottica di responsabilità condivisa, svolgendo al meglio la propria funzione.

 

Quando chiedo a mio figlio, la mattina del suo primo giorno di scuola in seconda elementare, se è contento di tornare a scuola, mi risponde immediatamente: “Si!” e quando aggiungo: “Certo, sarà diverso, ci saranno delle limitazioni, dovrete stare ognuno al vostro posto, non vi potrete toccare, abbracciare, scambiarvi le cose… a quel punto mi risponde senza incertezze: “Ma che m’importa, mamma! Non vedo l’ora di rivedere tutti i miei compagni!”

 

Credo che questo dia il senso semplice e diretto che i bambini e le bambine sanno adattarsi, sono disposti a fare dei sacrifici pur di ritrovarsi, anche se in modo nuovo, per crescere insieme.