di Antonio Zuliani
Membro del CEN dell’Associazione Psicologi Liberi Professionisti
Con l’uscita dalla fase acuta della pandemia si respira l’idea che tutto sta tornando come prima: una sorta di ritorno alla normalità. Nessuno pensa che sarà facile, ma l’auspicio prevalente sembra essere questo. Lo si vede dalla rapidità con la quale stiamo riprendendo molti comportamenti antecedenti la pandemia, anche se l’idea che tutto sia già finito è un’indubbia forzatura.
Certo non è che le cose prima andassero proprio bene.
Il mondo delle libere professioni stava attraversando un momento molto difficile dal punto di vista occupazionale e di ruolo sociale. La società mostrava inequivocabili segni di squilibrio sociale con tensione crescenti, che l’accentuarsi della forbice economica tra categorie sociali evidenziava ogni giorno. Forse più che auspicare un ritorno al passato sarebbe utile chiederci quali potenzialità ci offra questa pandemia, mettendo in crisi tanti modelli di funzionamenti sociali ed economici.
Qualche cosa ci dicono le scienze psicologiche le quali ci mostrano che sono due le strade per uscire da una crisi: la patologia e il cambiamento.
La via patologica nega che sia accaduto qualche cosa, cercando di mantenere un illusorio status quo. É come se un bambino cercasse di negare di essere nato (la nascita è uno dei momenti più grandi di crisi che tutti abbiamo affrontato), illudendosi di continuare a vivere nel protettivo grembo materno.
La via del cambiamento è più complessa e difficile. In primo luogo perché la mente è un sistema sostanzialmente conservativo: quando ha trovato un suo equilibrio, quando ha trovato delle soluzioni (e quanta fatica ha fatto per trovarle) cerca di “farne buon uso” e di usarle sempre. Purtroppo anche quando le cose che incontra chiederebbero rispose diverse.
Questa pandemia può rappresentare un’occasione forse irripetibile per avviare questo cambiamento.
Molte cose ci dicono che il nostro stesso modo di lavorare come professionisti può cambiare. Con lo Smart working è mutato il rapporto tra i collaboratori dello studio e con i clienti. Il tempo del lavoro si sta rivelando completamente diverso da come lo avevamo sempre conosciuto. Gli equilibri economici e sociali sono cambiati.
Perché non approfittarne? Anche perché la storia ci insegna che dalla crisi non escono vincitori i più forti, ma coloro che sanno adattarsi meglio al cambiamento. In sostanza le persone che sanno essere più elastiche, meno legate a schemi che possono avere funzionato bene prima, ma su cui intestardirsi ora può portare al fallimento.
Non si tratta di un processo facile, ma fortunatamente il nostro cervello ha la capacità di imparare dall’esperienza (non a caso si parla di plasticità cerebrale). Va però aiutato a compiere questo percorso. In questa direzione le scienze psicologiche possono fornire dei validi supporti. Nulla di magico, ma un aiuto a individuare le strade che tutti assieme possiamo percorrere.