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Autostima: quanto e quando serve?

Di Rocco Chizzoniti, psicologo e psicoterapeuta, membro del CEN PLP

Si sente parlare continuamente di autostima, ossia della stima di sé, del volersi bene a ogni costo, del saper darsi valore.

Un valore assolutamente importante, fondamentale e di fatto determinante per la vita di tutti i giorni.

Avere una buona autostima significa riuscire a far scelte funzionali più consapevoli o, detto in modo più spicciolo, consente di evitare maggiormente la classica “zappa sui piedi”.

Perché? Perché chi si dà valore più difficilmente farà scelte di compromesso, rischiose e al ribasso, sia in termini professionali che relazionali.

Ciò non significa che viene meno il doveroso spirito di sacrificio che spesso la vita ci pone davanti, ma saper ben valutare “pro e contro” in ogni situazione ci aiuta a vivere meglio.

Una buona autostima ci supporta nel soppesare vantaggi e svantaggi, senza correre troppo spesso inutili rischi.

È chiaro che, come per tutte le cose, la virtù sta nel mezzo: anche una eccessiva autostima, che potremmo in caso definire ipertrofica, può portare con sé notevoli criticità.

Una su tutte la mancanza di saper fare proprio autocritica. Una persona che non è mai in grado di mettersi in discussione rinuncerà alla propria crescita personale finendo, prima o poi, per compiere grandi errori o, peggio, penserà di non dover mai potenziare competenze e performance.

Al contrario, se c’è una cosa che si impara nel tempo è che davvero gli esami non finiscono mai, così come la capacità di migliorare e crescere, pertanto se una bassa autostima costituisce una zavorra il suo opposto non è da meno.

Chi ha una bassa autostima vivrà di iperinsicurezze e ipercritiche verso di sé; chi ha una alta autostima rischierà di non superare mai i propri limiti; chi invece ha una autostima piuttosto equilibrata saprà meglio quanto farsi i complimenti o quando darsi una mossa per innescare il cambiamento necessario.