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Fratelli per forza, fratelli per scelta

Nuovo appuntamento con la rubrica Spazio Psicologico in collaborazione con l'associazione Psicologi Liberi Professionisti

Simona Landi
Psicologa e psicoterapeuta
Presidente PLP Lazio

 

Essere fratelli è una delle condizioni umane più familiari, scontate e fondative dell’esistenza.

“Fratello” per similitudine allude anche all’affetto che normalmente lega tra loro i fratelli di nascita per indicare altre relazioni: è assunto come appellativo reciproco dai membri di comunità religiose e viene usato per definire il compagno di scuola, di giochi, di esperienza, di comunanza di patria e persino d’armi.

La fratria è infatti la condizione per eccellenza di parità nella relazione, tipica dei legami orizzontali, differenti e distinti da quelli verticali quali l’essere genitore, docente, allenatore, capo e via dicendo.

Insieme alla matrice familiare, l’esperienza vissuta nella fratria condiziona nell’umano anche la scelta del partner, i rapporti di lavoro con i colleghi e la capacità di lavorare in gruppo.

Le nostre radici culturali sono tanto costellate di storie e leggende che ruotano intorno ai principali cardini della relazione fraterna, tipicamente caratterizzata da sentimenti di rivalità e di alleanza.

In molte prevale la rivalità, come per i gemelli Romolo e Remo. Nella leggenda di Livio, non valendo il diritto di primogenitura per i gemelli, toccava agli dei protettori indicare, attraverso segnali aruspici, chi avessero scelto per dare il nome alla nuova città e chi vi dovesse regnare dopo la fondazione. Così, interpretando in modo discorde i segnali divini, di fatto ambigui, i fratelli, fino a quel momento uniti, di fronte alla possibilità di un potere così grande si scontrarono e Romolo uccise Remo, impossessandosi da solo del potere e dando il suo nome alla città appena fondata.

Diversa la narrazione fra Caino, figlio primogenito, e Abele. Qui la vicenda ha a che fare con il dramma per la nascita di un fratello, il dramma di dover dividere il corpo e l’affetto della madre (nel mito biblico Dio). L’amore per la madre è un amore insostituibile perché è essenziale per la sopravvivenza e la nascita del secondogenito costituisce sempre una ferita per il primo: la ferita di non essere bastato ai genitori e di non essere più l’unico, un dolore che porta con sé rabbia e gelosia. Secondo Salonia, studioso ed esponente gestaltista, Caino uccide il fratello Abele perché non può uccidere chi l’ha tradito togliendogli l’amore esclusivo, Dio, perché da lui dipende la sua sopravvivenza.

In altre storie prevale l’alleanza fraterna: la vittoria dei tre fratelli Orazi, scelti per combattere contro i Curiazi, valse a Roma, loro patria, la conquista di Alba Longa. Questa storia racconta la vicenda di una forza del gruppo, possibile nella fratria.

Ne è un altro esempio l’indissolubile legame fra i mitici Dioscuri Castore e Polluce, i quali compivano le loro valorose gesta sempre uniti, ma ognuno con le sue peculiarità, Polluce abile nel pugilato e Castore auriga e atleta. Il bisogno di individuazione emerge come potenziale ricchezza anche nella relazione fraterna e può coesistere con l’alleanza.

Il legame fraterno è stato studiato a partire dagli anni ottanta, allargando l’attenzione dall’individuo isolato all’individuo in relazione. Gli studi hanno esplorato e compreso come si strutturano nella famiglia le dinamiche tra fratelli, e che alcune caratteristiche della relazione fraterna concorrono alla struttura della personalità, come l’ordine di nascita, la numerosità, la qualità della relazione con i genitori e le differenze di trattamento.

Così abbiamo imparato da Judy Dunn, fra le prime e più autorevoli studiose del legame fraterno, che i sentimenti di ostilità e di calore si intrecciano quotidianamente nei fratelli.

Tuttavia la competizione emotiva, i vissuti di ostilità, gelosia e invidia non rappresentano di per sé nulla di patologico o di preoccupante, se transitori ed espressi in un contesto familiare accogliente e supportivo. E’ proprio attraversando dissidi e alleanze, arrivando a vedere l’altro non più come minaccia o come imposto, che i fratelli maturano la capacità di relazionarsi a livello paritario arricchendo anche la competenza sociale al contatto.

Accogliere, comprendere e sostenere i vissuti che emergono è quanto possono i genitori fare affinché i fratelli possano attraversare senza danni la presenza di emozioni negative e favorire il positivo attraversamento e superamento della prima grande prova affettiva dei propri figli.

Il superamento di questo tormento approda infatti alla maturità relazionale che è l’accettazione serena della co-centralità (tutti unici, nessuno l’unico) e della condivisione dell’amore genitoriale.

La rivalutazione della fratria nella società postmoderna, dove la competizione e l’individualismo sono arrivati all’estremo, apre una strada fruttuosa per l’umano di ritrovare la capacità di essere differenziati nella propria unicità ma rispettosi e interessati all’alterità.