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Il tempo dei vaccini divisivi

La rubrica Progetto Spazio Psicologico a cura di PLP

di Antonio Zuliani
Psicologo psicoterapeuta
Membro del CEN dell’Associazione Psicologi Liberi Professionisti

 

 

Proprio in queste settimane stiamo vivendo il tempo dei vaccini divisivi.

La lotta al coronavirus ci sta insegnando che può essere vinta solo tutti assieme. Non solo, ma anche attuando una serie di azioni coordinate e compresenti. Un’esperienza importante per riuscire ad affrontare tante altre sfide globali. E, invece, proprio quei vaccini chiamati a combattere il coronavirus, rischiano di determinare dei danni sociali importanti.

La corsa al vaccino

Proprio la corsa ai vaccini rischia di minare la necessaria coesione sociale. Questo perché, anche a causa della scarsa disponibilità dei vaccini stessi, si sta determinando una corsa al diritto di priorità nella vaccinazione. D’altra parte ognuno, dal proprio legittimo punto di vista, ritiene di essere persona da proteggere e, quindi, da vaccinare prima degli altri. Non si può chiedere a nessuno l’atto di cedere il passo: non a caso tradizionalmente chiamiamo santi o eroi quelli che mettono gli interessi degli altri prima dei propri, anche a costo della vita. Sarebbe fatale andare in questa direzione: un po’ come gli elenchi dei buoni e dei cattivi tracciati sulle lavagne di una scuola che fortunatamente ci siamo lasciati alle spalle.

Il ruolo delle categorie e dello Stato

Se questa scelta non può essere soggettiva, ricade allora sotto la responsabilità delle categorie sociali e di chi abbiamo eletto per governare il paese. Queste sono le istituzioni che oggi dovrebbero assumersi la responsabilità di una scelta condivisa e consapevole non alimentando, come spesso accade, fatali rivalità. Non farlo può comportare consegnarci un paese ancora più diviso, con un tasso di aggressività e voglia di rivalsa sempre più marcati. Non vorrei che questi, a lungo andare, fossero i danni rilevanti del coronavirus. Sarà una battaglia ancora molto lunga. L’attuale campagna vaccinale è solo il primo passo perché fintanto che il virus non sarà sconfitto a livello globale, in tutte le parti del mondo, non saremo fuori da questa situazione.

Un tempo lungo all’interno del quale occorre riscoprire la centralità dell’uomo, con le sue ansie e le sue fragilità. Ma anche un uomo che riscopra che la lotta degli uni verso gli altri, sia anche solo per il turno vaccinale, non è utile al suo futuro. Magari rileggendo in chiave moderna “Totem e tabù” di Freud potremmo diventare più maturi del tempo dei vaccini divisivi.