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La sostenibilità è una questione di sostanza

Nuovo appuntamento con la rubrica Spazio Psicologico in collaborazione con l’associazione Psicologi Liberi Professionisti

di Elisa Mulone, Psicologa Psicoterapeuta past President PLP. Da il Libero Professionista Reloaded #13.

 

Affrontare il tema della sostenibilità oggi ha implicazioni e sfumature diverse rispetto a un tempo.

Si parla di cambiamenti climatici da parecchi decenni. Ci ricordiamo tutti il linguaggio usato in passato quando si parlava di “effetto serra”, di “buco nell’ozono”. Oggi la terminologia è più dura. Si parla di desertificazione, di sesta estinzione di massa, di crisi sistemica.

Ma se il disastro era stato annunciato, come mai non siamo stati in grado di arginarlo, contenerlo, evitarlo?

E soprattutto…cosa possiamo fare oggi per non arrenderci all’impotenza di una catastrofe annunciata?

Di questo e di altro abbiamo discusso in occasione del webinar dal titolo “Cambiamenti climatici e prospettive per il futuro” organizzato il 18 aprile da Confprofessioni Lazio.

Tra i relatori abbiamo avuto il piacere di ospitare il Prof. Vincenzo Russo, Associato di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing presso l’Università IULM di Milano che ci ha aiutato a capire, tra le tante cose, cosa funziona e cosa non funziona nelle campagne sulla sostenibilità, perché se sappiamo determinate cose non cambiamo le nostre abitudini e i nostri comportamenti di acquisto e in che modo la Psicologia può aiutare a orientare le scelte dei consumatori.

Come sostiene il Prof. Russo, le ricerche in ambito neuroscientifico ci dicono che le persone dichiarano di voler scegliere prodotti sostenibili, ma poi si comportano in maniera diversa, non perché sono bugiarde, ma perché, più che esseri razionali che provano emozioni, siamo tutti dei razionalizzatori influenzati dalle emozioni. Studiando i comportamenti di consumo con metodi tradizionali e con tecniche neuroscientifiche è possibile osservare cosa le persone provano in riferimento ad un dato prodotto. La cosa curiosa che è stata osservata è che non sempre quello che le persone dichiarano coincide con quanto sperimentano.

Oggi la sostenibilità non è più un valore aspirazionale, ma è diventata una commodities, qualcosa da avere, e ci troviamo di fronte a quelli che il sociologo Gianpaolo Fabris chiamava, nel lontano 2008, edonisti maturi, coloro che sono attenti all’impatto sociale e ambientale delle loro scelte d’acquisto. Sono consumatori consapevoli e critici e, oggi più di allora, che fanno scelte che tengono conto della autenticità, della trasparenza, della naturalità, della semplicità, della sobrietà e della sicurezza. Questi sono i trend rilevati già nel 2008 che si sono radicati e potenziati oggi.

Come emerge dalle ricerche attuali, sono in particolare i giovani a scegliere prodotti che hanno più valore a livello ambientale e sociale

Una analisi interessante che il Prof. Russo fa sulle scelte d’acquisto prevede la differenziazione di 3 tipi di consumatori:

  • quelli che scelgono “lo stesso ma meno”: in questo caso le persone non hanno cambiato i loro comportamenti, fanno le stesse cose che facevano prima, ma meno. Riducono le quantità di beni acquistati, i giorni di vacanza ecc;
  • quelli che scelgono “lo stesso a meno”: in questo caso le persone fanno le stesse cose cercando offerte convenienti.
  • Quelli che scelgono “meno a più valore”: in questo caso le persone comprano di meno, ma si orientano su cose che hanno più valore, sul meglio che c’è in commercio.

Ma come si fa a scegliere un prodotto a più valore? Esistono sistemi di classificazione (semafori, certificazioni) che funzionano con persone che hanno le competenze, la motivazione e l’interesse a riconoscere, cercare e leggere queste informazioni. Per il resto, da numerose ricerche emerge che gli elementi che fungono da attrattiva maggiore nei confronti del consumatore sono il packaging, il brand e le informazioni più evidenti.

Per evidenziare quanto i meccanismi cognitivi ed emotivi siano complessi vediamo cosa è emerso da una ricerca sulla capacità attrattiva dei packaging condotta dal Centro di Ricerca di Neuromarketing “Behavior and Brain Lab” presso l’Università IULM di Milano coordinato dal prof. Russo. Mettendo a confronto packaging che richiamavano la tematica della sostenibilità, ma non lo erano, e packaging realizzati con materiali realmente sostenibili e certificati, i risultati hanno dimostrato che erano più attrattivi i prodotti che richiamavano la sostenibilità rispetto a quelli certificati.

Ne consegue che, dato che siamo macchine emotive che pensano, non è più possibile affidarci alla presunta razionalità umana. Non bastano la consapevolezza e la diffusione delle informazioni, che sicuramente sono importanti, ma potrebbe essere più efficace intervenire con quelle che Richard Thaler, premio Nobel per i suoi studi sull’economia comportamentale, ha definito nudge o spinte gentili. Dato che la sostenibilità è oggi più che mai una necessità per l’intero Pianeta, le persone possono essere spinte a comportarsi in modo sostenibile prima, o senza necessariamente, esserne consapevoli.