A cura di PLP Psicologi Liberi Professionisti
Quando sentiamo dolore per la perdita di una persona cara, sappiamo che accade perché quella persona l’abbiamo vissuta, perché avremmo voluto viverla ancora e ancora continuare ad arricchirci con tutto ciò che era e riusciva a trasmetterci. Quando questo accade è importante fermarsi e, dopo aver pianto, nel rispetto del fluire naturale delle emozioni, ricordare i copiosi frutti di un albero troppo precocemente trasformatosi in altro, ma ancora capace di nutrire, in qualsiasi altra forma.
È ciò che vogliamo fare oggi, dopo aver pianto per l’amico, ancor prima che collega, Antonio Zuliani.
Tra i tantissimi grappoli di frutti generati da Antonio, e che a loro volta hanno originato ulteriori consapevolezze, ulteriore vita, vogliamo ricordarne alcuni: la passione per la psicologia al Servizio delle Persone; la convinzione che prendendosi cura si può evitare di dover curare; la generosità nella condivisione, anche con la divulgazione delle intuizioni e dei saperi; l’approccio olistico, interdisciplinare e interprofessionale.
La passione per la psicologia al Servizio delle Persone. Antonio amava profondamente il genere umano, se ne prendeva spontaneamente cura. Per questo, probabilmente, si approcciò alla psicologia, quale strumento al servizio del benessere delle persone. Inizialmente lo fece nel più classico dei modi, con l’ attività clinica (Antonio era anche uno psicoanalista). Ma poi capì che non era sufficiente, iniziando ad approfondire ambiti emergenti della psicologia, gettando lo sguardo su temi che in Italia erano ancora poco o per niente attenzionati. Spostò il suo interesse dalla cura alla promozione della salute e alla prevenzione, con grande lungimiranza. Vedeva nella Psicologia non l’ultima spiaggia per curare/riparare, ma il punto di partenza per generare salute, per prevenire il malessere, il faro per guidare la quotidianità personale e lavorativa. Amava studiare i meccanismi mentali e i suoi inganni, e proprio attraverso questi mettere appunto procedure per aprire gli occhi e la mente. Una passione che gli permise di non costringersi in un ruolo professionale già precostituito, ma di sperimentare continuamente, determinando e caratterizzando altri modi di essere psicologo, intercettando nuovi ambiti in cui la psicologia potesse essere utilizzata al servizio della persona.
Antonio era convinto che la psicologia dovesse evolversi costantemente per rispondere ai bisogni di una società in rapido cambiamento.
La convinzione che prendendosi cura si può evitare di dover curare. Così comprese che bisognava occuparsi di “cosa” genera il malessere e di “dove” esso si alimenta: gli antecedenti del danno. Il “dove” era tradizionalmente identificato con l’ambiente familiare, ma Antonio sapeva che le persone passano tantissimo tempo anche nei luoghi di lavoro. Di questi dunque si occupò. Capì che ogni persona deve essere e sentirsi al sicuro dovunque si trovi. Suo sito possiamo leggere: “Secondo la nostra visione la sicurezza sul lavoro si realizza integrando gli aspetti tecnici, organizzativi e comportamentali al fine di ridurre errori, infortuni e comportamenti inidonei. Questo viene ottenuto attraverso il coinvolgimento partecipativo di tutte le persone facenti parte dell’organizzazione… Per questo motivo l’attenzione non è più solo rivolta agli eventi negativi, che poi sono pochi, ma anche soprattutto a quelli positivi che favoriscono il miglioramento prestazionale… Il centro è dunque sulla variabilità della prestazione, e non solo sugli eventi estremi”. “Gli eventi negativi” sono pochi, ma non per questo li trascurò, estendendo il concetto di sicurezza, promozione della salute e prevenzione in tutti gli ambiti. Così, nell’evoluzione del suo processo, volle occuparsi, anche in questo caso egregiamente e pioneristicamente, di psicologia delle emergenze, dando vita al Servizio Psicosociale di Croce Rossa, offrendo molte delle attuali teorie di questa disciplina, contribuendo allo studio e alla gestione dei comportamenti umani nelle situazioni di emergenza, ponendo molta attenzione al linguaggio utilizzato nella scrittura delle procedure dando importanza alle esercitazioni, ai processi decisionali, alla conoscenza del funzionamento della mente umana e all’importanza delle differenze culturali nell’interpretazione di stimoli e indicazioni offerte.
La generosità nella condivisione, anche con la divulgazione delle intuizioni e dei saperi. A differenza di molti divulgatori, scientifici e non, Antonio condivideva generosamente saperi e intuizioni per dare e non per piacere o per ricevere qualche like. Regalava ciò che comprendeva (conteneva in sé), senza timore di possesso di copyright, perché il suo unico intento era che ciò che aveva potesse servire a far star bene anche le altre persone. Era un divulgatore instancabile, convinto che la conoscenza psicologica dovesse essere accessibile a tutti. Attraverso corsi, seminari e pubblicazioni, ha formato generazioni di psicologi, trasmettendo non solo nozioni tecniche, ma anche una visione etica della professione. La sua rivista, “PdE – Psicologia dell’Emergenza, della Sicurezza e dell’Ambiente” resta una risorsa preziosa per chiunque si occupi di questi temi, così come tutto ciò che ci ha lasciato (sito web; pubblicazioni; video; ecc.).
L’approccio olistico, interdisciplinare e interprofessionale. Ciò che rendeva Antonio davvero speciale era la sua visione ampia e integrata della psicologia. Rifiutava le divisioni artificiali tra diverse branche della disciplina, sostenendo invece l’importanza di un approccio olistico, che lo portò a rifiutare anche le forzate suddivisioni di discipline e professioni, perché la realtà è composita e per comprenderla è necessario approcciarla con l’interazione dei saperi e delle diverse ottiche. Da qui l’ennesima intuizione che traghettò l’associazione Psicologi Vicentini, da lui fondata con un gruppo di giovani laureati della neonata Facoltà di Psicologia dell’Università di Padova, alla costituzione del Sindacato Nazionale PLP Psicologi Liberi Professionisti, che da subito fece parte di Confprofessioni, realtà in cui Antonio riuscì a far comprendere, agli altri professionisti, quanto l’utilizzo competente della psicologia sia necessario. Siamo grati ad Antonio anche per questo. Ce la metteremo tutta per non sciupare i suoi insegnamenti e la sua preziosa eredità.
Grazie Antonio per averci insegnato, anche in occasione del Congresso Nazionale per la celebrazione del ventennale di PLP che: “Se avete un sogno, coltivatelo, spendetevi per questo sogno, e i risultati arriveranno”. Tu lo hai fatto, per tutta la vita, vivendo il presente con lo sguardo sempre al futuro possibile. È nostro dovere, ma soprattutto una grande opportunità, non abbandonare le strade che hai tracciato.
Arrivederci caro Antonio!