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Memoria e situazione critica

Nuovo appuntamento con la rubrica Spazio Psicologico in collaborazione con l'associazione Psicologi Liberi Professionisti

di Antonio Zuliani, psicologo psicoterapeuta, membro del CEN PLP

 

Una persona coinvolta in una situazione critica fissa nella sua memoria, e ancora più la recupera al fine di averne un ricordo coerente, e questo può essere molto diverso dalla cronaca dei fatti accaduti.

Si tratta di una constatazione che accade di fare ad esempio se incontriamo una persona che si è trovata coinvolta in un fatto di cronaca e che rimane sconcertata dal fatto che la sua ricostruzione di quanto accaduto spesso non corrisponde a ciò che una telecamera di sorveglianza ha ripreso. Di fronte a un fatto di questo tipo sarebbe del tutto errato ritenere che la persona coinvolta debba piegare la sua memoria a quanto mostrato dalla telecamera, correggendone le distorsioni; come se da ciò dipendesse il suo ritorno alla “normalità”.

In effetti l’evento storico di una situazione e la ricostruzione che l’interessato ne fa attraverso la sua memoria hanno entrambe una legittima cittadinanza: si tratta semplicemente di due cose diverse. La prima interessa chi deve condurre un’indagine sul caso, la ricostruzione personale, invece, permette al soggetto di dare un senso compiuto per sé stesso di quanto accaduto, e questo chiede il massimo rispetto. Senza questa attenzione si rischia di creare un forte disagio nella persona che non si sente compresa e accettata per come ha vissuto la situazione. Non solo, ma potrebbe arrivare a dubitare della sua ricostruzione che è fondamentale per fornire un senso personale a quanto accaduto.

La letteratura ci fornisce un bel esempio in proposito. Nel primo capitolo di “La marcia Radetzky” di Joseph Roth (1932) si racconta di un episodio avvenuto durante la battaglia di Solferino: il sottotenente di fanteria Joseph Trotta salva la vita all’imperatore Francesco Giuseppe. Questo fatto porta a Trotta la promozione a capitano, il titolo nobiliare di barone di Sipolje (città natale di Trotta), l’Ordina di Maria Teresa e il titolo di “eroe di Solferino”.

Su questi titoli il barone von Trotta costruisce la sua identità tanto da pensare che sempre ci sarà un von Trotta nell’esercito e che a lui spetterà una morte eroica in battaglia.

Alcuni anni dopo il capitano von Trotta si trova tra le mani il libro di scuola del giovane figlio e legge la storia che vi si racconta del suo gesto eroico. Con sconcerto la storia che legge è diversa da quella che lui ha vissuto, molto più romantica ed eroica.

Joseph Trotta non accetta questa diversità anche se tutti gli dicono di lasciare perdere, in fondo la ricostruzione presente nel libro è stata scritta per i bambini piccoli che hanno bisogno di quel linguaggio che enfatizza il suo gesto e lo rende ancora più eroico. No, per von Trotta tutto ciò è inaccettabile e arriva fino all’imperatore per ottenere la rettifica del testo.

La ottiene, ma la ferita che tale episodio gli ha creato lo spinge a due gesti estremi: lascia l’esercito e proibisce al figlio di seguire la carriera militare. Il suo sogno è finito!

Non importa chi abbia ragione, chi sia il depositario della versione veritiera, ciò che conta è che la memoria di von Trotta lo spinge in una direzione diversa da quella del libro di scuola e tale mancanza di rispetto lo ferisce mortalmente.