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Riflessioni sulla DaD (e non solo)

Nuovo appuntamento con la rubrica Spazio Psicologico in collaborazione con l'associazione Psicologi Liberi Professionisti

Antonio Zuliani
psicologo psicoterapeuta
membro del CEN PLP

In questi giorni si è tanto discusso sulla possibilità di rinviare la riapertura delle scuole e di riattivare la Didattica a Distanza (DaD).

Vorrei affrontare il tema non tanto dal punto di vista didattico, leggere un buon libro può essere più utile di un cattivo insegnate (ma qui andiamo nelle note autobiografiche), quanto piuttosto focalizzare l’attenzione sul fatto che il periodo scolastico non è fonte di apprendimento solamente per i contenuti che la scuola propone, ma per il fatto stesso di andare a scuola.

Il nostro cervello non è solo composto da 86 miliardi di neuroni (uno più o uno meno). Il nostro cervello è un’entità in continua evoluzione, in continuo cambiamento. Anche leggere questo breve scritto comporta un cambiamento: piccolo, ma c’è. Tanto più in considerazione che lo spunto per il cambiamento risiede in ogni piccola esperienza della vita quotidiana.

Andare a scuola significa alzarsi al mattino, uscire di casa e percorrere una strada incontrando persone, vedendo situazioni, sentendo voci… Forse il percorso e le persone incontrate (prima di tutti i compagni di classe) appaiono sempre gli stessi, ma anche in queste condizioni sono fonte di continuo apprendimento, perché anche loro sono un po’ diversi dal giorno prima.

La DaD, ma lo stesso si può dire per lo Smart working, ci priva di tutte queste possibilità di apprendimento, ci priva di opportunità di crescere.

Slide costruite con attenzione, un buon filmato, possono essere efficaci per trasmettere a distanza delle nozioni, ma la crescita del nostro sapere è determinata anche da tutte quelle apparentemente piccole cose di cui rischiamo di essere privati rimanendo in casa.

Un motivo in più, situazione sanitaria permettendo, per ridurre al minimo il rimanere a lungo tra le mura domestiche. Che lo si faccia per studiare o per lavorare, il rischio di un impoverimento cognitivo generale esiste e può portare a danni per tempi ben più lunghi di quelli relativi alla pandemia.