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Sibling: fratelli speciali

Nuovo appuntamento con la rubrica Spazio Psicologico in collaborazione con l’associazione Psicologi Liberi Professionisti

di Elisa Mulone  – Psicologa e psicoterapeuta Presidente Nazionale PLP

e Simona Landi – Psicologa e psicoterapeuta Presidente Comitato Lazio PLP

 

Sibling è il termine inglese, che letteralmente significa fratelli, con cui, per consuetudine, si indicano i fratelli e le sorelle di persone con disabilità fisica o psichica. Cosa si vive ad essere sibling? Quali sono i vissuti di fratelli o sorelle di persone con una disabilità fisica o psichica?

Uno dei vissuti più profondi e dolorosi viene espresso magistralmente, a mio avviso, in una scena del film “Wonder” diretto da Stephen Chbosky e ispirato dall’omonimo libro di R.J. Palacio, finalista Premio Andersen 2014. Il protagonista è Auggie, secondogenito affetto da una grave problematica genetica, la sindrome di Treacher-Collins, che nonostante i numerosi interventi e le altrettante ospedalizzazioni, non gli consente di avere un volto normale, “una faccia così normale da passare inosservato”, come afferma lui stesso. La primogenita Via è sempre stata una bambina e una ragazza molto diligente, matura e saggia, cresciuta troppo in fretta per far fronte all’emergenza familiare accorsa dopo la nascita del fratellino. Succede spesso, nelle famiglie in cui uno dei figli ha una malattia cronica o una disabilità, che tutte le energie vengano canalizzate verso il membro della famiglia più bisognoso di cure e protezione. Quello che accade altrettanto spesso è che il fratello o la sorella sibling rimangano un po’ nell’ombra. Quando il regista da voce alla sorella di Auggie, emerge un desiderio mai rivelato e taciuto, forse, anche a sé stessa. Raccontando della passione della madre per il disegno, emerge come essa, che disegna principalmente ambientazioni spaziali, metta Auggie al “centro di ogni universo che disegna” e di come “abbia occhi solo per lui”. “Mia madre ha davvero un grande occhio” dice “vorrei solo che una volta lo usasse per guardare me”.

Sono gli eventi della vita, i cambiamenti, qui l’uscita dal nido protettivo con l’inclusione nella scuola pubblica di Auggie, che stressano il sistema familiare e che spingono al cambiamento. In Wonder questo cambiamento fa paura, ma va affrontato e tutti lo fanno attraversando i propri timori e ritrovando un nuovo modo di essere. Nel cambiamento emergono e coesistono sentimenti contrastanti: la mamma Isabel vive questa uscita di Auggie da casa con ansia e attendendo che Auggie abbia ancora bisogno di lei, ma piano piano riscopre anche di avere uno spazio nuovo per sé. Il papà è la figura che incarna la saggezza e la flessibilità, che ha mantenuto un rapporto lavorativo con il mondo esterno e che accompagna dolcemente i cambiamenti. Resta per tutto il tempo una presenza rassicurante e affettuosa vicino alla moglie. Sarà lui a capire, il primo giorno di scuola, che è arrivato il momento di togliere il casco da astronauta che Auggie indossa per nascondere il suo volto, preparando anche il piccolo alle difficoltà a cui andrà incontro.

Via è protettiva e affettuosa verso Auggie, ma anche lei in questo cambiamento sperimenta i sentimenti contrastanti tipici di un rapporto con un fratello disabile e si rende conto che vuole essere vista e avere il suo spazio in famiglia e con i pari. Auggie, che per buona parte della sua vita ha sperimentato il mondo fuori casa protetto da un casco e da un’attenzione familiare che sente scontata, decide di rischiare, di uscire dalla bolla protettiva. Trova il suo posto nel mondo, un mondo là fuori che non può più essere evitato. Sentendo il suo potere si affranca dalla posizione di fragile e bisognoso e così anche Via, la più invisibile potrà avere lo spazio per ritrovare sé stessa e rendersi visibile perché in questa famiglia si accoglie e si attraversa il cambiamento.

Non stupisce, perché è fisiologico in una famiglia, che l’attenzione di tutti si assetti sulla cura del più fragile. Il film, va detto, si focalizza su un’evoluzione sana ed offre una visione positiva di come questa situazione possa evolvere. Ma non è sempre così: talvolta i ruoli sono rigidi e i vissuti dei fratelli sani possono restare nascosti, indicibili e portare a sviluppi patologici. Quando questo accade è perché la famiglia nell’affrontare i cambiamenti sperimenta molto stress e talvolta non riesce nel sano adattamento dei membri. Chi ne soffre di più sono i fratelli: quelli sani che restano imbrigliati nel ruolo di invisibili e quelli disabili che sperimentano solo la condizione di fragili e bisognosi.