PLP

Viaggiare nel tempo

Nuovo appuntamento con la rubrica Spazio Psicologico in collaborazione con l'associazione Psicologi Liberi Professionisti

 

Antonio Zuliani, psicologo psicoterapeuta, membro del CEN PLP

 

La possibilità di viaggiare nel tempo ha da sempre affascinato l’uomo. Ne sono testimoni gli innumerevoli racconti, film e serie televisive. Anche se questa opportunità fosse possibile (non sono esperto in materia) è da considerare che si tratterebbe di un’esperienza a rischio di portare un grande disadattamento mentale in chi la vive. Mentale più che fisico, perché il nostro DNA (come hanno scoperto Whatson e Crick nel 1953) non subirebbe mutamenti, e, quindi, resteremmo quello che siamo. Se la parte fisica risultasse salvaguardata, non altrettanto si potrebbe dire per quella mentale. Il trovarci in un mondo sconosciuto avrebbe ripercussioni molte negative.

Immagino l’obiezione: questo potrebbe essere vero per un uomo dell’antichità che dovesse ritrovarsi alle prese con le nostre tecnologie. Diverso se siamo noi a viaggiare indietro nel tempo. In questo caso ci porteremmo tutte le conoscenze utili, non affronteremmo cose ignote. Basta studiare un po’ di storia per sapere cosa incontreremmo in questo ipotetico passato.

Le cose non stanno proprio così! Per spiegarlo occorre ricordare che noi non siamo solo il nostro DNA, ma siamo anche il risultato delle esperienze che, piccole o grandi, facciamo in ogni istante della nostra vita. Questo é il punto: ci troveremmo a sapere tutto di quel mondo del passato, ma contemporaneamente, di non averne alcuna esperienza.

Così la nostra mente rischierebbe di non poter usare tutte le informazioni in suo possesso. Esse risulterebbero del tutto astratte perché, non appartenendo al novero delle esperienze vissute, rischierebbero di perderne il significato. È come se non sapessimo cosa farcene.

Perché parlare di questo ipotetico viaggio nel tempo e delle disconnessioni mentali? Perché nell’era della moltiplicazione delle informazioni e delle sue fonti rischiamo di perderne gradualmente il valore. Non solo per l’immediato, ma anche per la nostra esperienza di vita.

Per non rischiare di lasciarle lì, nell’iperspazio, diamoci più tempo per elaborarle. Il tempo aiuta a sedimentare il valore delle cose e delle emozioni a esse connesse. E poi lasciamole entrare in noi: facciamo, per quanto possibile, esperienza.