Definizioni con il fisco, alcune delle proroghe del DL 34/2023

Di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

Definizioni con il fisco, alcune delle proroghe del DL 34/2023

Di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

Come noto, la manovra di bilancio del 2023 ha introdotto una serie di disposizioni finalizzate alla definizione delle controversie potenziali e pendenti con il fisco, cercando di “intercettare” l’abnorme massa di ipotesi che possono configurarsi al riguardo; dagli avvisi bonari derivanti dai controlli automatizzati agli errori formali, dai ravvedimenti alla definizione degli accertamenti o dei contenziosi, transitando per le conciliazioni agevolate e il “salvataggio” di omessi versamenti rateali di precedenti accordi con il fisco, fino ad arrivare al saldo e stralcio e, soprattutto, alla rottamazione quater.

Si premette che proprio in riferimento alla rottamazione quater al momento nulla è mutato, essendo rottamabili le cartelle affidate all’Agente della Riscossione entro il 30 giugno 2022, termine pertanto non variato, con totale conferma delle procedure attuabili:

  1. domanda da produrre entro il prossimo 30 aprile 2023 (salvo slittamenti dell’ultimo istante);
  2. risposte dell’Ader entro il successivo mese di giugno;
  3. avvio dei pagamenti a decorrere da luglio 2023;
  4. in unica soluzione o a rate, con numero massimo pari a 18 e necessità di pagare almeno il 20% entro il 2023 – 10% a rata, per luglio 23 e novembre 23),

 

Le novità del decreto bollette

Ebbene, mediante il DL 34 del 2023, c.d. decreto bollette, con gli articoli da 17 a 23 il legislatore è intervenuto a vario titolo nelle richiamate definizioni agevolate, sostanzialmente:

  • prorogando i termini applicativi;
  • fornendo alcune specifiche interpretazioni;
  • stabilendo anche una copertura penale per alcuni reati tributari.

Ovviamente non si sono registrati interventi sulla definizione agevolata degli avvisi bonari, posto che la norma riguardante i controlli automatizzati degli anni 2019, 2020 e 2021 è “aperta”, nel senso che alla relativa scadenza di versamento (30 gg dalla comunicazione, ovvero 90 gg se eseguita in maniera telematica), si potrà procedere al pagamento con la sanzione ridotta al 3%, a prescindere dalla data di ricezione della comunicazione medesima.

Osserviamo pertanto le novità introdotte, con particolare riguardo alle proroghe stabilite, rinviando al prossimo approfondimento l’analisi delle interpretazioni autentiche e delle coperture penali, posto che la conoscenza delle nuove tempistiche è sicuramente di aiuto per la migliore valutazione possibile delle sanatorie da affrontare.

 

Il salvataggio dei “distratti”

L’articolo 17 del DL 34/23 è forse il più “anomalo” in assoluto e sembra mirato a risolvere i guai di qualche contribuente distratto.

Il primo comma riguarda:

  • gli avvisi di accertamento;
  • gli avvisi di rettifica e di liquidazione;
  • gli atti di recupero non impugnati e ancora impugnabili al 1° gennaio 2023,

divenuti definitivi per mancata impugnazione nel periodo compreso tra il 2 gennaio 2023 ed il 15 febbraio 2023.

Come è noto per detti atti la manovra di bilancio ha previsto la possibilità di definizione in adesione, ovvero di acquiescenza, con riduzione delle sanzioni irrogate nella misura di 1/18. Le due le condizioni fondamentali da rispettare sono:

  • avere l’atto esistente al primo gennaio 2023;
  • non aver fatto definire lo stesso per mancata impugnazione.

Ai fini della definizione, le due alternative richiedevano:

  • l’accettazione totale dei rilievi mossi entro i termini del ricorso;
  • ovvero la formalizzazione di un accordo di adesione all’interno della relativa procedura (nel qual caso si rammenta che i termini di impugnazione sono prorogati di 90 giorni).

A leggere la disposizione introdotta si intuisce che alcuni contribuenti sono riusciti nella mirabile impresa di non concludere un ben nulla e addirittura non presentare nemmeno il ricorso, lasciando definire gli atti per mancata impugnazione. Trattasi di errore gravissimo, dato che non solo in questo caso si confermano gli importi accertati e gli interessi, ma addirittura si subiscono le sanzioni in misura piena (quindi incredibilmente non soltanto senza la riduzione agevolata ad 1/18, ma anche senza quella ordinaria ad 1/3, un vero e proprio “suicidio” sul piano fiscale).

Chiaro, dunque, il perimetro dell’intervento del legislatore: si soccorrono quei contribuenti che hanno ricevuto gli atti, si sono beatamente disinteressati non solo delle definizioni, ma anche di impugnare gli stessi entro i termini di scadenza ed ora, invocando non è dato sapere quale santo protettore, si ritrovano miracolosamente all’interno di una nuova disposizione secondo cui possono comunque fruire della definizione agevolata.

Infatti, il legislatore espressamente stabilisce che detti soggetti possono definire i richiamati atti ai sensi dell’articolo 1, commi 180 e 181, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (c.d. acquiescenza agevolata), entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto.

In pratica, atti morti e sepolti, destinati ad essere riscossi per intero e soprattutto con sanzioni piene, vengono riesumati, con possibilità non solo di pagare le sanzioni al 5%, ma anche di rateizzare in 20 rate. Quale sia il senso della disposizione non è dato sapere, ma forse è meglio nemmeno chiederselo: va da sé che se qualcuno si ritrova nel novero dei miracolati, faccia in fretta a sfruttare la norma, prima che magari ci sia un ripensamento (ormai se ne vedono di tutti i colori).

Il secondo comma “ripesca” invece quelli che hanno generato un contenzioso “dopo” il 1° gennaio 2023 ed entro il 15 febbraio 2023. Trattasi di un “ripescaggio anomalo, posto che a detti soggetti è consentito non di definire la lite pendente, ma di avvalersi della conciliazione agevolata (dunque, accordo con il fisco e riduzione delle sanzioni ad 1/18).

Breve promemoria dello stato dell’arte.

La manovra di bilancio 2023 prevede la possibilità di definire le liti pendenti in qualsiasi grado di giudizio al primo gennaio 2023, con controparte Agenzia delle Entrate o delle Dogane. La definizione avviene con il pagamento di importi differenziati, ancorati all’esito della lite. In alternativa, i contribuenti possono esplorare la soluzione della conciliazione in 1° o 2° grado, avendo l’agevolazione della riduzione della sanzione nella misura di 1/18.

Chiara la differenza di fondo:

  • nella definizione, si devono pagare gli importi prestabiliti dalla norma (il valore della lite, pari alle imposte dovute, ovvero delle percentuali dello stesso);
  • nella conciliazione è possibile ridurre anche le imposte e poi pagare in proporzione gli interessi e le sanzioni ridotte, con dunque probabile quantificazione del dovuto inferiore all’ammontare necessario alla definizione della lite.

Il legislatore, come detto, introduce un intervento anomalo, in quanto riapre i termini della conciliazione agevolata ma in riferimento alle liti instaurate dopo il primo gennaio 2023.

In realtà la norma si riferisce alle controversie pendenti in 1° e 2° grado di giudizio, ma di fatto può affermarsi che la disposizione riguarda coloro che hanno dovuto produrre il ricorso tributario nel predetto periodo, posto che per i giudizi che eventualmente sono giunti al 2° grado nel medesimo arco temporale, comunque era attivabile la conciliazione agevolata esistente. Infatti, se non vi è dubbio che chi ha ignorato la possibilità di definire le liti potenziali o non è riuscito a raggiungere un accordo in tale direzione, vedendo avvicinarsi i termini di impugnazione, abbia dovuto obbligatoriamente ricorrere, nel caso del 2° grado di giudizio la norma è davvero misteriosa.

Se l’atto di appello deve essere intervenuto dopo il 1° gennaio, allora vi sono di sicuro due assiomi:

  • è un giudizio pendente al 1° gennaio;
  • è un giudizio rientrante nella sospensione dei termini di impugnazione e, dunque, trattasi di una lite già definibile in forza delle originarie disposizioni della manovra di bilancio.

Insomma, il richiamo al 2° grado di giudizio davvero non sembra servire salvo che, a voler pensar male, non vi sia l’ipotesi di qualche appello “inammissibile” notificato lo stesso nel periodo 2 gennaio/15 febbraio che in questo modo è ripescato ad hoc (si pensi ad una lite non più pendente al 1° gennaio 2023, in quanto con i termini di appello scaduti al 20 dicembre 2022 e “riesumata” mediante tale disposizione). Misteri della fede.

Ad ogni buon conto il legislatore richiama espressamente gli atti impositivi in cui è parte l’Agenzia delle entrate, con ciò dunque non consentendo, almeno sembra, la conciliazione agevolata nel caso di liti avverso gli atti riscossivi (ossia nel caso di Agenzia delle Entrate chiamata in giudizio in relazione a contenziosi attivati avverso le cartelle di pagamento della riscossione).

Il terzo comma infine sembra il più “umano”, in quanto afferma che per gli avvisi di accertamento e gli avvisi di rettifica e di liquidazione definiti in acquiescenza, ai sensi dell’articolo 15  del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, nel periodo compreso tra il 2 gennaio e il 15 febbraio 2023, per i quali è in corso il pagamento rateale, gli importi ancora dovuti, a titolo di sanzione possono essere rideterminati, su istanza del  contribuente entro la prima scadenza successiva, nella misura di 1/18. Resta fermo il piano di pagamento rateale originario (8 o 16 rate) e non sono, in ogni caso, rimborsabili o rideterminabili le maggiori sanzioni già versate.

 

Causa ostativa per la regolarizzazione degli omessi versamenti riferiti ai precedenti accordi con il fisco

L’articolo 18 interviene nell’ambito della regolarizzazione degli omessi versamenti riferiti ai precedenti accordi chiusi con il fisco ante 2023. Trattasi in particolare delle rate, differenti dalla prima, degli accordi di adesione o mediazione o ancora delle intervenute acquiescenze, nonché dei pagamenti, anche rateali, delle conciliazioni, non adempiuti alle relative scadenze. In riferimento a tali importi, la manovra di bilancio ha previsto la possibilità di procedere al relativo versamento delle sole imposte, senza sanzioni e interessi, ma a condizione che non vi fosse già la cartella di pagamento o l’atto di intimazione. Oggi mediante l’articolo 18 viene precisato che detta causa ostativa deve essere verificata solo ed esclusivamente alla data del primo gennaio 2023, non essendo rilevanti cartelle di pagamento o atti di intimazione notificati successivamente. Pertanto se qualcuno, nel frattempo, si è visto recapitare simili atti ed ha pensato di non poter fruire della disposizione, oggi può subito rimediare operando in due direzioni: i) pagando la rata o le rate omesse mediante la regolarizzazione agevolata; ii) riprendere la rateazione originaria (si ricorda, peraltro, che ogni rata può essere sanata entro la successiva e dunque soprattutto coloro che avevano nel piano di rateazione originario una rata a gennaio 2023 devo affrettarsi a ravvederla entro aprile 23).

Ricordiamo, comunque, un’amara realtà in riferimento a tale disposizione: chi, nel frattempo, è stato sempre regolare nel pagare le rate, inclusive di interessi e sanzioni, non ha alcuna agevolazione e deve continuare a pagare (soffrendo in silenzio, ma con licenza di maledire chiunque).

 

Lo slittamento delle date delle definizioni degli errori formali e del ravvedimento agevolato

L’articolo 19 sposta al 31 ottobre 2023 la data per avvalersi della sanatoria degli errori formali e del ravvedimento agevolato, modificando parzialmente anche le scadenze dei pagamenti rateali previsti dalle disposizioni originarie. Quanto agli errori formali, si ricorda brevemente che trattasi di errori commessi fino al 31 ottobre 2022 caratterizzati da una doppia condizione: 1) in primo luogo non devono aver determinato una modifica nella liquidazione delle imposte; 2) inoltre, non devono essere tali da comportare sul piano sostanziale un impedimento all’azione di controllo del fisco (ad esempio, una omessa dichiarazione, pur senza imposte variate, non rientra nell’errore formale, mentre vi rientra l’errata comunicazione al sistema tessera sanitaria). Sul punto il legislatore semplicemente prevede che la prima rata di pagamento è modificata dal 31 marzo al 31 ottobre 2023, mantenendo inalterata la scadenza della seconda e ultima rata, prevista per il 31 marzo 2024.

Relativamente invece ai ravvedimenti agevolati, confermando che gli stessi possono applicarsi per gli errori commessi in ordine alle dichiarazioni dei redditi riguardanti i periodi fino a quello in corso al 31 dicembre 2021 (escluso dunque il 2022), si modificano sia la data del primo versamento, dando tempo fino al 30 settembre 2023 per le scelte dei periodi e degli errori di ravvedere, sia le date delle rate successive, sempre previste nel numero complessivo di 8 rate, che devono essere versate rispettivamente entro  il  31 ottobre 2023, il 30 novembre 2023, il 20 dicembre 2023, il  31  marzo 2024, il 30 giugno 2024, il 30 settembre 2024 e il 20 dicembre  2024 (sulle rate successive sono dovuti gli interessi nella misura del  2  per  cento  annuo).

Sul tema del ravvedimento agevolato si rinvia al prossimo approfondimento, in sede di commento delle interpretazioni autentiche fornite dal legislatore.

 

La modifica al termine delle definizioni delle liti pendenti e delle conciliazioni agevolate

L’articolo 20 del decreto bollette sposta al 30 settembre 2023 la scadenza della definizione delle liti pendenti e delle conciliazioni connesse (inclusa la rinuncia ai ricorsi in Cassazione), anche in questo caso modificando le date dei pagamenti rateali. Deve subito evidenziarsi che non sono apportate modifiche alla definizione delle liti potenziali, ossia le definizioni connesse agli atti accertativi dell’Agenzia delle Entrate.

Quindi per:

  • gli inviti al contraddittorio;
  • gli accertamenti;
  • gli avvisi di rettifica;
  • gli atti di recupero.

notificati a decorrere dal 1° aprile 2023, con la sola eccezione degli accertamenti derivanti da PVC antecedenti a tale data, non sono più attivabili sia l’adesione sia l’acquiescenza agevolata con riduzione delle sanzioni ad 1/18.

Relativamente alle definizioni delle liti pendenti tutto rimane immutato, sia per quanto concerne la pendenza della lite (da cristallizzare al primo gennaio 2023), sia in ordine al quantum da pagare e ai conteggi da effettuare, soprattutto in presenza di pagamenti effettuati per la riscossione provvisoria (si rammenta che è possibile scomputare non soltanto le imposte, ma anche le sanzioni e gli interessi già pagati).

Le modifiche riguardano soltanto la data di perfezionamento e, di conseguenza, le date strettamente connesse quanto alla presentazione della domanda, alle rateazioni da eseguirsi e agli adempimenti successivi, come ad esempio per l’eventuale diniego della definizione.

Procedendo con ordine, il primo comma della manovra di bilancio 2023 ad essere modificato è il 194, che nella sua nuova versione prevede che la definizione agevolata si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti (o della prima rata) entro il 30 settembre 2023 (se non sono dovuti importi, va prodotta comunque la domanda, da riferire ad ogni controversia autonoma, ossia ogni atto impugnato originariamente). Nel caso di pagamento rateale, fermo restando il numero massimo di 20 rate, si prevede ora che le prime tre siano da versare, rispettivamente, entro il 30 settembre 2023, il 31 ottobre 2023 e il 20 dicembre 2023 e le successive entro il 31 marzo, 30 giugno, 30 settembre e 20 dicembre di  ciascun  anno, restando confermato il divieto di compensazione con eventuali crediti.

È poi previsto che, a seguito di richiesta del contribuente interessato alle definizioni, le controversie sono sospese fino al 10 ottobre 2023 ed è esteso ad 11 mesi il periodo di sospensione, per le controversie definibili, dei termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controricorso in cassazione che scadono tra la data del 1° gennaio e il 31 ottobre 2023. Infine, l’eventuale diniego della definizione potrà essere comunicato dall’Agenzia delle Entrate entro il 30 settembre 2024.

Anche per le conciliazioni agevolate e le rinunce ai ricorsi in Cassazione l’assetto normativo di riferimento rimane immutato. Detto in precedenza della possibilità di avvalersi della conciliazione agevolata in 1° e 2° grado anche in riferimento a contenziosi pendenti tra il 2 gennaio 2023 ed il 15 febbraio 2023, oggi il relativo termine di perfezionamento dell’accordo e di pagamento della prima rata utile viene fissato al 30 settembre 2023, confermando dunque la possibilità di valutare in accoppiata:

  • la definizione della lite (che elimina sanzioni ed interessi e consente le riduzioni delle imposte solo nel caso di vittorie, anche parziali, nei giudicati nel frattempo intervenuti alla data del 1° gennaio);
  • l’eventuale riduzione in conciliazione del quantum accertato, con rideterminazione delle imposte e, a cascata, riduzione proporzionale degli interessi ed abbattimento delle sanzioni rideterminate nella misura di 1/18.

Identiche valutazioni devono farsi per i giudizi in Cassazione, laddove fino al 30 settembre 2023 sarà possibile rinunciare al ricorso previo accordo transattivo con il fisco, con in dote la rideterminazione delle imposte e degli interessi e la riduzione delle sanzioni rideterminate ad 1/18.