Dopo un percorso particolarmente tortuoso, è finalmente giunta a destinazione la riforma del sistema sanzionatorio tributario, che ha visto la luce grazie al D. Lgs. 87/2024. Gli interventi sono molteplici, sia nel contesto del D. Lgs. 74/2000 per quanto attiene ai reati tributari, sia in ambito prettamente fiscale con riguardo al D. Lgs. 471/97 (sistema sanzionatorio) e al successivo D. Lgs. 472/97 (che gestisce il ravvedimento).
In questa sede non si intende analizzare tutti gli interventi proposti, ma almeno dare conto di quelli principali, dovendo anzitutto sottolineare la scelta di fondo del legislatore:
- gli interventi che riguardano i reati tributari hanno effetto retroattivo in applicazione del principio del favor rei;
- gli altri interventi per esplicita previsione normativa trovano applicazione per le violazioni commesse a decorrere dal 1° settembre 2024, generando inevitabilmente un doppio binario nella gestione soprattutto degli eventuali ravvedimenti operosi da porre in essere in futuro (ed almeno fino al termine dell’attività di controllo delle dichiarazioni e degli adempimenti da eseguire fino a tutto il 31 agosto 2024).
Osserviamo dunque quali sono state le principali modifiche e quali gli effetti conseguenti.
Reati tributari: utilizzo crediti d’imposta inesistenti o non spettanti
In ambito penal tributario il legislatore esegue alcune modifiche e/o esplicazioni che appaiono particolarmente significative.
Anzitutto, viene delineato il perimetro distintivo delle fattispecie che configurano l’ipotesi di utilizzo di un credito non spettante rispetto a quelle che attengono ai crediti inesistenti.
Nel primo caso, meno grave, il “credito non spettante” si configura quanto le problematiche sottostanti attengono alla violazione della modalità di utilizzo ovvero ad un eventuale utilizzo in eccesso, o ancora quando il conteggio del credito si fonda su elementi non agevolati, oppure si riscontrano dei difetti amministrativi nelle procedure espletate.
Nel secondo caso, più grave, il “credito inesistente” si configura laddove mancano, in tutto o in parte, i requisiti soggettivi e/o oggettivi per il riconoscimento del credito, ovvero gli stessi siano concretizzati mediante rappresentazioni fraudolente o attuate con documenti materialmente o ideologicamente falsi, simulazioni o artifici.
Deve dirsi che permane una parziale alea di incertezza in alcune casistiche concrete, come ad esempio nell’ambito della R&S in ordine all’eventuale impatto dei costi agevolabili di alcuni dipendenti la cui interpretazione dell’organo verificatore potrebbe essere particolarmente oscillante; ad ogni modo un primo passo verso una demarcazione più logica è stata eseguita (si pensi proprio al caso di ipotetici dipendenti non ritenuti “rilevanti” ai fini della ricerca: in assenza di artifici di sorta, la sola contestazione appare essere l’ipotetica assenza di “elementi agevolabili”, con dunque configurazione del “credito non spettante” e relativo minor impatto non soltanto penale, ma anche sanzionatorio).
Reati tributari: omesso versamento di ritenute e Iva
Il legislatore interviene poi in materia di omessi versamenti di ritenute e IVA, stabilendo anzitutto che i reati in questione di cui agli articoli 10-bis e 10-ter del D. Lgs. 74/2000 non sono punibili se il fatto dipende da cause non imputabili all’autore sopravvenute, rispettivamente, all’effettuazione delle ritenute o all’incasso dell’imposta sul valore aggiunto. A tali fini, il giudice tiene conto della crisi non transitoria di liquidità dell’autore dovuta all’inesigibilità dei crediti per accertata insolvenza o sovraindebitamento di terzi o al mancato pagamento di crediti certi ed esigibili da parte di amministrazioni pubbliche e della non esperibilità di azioni idonee al superamento della crisi.
Dopo di che sono riviste, con apprezzabili novità, le soglie di configurazione del reato, che si concretizza se le omissioni persistono alla data del 31 dicembre dell’anno successivo alla dichiarazione fiscale, dando peraltro risalto all’eventuale presenza di una rateazione.
In particolare è stabilito che:
- per le ritenute la soglia di reato è di 150 mila euro se non è in corso alcuna estinzione, mentre in presenza di rateazione si verifica l’ammontare residuo non superiore a 50 mila euro;
- per l’IVA, la soglia è di 250 mila euro, ma in presenza di rateazione si scende al valore residuo di 75 mila euro.
Viene, inoltre, stabilita la non punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’articolo 131-bis del codice penale, anche in ambito tributario. A tale riguardo, il giudice valuta, in modo prevalente, uno o più dei seguenti indici:
- a) l’entità dello scostamento dell’imposta evasa rispetto al valore soglia stabilito ai fini della punibilità;
- b) l’avvenuto adempimento integrale dell’obbligo di pagamento secondo il piano di rateizzazione concordato con l’amministrazione finanziaria;
- c) l’entità del debito tributario residuo, quando sia in fase di estinzione mediante rateizzazione;
- d) la situazione di crisi ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera a), del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14.
La rateazione assume rilievo anche al di fuori dai casi di non punibilità, posto che viene previsto se prima della chiusura del dibattimento, il debito è in fase di estinzione mediante rateizzazione anche a seguito delle procedure conciliative e di adesione all’accertamento, l’imputato ne dà comunicazione al giudice che procede, allegando la relativa documentazione, e informa contestualmente l’Agenzia delle entrate con indicazione del relativo procedimento penale, affinchè il procedimento sia sospeso. Ciò al fine di fruire delle c.d. attenuanti, attesa la previsione secondo cui le pene sono diminuite fino alla metà e non si applicano le pene accessorie se, prima della chiusura del dibattimento di primo grado, il debito tributario, comprese sanzioni amministrative e interessi, è estinto.
Il doppio binario – penale-fiscale
Infine, si registrano interventi rilevanti nella direzione del superamento, o quantomeno “contenimento”, dell’annosa tematica del c.d. “doppio binario” tra processo penale e processo tributario, sia in ordine alle decisioni assunte, sia in riferimento alle sanzioni irrogate.
Nello specifico:
- è stabilito che le sentenze rese nel processo tributario, divenute irrevocabili, e gli atti di definitivo accertamento delle imposte in sede amministrativa, anche a seguito di adesione, aventi a oggetto violazioni derivanti dai medesimi fatti per cui è stata esercitata l’azione penale, possono essere acquisiti nel processo penale ai fini della prova del fatto in essi accertato;
- allo stesso tempo, la sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi;
- quando, per lo stesso fatto è stata applicata, a carico del soggetto, una sanzione penale ovvero una sanzione amministrativa o una sanzione amministrativa dipendente da reato, il giudice o l’autorità amministrativa, al momento della determinazione delle sanzioni di propria competenza e al fine di ridurne la relativa misura, tiene conto di quelle già irrogate con provvedimento o con sentenza assunti in via definitiva.
Sanzioni applicabili – le principali modifiche
Le modifiche al contesto sanzionatorio erano già state anticipate nel numero di maggio della presente rivista. E’ possibile, pertanto, procedere, a bocce ferme, ad un sunto delle stesse, eseguendo ulteriori puntualizzazioni.
Omessa dichiarazione
Relativamente all’omessa presentazione della dichiarazione, è stabilita la sanzione del 120%.
Viene però introdotto una sorta di meccanismo premiale, riferito al comportamento virtuoso del contribuente. Posto che la dichiarazione omessa si configura quando sono trascorsi inutilmente anche gli ulteriori 90 giorni successivi alla scadenza senza che il contribuente abbia adempiuto, viene evidenziata una riduzione delle sanzioni quando si proceda comunque all’invio del modello entro i termini di scadenza dell’accertamento ed in ogni caso prima che si sia avuta notizia dell’avvio dell’attività di controllo, stabilendosi in questo caso l’irrogazione della sanzione nella misura del triplo della sanzione per omesso versamento di cui all’art. 13 del D. Lgs. 471/97 (tale sanzione è stabilita in misura pari allo 0,83% al giorno, per poi divenire 12,5% dal 15° al 90° giorno di ritardo e stabilizzarsi al 25% per ritardi maggiori; ne consegue che la sanzione al triplo si traduce in 2,49% al giorno, per poi essere 37,5% dopo il 15° giorno di ritardo e divenire alla fine del 75%).
Atteso che in presenza di dichiarazione omesse non è possibile avvalersi del ravvedimento operoso, deriva che:
- in caso di adempimento spontaneo (ossia produzione della dichiarazione dopo i 90 giorni e comunque prima di un controllo, con versamento delle imposte nella stessa evidenziate), le sanzioni al massimo saranno attestate al 75%;
- per gli importi eventualmente oggetto di controllo, le sanzioni saranno attestate al 120%.
Infedele dichiarazione
Un principio analogo è poi fissato per le dichiarazioni infedeli.
Infatti viene ridotta la sanzione applicabile in presenza di un controllo, stabilendo la stessa nella misura del 70% (in luogo dell’attuale sanzione minima del 90%), ma si prevede che in caso di adempimento spontaneo del contribuente prima dell’avvio di un controllo di cui abbia formale conoscenza, si applica la sanzione dell’articolo 13 dapprima richiamata, ma in misura doppia (e non tripla). Pertanto le sanzioni sono pari all’1,66% al giorno, per poi divenire 25% dopo i 15 giorni di ritardo e attestandosi al 50% oltre i 90 giorni di ritardo.
Non vi è dubbio che è un dedalo di numeri abbastanza complicato, ma possiamo anticipare che l’effetto riduttivo, soprattutto in presenza di un ravvedimento, è rilevante.
La modifica alla sanzione per infedele dichiarazione esplica poi effetti anche in altre direzioni, dovendo rammentare che:
- per la cedolare secca, è prevista l’irrogazione di una sanzione in misura doppia rispetto a quella prevista per l’infedele dichiarazione, che, giusto a titolo di esempio, in caso di controllo a questo punto si attesta al 140%;
- analogo effetto lo si ottiene per i redditi esteri realizzati in paesi black list;
- si modifica la sanzione per le ipotesi fraudolente, che si concretizza con la maggiorazione dal 50% al 100% della predetta sanzione da infedele dichiarazione, con dunque sanzione irrogabile dal 105 al 140%;
- si modifica anche la sanzione per le ipotesi di errori di competenza, atteso che si conserva la riduzione di 1/3 della sanzione irrogabile dall’ufficio a seguito di accertamento, divenendo pertanto la stessa una sanzione del 47,5%. Sul punto si rammenta che tale sanzione non può mai essere assunta dal contribuente in sede di ravvedimento, perché per la relativa applicazione si richiede la verifica dell’ufficio del conclamato errore di competenza temporale.
Redditi in paesi black list
Relativamente invece ai redditi detenuti in paesi white black list, il legislatore ha abrogato la maggiorazione di un terzo e, dunque, la sanzione irrogabile sarà sempre quella da infedele dichiarazione come prima descritta e non più quella attuale del 120%. Per Ivie e Ivafe, invece, restano validi i chiarimenti della circolare n. 82 del 2020, applicandosi sempre la sanzione da infedele dichiarazione come prima illustrata.
Orbene, prima di analizzare le modifiche all’istituto del ravvedimento, che poi diviene fondamentale per comprendere il corretto comportamento da tenere, è evidente senza timore di smentita una verità emergente: il sistema delineato, per quanto “più leggero” in termini assoluti, è un vero e proprio ginepraio. Chi vivrà (o sopravviverà), vedrà.
Il ravvedimento operoso – le novità
Il nuovo articolo 13 del D. Lgs. 472 del 1997 è diverso dall’attuale soprattutto per le previsioni afferenti l’avvio del controllo e la progressione degli atti ricevibili dal contribuente.
In estrema sintesi, l’istituto non muta per gli adempimenti eseguiti al massimo entro il termine di presentazione della dichiarazione successiva. Infatti:
- nel caso di adempimenti eseguiti nei primi 30 giorni dalla scadenza, si ottiene la riduzione ad 1/10 della sanzione applicabile;
- per gli adempimenti eseguiti tra il 31° e il 90° giorno di ritardo, la riduzione della sanzione è ad 1/9;
- per gli adempimenti oltre il 90° giorno ed entro il termine di presentazione della dichiarazione successiva, la riduzione è ad 1/8.
Cambia, invece, la riduzione per gli adempimenti successivi, posto che se al momento sono previsti due step diversi, ossia:
- riduzione ad 1/7 per chi regolarizza entro la scadenza della seconda dichiarazione successiva
- riduzione ad 1/6 per le correzioni entro il termine di accertamento,
in futuro avremo solo la riduzione ad 1/7 senza limiti di tempo, fatta salva però l’ipotesi di ricezione di un atto del controllo (ovviamente si rammenta che il ravvedimento è operabile fino a che il contribuente non sia raggiunto da un atto impugnabile, quale un avviso di accertamento o un atto di irrogazione sanzioni).
In presenza di atti del controllo, invece, si hanno le seguenti riduzioni:
- ad in 1/6 in presenza di uno schema d’atto (in sostanza la nuova procedura prevista per il contraddittorio con il contribuente), non preceduto da un PVC;
- ad un 1/5 in presenza di un PVC, senza schema d’atto;
- ad 1/4, in presenza di uno schema d’atto seguente ad un PVC.
Sul punto due rapide riflessioni.
In primo luogo si rammenta che per i PVC è prevista anche l’integrale definizione dei rilievi nello stesso contenuti, con riduzione delle sanzioni ad 1/6. Quindi il contribuente ha piena facoltà di scelta se:
- definire tutto, avendo una riduzione delle sanzioni maggiori e una chiusura della problematica;
- oppure optare per la riduzione ad 1/5 ma scegliendo i rilievi da ravvedere (ossia quelli che ritiene condivisibili), optando per il prosieguo in contenzioso per gli altri rilievi.
In secondo luogo, è evidente che fino a quando non si avrà un atto del controllo, il ravvedimento resterà ancorato alla riduzione ad 1/7, anche se la sanzione nel frattempo si è ridotta al 70% in quanto il controllo è stato avviato ed il contribuente ne ha avuto formale conoscenza (si pensi all’avvio della verifica o alla richiesta di produzione documentale).
Cosa ci aspetta – il doppio binario
Fatta questa assai rapida digressione sulle novità, passiamo alle dolenti note. Nell’immediato prossimo futuro bisognerà necessariamente fare i conti con due diverse disposizioni sanzionatorie e due tecniche di ravvedimento, posto che il legislatore ha deciso che, fatta eccezione per le disposizioni in materia di reati tributari, le novità dapprima commentate troveranno applicazione per le violazioni commesse a decorrere dal prossimo 1° settembre 2024.
Sembra un concetto semplice, ma non lo è affatto.
Si pensi già alla prossima dichiarazione dei redditi, riferita all’anno 2023 con scadenza ad ottobre 24. Le violazioni commesse in detto modello dichiarativo saranno esposte alle nuove sanzioni.
Quindi l’omessa dichiarazione avrà la sanzione del 120%, ma in caso di presentazione della stessa, pur dopo i 90 giorni successivi alla scadenza e a condizione che sia eseguita prima di un controllo, avrà la sanzione degli omessi versamenti triplicata (dunque al massimo 75%).
L’infedele dichiarazione, invece, avrà sanzioni che andranno dal doppio di quella degli omessi versamenti (al massimo al 50%), mentre per le integrative prodotte prima dell’avvio di controlli alla misura del 70% post controlli (ferme restando le ulteriori variazioni dapprima descritte nel caso di ipotesi fraudolente, cedolare secca, redditi esteri black list, etc).
Diverso è invece l’approccio per gli omessi versamenti: quelli con scadenza antecedente al 31 agosto, avranno il vecchio sistema sanzionatorio con, dunque, sanzione all’1% al giorno, poi attestata al 15% dopo 15 giorni di ritardo e innalzata al 30% dopo 90 giorni di ritardo. I versamenti con scadenza dal 1° settembre avranno, invece, le nuove misure ridotte (confermandosi che si deve fare riferimento alla scadenza originaria del pagamento).
Ma anche sul fronte del ravvedimento il doppio binario sarà presente fino al termine dell’azione di accertamento per gli adempimenti eseguiti fino a tutto il 31 agosto 2024. Si pensi alle dichiarazioni dei redditi, con un contribuente che nel settembre 2025 decida di ravvedere 2 diverse dichiarazioni, quella riferita all’anno 2021 e quella in corso di trasmissione, riferita al 2023. Ebbene, ipotizzando che trattasi di infedele dichiarazione e che si attivi prima dell’avvio di un controllo, le sanzioni ridotte saranno pari a:
- Per l’anno 2021, sanzione da infedele dichiarazione pari al 90%, riduzione ad 1/6 con dunque sanzione al 15%;
- Per l’anno 2023, sanzione al 50% (ante controllo), con riduzione ad 1/8 (entro il termine di dichiarazione successiva), con dunque sanzione al 6,25%.
Conclusioni
Insomma, se è vero che le sanzioni si riducono di molto, soprattutto in caso di ravvedimento, è evidente che il mal di testa è dietro l’angolo. Ebbene, i consulenti incaricati devono stare molto attenti: ad incarico ricevuto, l’implicazione è garantire la corretta determinazione delle sanzioni e del ravvedimento, con il corollario che eventuali errori saranno di esclusiva responsabilità del professionista, che dovrà necessariamente rimediare. Il rischio concreto è che qualcuno dica che nulla è cambiato, continuando ad applicare il vecchio (più costoso) sistema, ma pur comprendendo le ragioni di fondo, si raccomanda di prestare la massima attenzione alle modifiche intervenute, onde evitare spiacevoli errori e potenziali conflitti anche con il proprio cliente.