La parabola del bonus

Il settore dell’edilizia e i liberi professionisti ne sono convinti: Bonus e Superbonus devono diventare stabili e sostenibili. Ma le risorse per finanziare una domanda in costante crescita non sono sufficienti. Il punto di equilibrio, tra le proposte dei professionisti e il Governo, potrebbe dunque stare nella rimodulazione degli incentivi, con un’aliquota più bassa e differenziata in base ai risultati raggiunti in termini di efficientamento

di Daniele Virgillito

Da Il Libero Professionista Reloaded #8

Bonus e Superbonus devono diventare una componente stabile e sostenibile: è questa l’insistente richiesta che arriva dal comparto dell’edilizia e dal mondo delle professioni. I dati dell’Osservatorio dell’Ance stimano per il 2023, una riduzione degli investimenti del 5,7% dopo l’imponente crescita del 20,1% registrata nel 2021 e del 12% prevista per il 2022. Nel 2020, in piena pandemia, il settore aveva risentito meno di altri della crisi e dunque la proiezione 2023 potrebbe rientrare, senza particolari contraccolpi, nell’alveo della normalizzazione di una performance, fuori dall’ordinario, registrata in precedenza.

Allo studio nuove aliquote

L’inversione del trend, però, potrebbe nascondere pericolose insidie: da una parte è probabile una frenata del Superbonus che dall’inizio dell’anno, a oggi, perderà il contributo delle villette unifamiliari; dall’altra
aleggia l’incertezza sulla concretizzazione delle opere del Pnrr che scontano, soprattutto per effetto del caro prezzi, un ritardo nella realizzazione di circa sei mesi come anche evidenziato dalla neo premier Giorgia Meloni. Nel recente studio “Costs and benefits of the green transition envisaged in the Italian NRRP.An evaluation using the Social Cost of Carbon”, Banca d’Italia fa una panoramica sui bonus edilizi e, soffermandosi sul Superbonus, afferma che l’intero costo della detrazione essendo legato al clima è perfettamente in linea con gli obiettivi che prevedono di destinare almeno il 37% del totale dei fondi stanziati alla transizione verde da parte della Commissione Europea. Secondo il citato studio, però, con l’aliquota al 110% la misura riuscirebbe ad autofinanziarsi solo dal 2100. Lo studio si interroga quindi se, con un’aliquota di detrazione inferiore (viene ipotizzata una detrazione aliquota al 40%), sarebbe possibile raggiungere obiettivi analoghi di riduzione delle emissioni. E in effetti l’ultima legge di bilancio del governo uscente aveva già previsto, tentando di
porre un freno, una contrazione progressiva dell’incentivo fino a un’aliquota “normalizzata” e tale da consentire alla misura di diventare sostenibile finanziariamente e quindi “strutturale” nel medio periodo.

Un’agevolazione da 14 mld di euro

Tale approccio seppur virtuoso potrebbe comunque dimostrarsi insufficiente considerato che il Superbonus, in particolare, drena smisurate risorse sia al livello nazionale sia europeo. L’agevolazione, al livello
europeo, sconta un passivo di quasi 14 miliardi di euro del Pnrr e drena circa 4,5 miliardi di euro del Fondo complementare, arrivando a superare stanziamenti complessivi superiori ai 18 miliardi. A livello
nazionale, sono stati destinati, invece, dal 2020 con il Decreto Rilancio circa 14 miliardi al finanziamento dell’agevolazione. I monitoraggi mensili dell’Enea sono già arrivati a registrare investimenti ammessi a detrazione per oltre 51 miliardi al 30 settembre, ma i saldi di finanza pubblica prevedono di raggiungere al 2036 circa 33 miliardi di euro. E i problemi più importanti riguardano i prossimi cinque anni, su cui si concentreranno detrazioni (già concesse) pari a circa 31 miliardi di euro.

Poche risorse

Secondo numerosi analisti le risorse parrebbero poco bilanciate e insufficienti per far fronte alla domanda attuale e al trend prospettico; il Governo uscente, a onor del vero, ha sempre considerato la misura insostenibile nel tempo. Gli addetti ai lavori, tra cui numerosi esponenti del mondo delle professioni hanno sottolineato, tuttavia, i benefici, sia in termini di maggiori entrate che sociali, dei bonus edilizi. All’indomani
dell’insediamento del nuovo Esecutivo, prosperano pertanto le proposte relative ad un riordino della disciplina delle agevolazioni riservate al comparto dell’edilizia. Quella dei bonus è diventata ormai un racconto che rischia un epilogo tragico: l’annuncio della rivoluzione, il successo iniziale, lo stallo ad una normativa fin troppo benevola e fallace, il conseguente blocco dei cantieri, i timori di dover rimborsare (a prezzi fuori mercato) i lavori di tasca propria, passando per le criticità derivanti dalla mutevole normativa sulla cessione dei crediti e al rapido esaurirsi del plafond fiscale delle banche e fino all’ulteriore capitolo della saga che rischia di ridimensionare, con il suo finale incerto, le aspettative di professionisti ed imprese.

Due strade per gli incentivi

Le ipotesi sull’evoluzione degli incentivi si dipanano su due driver: gli approfondimenti e gli studi che via via si sono susseguiti, riconoscono che gli effetti dei Bonus sul PIL generano benefici inferiori rispetto
alle somme investite da parte dello Stato; le incertezze normative legate al sistema della cessione del credito, già analizzate dal Decreto Aiuti-bis, che rischiano, seppur con il lodevole intento di porre un freno
alle frodi, di danneggiare gli incolpevoli beneficiari che hanno già i cantieri in corso d’opera. Il governo appena insediato è intervenuto affermando, sotto quest’ultimo aspetto, che chi ha ottenuto il diritto al
beneficio non potrà subire ex post alcun nocumento dovuto esclusivamente all’esiguità delle risorse di finanza pubblica. Il primo passo per anticipare le criticità, secondo imprese e professionisti, è quello di
rendere i bonus edilizi strutturali; successivamente, dovranno intervenire modifiche delle aliquote e della platea dei beneficiari ed infine, bisognerà risolvere le incertezze riguardanti la normativa sul tax credit. Il
punto di equilibrio, tra le proposte dei professionisti e Governo, potrebbe raggiungersi nella rimodulazione dell’incentivo, con un’aliquota più bassa, differenziata in base ai risultati raggiunti in termini di efficientamento. Tra le ipotesi più accreditate si parla di un progressivo décalage sull’aliquota in vigore già a partire dal 2023 fino ad arrivare ad una percentuale compresa tra il 60% e l’80%; un orizzonte temporale più lungo e stabile per usufruire dell’incentivo, una agevolazione diversificata in base al reddito del beneficiario e collegata alla natura dell’immobile. Alcuni osservatori hanno elaborato stime di sostenibilità, nel medio periodo, sulla base
di una riduzione dal 110% all’80% per gli interventi sulla prima casa e al 50% per le altre abitazioni; mentre sullo sfondo potrebbe, in extremis, farsi largo l’ipotesi di un emendamento per allungare l’orizzonte dell’incentivo sulle villette. La revisione del Superbonus potrebbe dunque essere inclusa nella prossima Legge di bilancio, insieme al riordino dell’intera materia dei bonus edilizi in modo da tutelare cantieri e pratiche aperte e famiglie e imprese che ne hanno, sino ad ora, beneficiato.