Lavoro autonomo: tante virtu’, ma poca attenzione

Il rapporto della Commissione Ue fa luce su un popolo di 32 milioni di persone La Commissione europea ha pubblicato l’ultimo rapporto sul lavoro autonomo in Europa, riprendendo e analizzando i contributi provenienti da 33 Stati aderenti all’European Employment Observatory. L’analisi dell’Eeo, l’Osservatorio europeo sull’impiego, per il 2010 fotografa attentamente la situazione dei lavoratori autonomi
Il rapporto della Commissione Ue fa luce su un popolo di 32 milioni di persone

La Commissione europea ha pubblicato l’ultimo rapporto sul lavoro autonomo in Europa, riprendendo e analizzando i contributi provenienti da 33 Stati aderenti all’European Employment Observatory. L’analisi dell’Eeo, l’Osservatorio europeo sull’impiego, per il 2010 fotografa attentamente la situazione dei lavoratori autonomi in Europea; dall’impatto della recente crisi economica, ai problemi della categoria, fino al ruolo degli autonomi nel mercato del lavoro.
Secondo l’Osservatorio europeo sull’impiego il lavoro autonomo rappresenta un’importante motore per l’imprenditoria e la creazione di posti di lavoro, contribuendo così al raggiungimento di alcuni degli obiettivi fondamentali dell’Ue, quali la crescita economica e l’occupazione, come ha riconosciuto anche l’European Small Business Act for Europe.
Qualche numero. Il rapporto della Commissione ha censito 32,5 milioni di lavoratori autonomi in Europa nel 2009, quasi il 15% del totale degli occupati: nella maggior parte dei casi si tratta di uomini, il 69,6%, di età superiore ai 50 anni (37,5%), che hanno saputo reggere meglio gli urti della crisi economica. Se, infatti, il lavoro subordinato ha subito una flessione del 2% sul fronte occupazionale, imprenditori e professionisti hanno registrato un calo dell’1%. Ciononostante soltanto il 45% degli europei vorrebbe intraprendere un’attività autonoma, mentre il 49% degli intervistati dichiara di preferire il posto fisso. Quello che sicuramente attrae della libera professione è l’appagamento e la realizzazione personale, l’indipendenza e la flessibilità; tuttavia, preoccupa ancora molto il rischio di impresa e le incertezze per uno stipendio non fisso. Non solo. Le ricerche condotte a livello europeo hanno evidenziato una serie di criticità per i lavoratori autonomi; innanzitutto il rischio povertà è molto più alto che per i lavoratori dipendenti (18% contro 6%), inoltre, allarmanti sono le preoccupazioni per la qualità della vita che spingono la Commissione europea a insistere su ulteriori politiche a sostegno e miglioramento delle condizioni di lavoro. Lo scorso giugno, per esempio, è stata adottata una direttiva europea, che garantisce migliori protezioni sociali, incluso il diritto di congedo per maternità, per i lavoratori autonomi.
L’identikit del lavoratore autonomo europeo potenziale è il seguente: uomo (51% degli uomini preferiscono il lavoro autonomo, contro il 39% delle donne) e giovane (il 52% della popolazione tra i 18 e i 24 anni, percentuale che scende al 46% con riferimento alla fascia di età che va dai 40 ai 54 anni). La figura del lavoratore autonomo è molto più diffusa nei paesi del Sud Europa: Bulgaria, Cipro, Grecia, Italia e Portogallo registrano il più alto numero, di segno opposto la situazione in Belgio, Danimarca, Repubblica Ceca e Svezia. L’agricoltura è il settore che accoglie il maggior numero di lavoratori autonomi (il 19% del totale), seguono poi il commercio all’ingrosso e la vendita al dettaglio con il 17,5%, l’edilizia con il 13,6% e per finire le attività professionali-scientifiche-tecniche con il 10%.
Il rapporto mette in evidenza anche le politiche ed i programmi europei che negli ultimi anni sono stati indirizzati a sostegno dei lavoratori autonomi e delle piccole e medie imprese; nel 2000, la Carta Europea per le piccole imprese, nel 2005 la Strategia di Lisbona per la crescita ed il lavoro, lo Small Business Act for Europe (SBA) del 2008 ed adesso la nuova strategia Europa 2020, che intende promuovere una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva. Si tratta di un ampio pacchetto di interventi che comprende anche misure per fronteggiare la crisi economica, tra questi l’European Progress Microfinance Facility, all’interno dell’European Economic Recovery Plan promosso dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI), che facilita finanziamenti destinati a chi hanno perso o rischia di perdere il lavoro. La nuova strategia Europa 2020 chiede agli Stati membri di rimuovere gli ostacoli al lavoro autonomo, anche se in molti Stati sono già in atto politiche a sostegno di professionisti ed imprenditori, che vanno da diverse forme di finanziamento (sussidi, prestiti, microcredito) fino a corsi di formazione ed attività di consulenza. Tuttavia, il rapporto segnala gravi ritardi, soprattutto nella fase di avviamento di tali attività, dove occorre facilitare l’accesso al credito.
Particolare attenzione deve poi essere posta verso le donne ed i giovani. Nel primo caso, diverse iniziative sono state già avviate a livello europeo, come l’European Network to promote Women’s Entrepreneurship (WES) e l’European Network of Female Entrepreneurship Ambassadors e la direttiva del giugno scorso che incoraggia la presenza femminile nell’imprenditoria e nell’universo delle professioni liberali, per colmare la differenza di genere ancora troppo alta.

 

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