Complottismo: radici e rimedi

La rubrica Progetto Spazio Psicologico a cura di PLP

di Antonio Zuliani
Psicologo psicoterapeuta
Membro del CEN dell’Associazione Psicologi Liberi Professionisti

 

 

Le idee complottiste e cospirative esistono da sempre (Helinger, 2019), anche se pensare che lo sbarco sulla luna non sia mai avvenuto ha conseguenze ben diverse dal pensare che il Covid non esista; analogamente aderire alle teorie di QAnon o esaminare con grande attenzione ogni notizia che ci giunge.

Se in alcuni contesti l’adesione a idee complottiste può danneggiare solo gli adepti, che possono essere spinti a isolarsi da amici e familiari, in altri arriva ad avere conseguenze socialmente negative come nel caso dell’attacco Capitol Hill o il rifiuto a vaccinarsi del personale sanitario.

Le cause del complottismo

Il complottismo è un fenomeno che va analizzato con attenzione, anche perché oggi sembra avere un momento di crescita dovuto alla situazione di incertezza e di insicurezza che viviamo a causa della pandemia in atto. Inoltre, la crescente preoccupazione per la perdita di status sociale, determinata dalla conseguente crisi sociale ed economica, diviene uno dei fattori predisponenti di questo fenomeno (come già segnalavano Mancosu, Vassallo e Vezzoni nel 2017).

Se ci sentiamo in qualche modo minacciati sia sul piano fisico sia su quello sociale, siamo propensi a ricercare e a ritrovare in molti segnali esterni l’agente minaccioso che possa spiegare il nostro sentire. Non occorre che esista concretamente una minaccia reale: questo meccanismo si attiva per il fatto stesso che siamo in ansia o preoccupati. Una delle forze delle teorie complottiste è di permettere di dare ordine a tutti gli elementi esterni percepiti come confusivi e arrivare a contenere la relativa ansia.

Un altro elemento rilevante è il vissuto di perdita di potere che le persone provano, che arriva ad avvalorare l’ipotesi che la causa di ciò sia nell’esistenza di centri di potere occulti che guidano il destino di tutti. Anche questo non è un fenomeno nuovo (pensiamo ai Protocolli dei Saggi di Sion); oggi si sta diffondendo in modo significativo l’idea che esista un potere smodato in mano ad altri, e questo induca alla paura (che si chiami “Cabal” oppure “Deep State”). L’aspetto delicato sta nel fatto che questa paura, invece di cercare un allentamento verso una strada di maggior partecipazione democratica, spinge a credere a tesi complottistiche sempre più globali e potenti e ad attendere l’inevitabile “Storm” (tempesta perfetta) che un leader forte riuscirà a creare ripristinando la “verità”.

Cosa possiamo fare

Sono tante altre le cause, anche legate allo stesso funzionamento della mente, che favoriscono il complottismo e sulle quali torneremo con un successivo contributo. Qui vediamo due strategie sociali utili a contenerlo.

La prima consiste nel comprendere le radici di queste scelte senza colpevolizzarle o, peggio, ridicolizzarle. Con le persone che le vivono occorre mantenere aperto un dialogo, altrimenti le stesse ragioni che le hanno determinate ne aumenteranno la portata.

In secondo luogo occorre rendere l’informazione più autorevole e fidata: aspetto purtroppo particolarmente carente in questo periodo pandemico.