Psicologia nel quotidiano: dono o regalo?

La rubrica Progetto Spazio Psicologico a cura di PLP

di Rosalba Contentezza
Psicologa e psicoterapeuta, MBCT trainer, Presidente PLP Sicilia

Le neuroscienze ci insegnano che gli stimoli visivi in 13 millisecondi raggiungono la struttura ipotalamica, attivando una particolare struttura cerebrale deputata alla gestione delle emozioni prima di essere processati dalle strutture cerebrali cognitive. Il nostro primo impatto con gli stimoli esterni è sempre a base emotiva. Come dice il Prof. Damasio, non siamo macchine pensanti che si emozionano ma macchine emotive che pensano.

Sulla base di queste competenze, finalmente comprovate dal mondo scientifico, possiamo provare a guardare con occhi nuovi i nostri comportamenti semplici e quotidiani, magari portando una gentile curiosità nella comprensione di noi stessi e del mondo umano al quale prendiamo parte e sperimentando direttamente di cosa si occupano le scienze psicologiche.

Qual è la differenza fra un dono e un regalo? Riusciamo a percepire le differenze di significato fra queste due azioni apparentemente identiche?

Il dono, la cui etimologia rimanda all’antico sanscrito, è un’azione generosa svincolata dall’aspettativa di un vantaggio. Nasce come gesto spontaneo, quasi istintivo, legato ad un valore affettivo prima ancora che economico: il donare germoglia nello sguardo amorevole dell’altro. Qualcuno che spontaneamente si ritrova ad avere un’altra persona al centro della propria attenzione in quel preciso momento e alla quale innanzi tutto sta donando il proprio tempo, il proprio spazio mentale e le proprie attenzioni. Come se attraverso il dono si potessero abbattere le barriere spazio temporali fra due individui e si potesse ricreare la particolare dimensione emotiva dello “stare con”.

Ricevere un dono è come ricevere questo sguardo gentile, autentico e carico di affetto con il quale l’altro ci comunica di averci pensato, di averci visti e di averci riconosciuti anche quando non eravamo fisicamente insieme. In questa particolare esperienza ci sentiamo appagati e grati dell’esperienza in sé a prescindere dalle qualità intrinseche del dono stesso. Può essere un messaggio, un biglietto o un oggetto che ci identifica talmente da essere riuscito a renderci presenti nell’altro. A molte persone, infatti, risultano molto graditi i doni inattesi, le piccole sorprese.

L’etimologia del regalo si lega alle antiche consuetudini delle offerte dovute al Re, un atto atteso, dovuto, il cui scopo è rendersi preziosi agli occhi di una persona importante, una sorta di omaggio promozionale. Il regalo ha i toni di una ufficialità che non appartiene al dono, spesso legato ad occasioni ufficiali o ricorrenze e il più delle volte è strettamente connesso ad un valore economico dell’offerta.

L’oggetto offerto può essere identico ma il suo contenuto comunicativo è profondamente differente in termini di significato. In un caso chi offre è già appagato del suo offrire, nell’altro la soddisfazione è legata alla speranza di ottenerne un vantaggio.

Alla luce di queste piccole considerazioni iniziali si aprono molteplici chiavi di lettura che danno la possibilità di riflettere su come questa azione si può svolgere dentro di noi e nell’altro, portando ad esiti profondamente differenti.

In un’epoca orientata sui consumi e sul valore economico, rischiamo di confondere facilmente il sistema valoriale delle due azioni (valore affettivo vs economico) non riuscendo più a distinguere il messaggio ed il significato originario, frastornati e confusi fra sentimenti autentici e azioni “dimostrative”.

Ma adesso abbiamo più chiaro che è il come e non il cosa a definire l’azione; il prossimo sarà un dono o un regalo?