Arriva la banda

Il Pnrr ha messo sul piatto oltre sei miliardi di investimenti per le infrastrutture digitali del nostro Paese. Scuole, ospedali, territori, imprese e professionisti sono al centro della Strategia italiana per la banda ultra larga che vede impegnato il Ministero dello sviluppo economico. Parla la sottosegretaria Ascani

di Giovanni Francavilla. Da il Libero Professionista Reloaded #5

 

«Il Pnrr ha previsto 6,7 miliardi di euro di investimenti per completare l’infrastrutturazione digitale del nostro Paese: un’occasione storica che siamo chiamati a capitalizzare nel migliore dei modi. Per questo abbiamo pianificato una serie di interventi, in coerenza con la Strategia Nazionale per la Banda Ultra Larga, che richiederanno un’importante azione di monitoraggio, ma la cui realizzazione entro il 2026 rappresenterà un’implementazione infrastrutturale fondamentale per il nostro Paese».

La sottosegretaria del Ministero dello Sviluppo Economico, Anna Ascani, è una delle poche persone in Italia che hanno in mano le chiavi per far correre imprese e cittadini sulle autostrade digitali del prossimo futuro. Sulla sua scrivania passano i dossier più caldi: il Pianto Italia 1 Giga, Italia 5G, Scuole e Ospedali Connessi, fino alle Isole Minori. E per non perdere l’orizzonte del 2026, la deadline del Pnrr, ha deciso di accelerare sulla digitalizzazione del sistema produttivo, uno dei terreni che vede arrancare il nostro Paese rispetto ai competitor europei. E una delle ultime “misure” è il Piano voucher per le imprese per favorire la connettività a internet ultraveloce, recentemente esteso anche ai liberi professionisti.

Come procede l’attuazione del Piano voucher e qual è la risposta delle imprese?

Il Piano Voucher per le imprese è una misura che ha richiesto non solo un’attenta opera di interlocuzione a livello comunitario e di pianificazione delle risorse, ma anche un’analisi relativa alle modalità di riparto dei contributi sulla base delle categorie di servizi attivati, in modo da fornire la possibilità alle imprese richiedenti di usufruire di un concreto upgrade prestazionale. Ad oggi, tra risorse prenotate ed attivate, siamo arrivati a circa il 10% della disponibilità della misura. Ci attendiamo un progressivo incremento del livello di adesione grazie anche ad una maggiore attività di comunicazione.

Il voucher è stato esteso anche ai professionisti. Quante adesioni vi attendete?

L’estensione della platea dei beneficiari del voucher imprese anche ai liberi professionisti ed alle ditte individuali è un segnale di attenzione importante, da cui ci attendiamo un riscontro sicuramente positivo. In sede di estensione della misura ai professionisti abbiamo provveduto ad articolare l’allocazione dei contributi sulle tipologie di voucher con maggiore richiesta, in modo da assicurare la capienza per ogni tipologia di connettività. Tuttavia in questa fase di primo avvio è prematuro stabilire dei target minimi di risultato.

La digitalizzazione rappresenta una delle grandi sfide nel processo di transizione verso il professionista 4.0, che richiede però importanti investimenti. Sono allo studio misure per favorire lo sviluppo di competenze digitali negli studi professionali?

Sicuramente la possibilità per i liberi professionisti di richiedere il voucher connettività è un segnale positivo in questa direzione. È vero, la digitalizzazione spesso richiede capacità di programmare e sostenere investimenti.

Tuttavia non è ipotizzabile che tali processi siano nella disponibilità delle sole grandi imprese. Proprio per questo, il Mise si sta attrezzando per rafforzare l’ecosistema dell’innovazione, agendo in particolare sulle strutture di partenariato pubblico-privato per il sostegno ai processi di innovazione e di trasferimento tecnologico delle imprese.

Mi riferisco a realtà come i Competence Center, i Digital Innovation Hub, i Punti Impresa Digitale, gli European Digital Innovation Hub. Una rete di prossimità territoriale dell’innovazione che intendiamo rafforzare nel prossimo futuro e che fornirà supporto proprio a quelle realtà che non possono sostenere internamente il processo di rinnovamento digitale.

Esiste un grande divario nell’applicazione di tecnologie digitali tra grandi e piccole imprese. Ma il tessuto produttivo italiano (e quindi anche le professioni) è pronto al salto verso il digitale?

Il tessuto produttivo italiano è un universo variegato, costituito da moltissime micro e piccole imprese, spesso incubatrici di innovazione, e medie e grandi realtà imprenditoriali. La digitalizzazione intesa non come necessità del momento, bensì come leva per conseguire una maggiore e sostenibile innovazione è certamente ben radicata nelle volontà dei nostri imprenditori. La consapevolezza quindi si c’è, è ben presente. Dobbiamo creare i presupposti affinché il processo di transizione digitale sia il più agevole possibile.

La Strategia nazionale per la digitalizzazione punta a ridurre il gap infrastrutturale e di mercato, tuttavia si registrano ancora ritardi su diversi fronti. Secondo i dati DESI 2021 la copertura e la penetrazione delle reti a banda ultra larga sono rispettivamente pari al 33,7% e al 28,4%, contro una media Ue pari al 59,3%. Come si pensa di ridurre questa distanza rispetto all’Europa?

L’ultimo DESI Index non è certamente esaltante per le aspirazioni del nostro Paese, anche se fotografa una situazione di deciso miglioramento, un upgrade prestazionale tangibile. Dobbiamo e soprattutto possiamo fare di più, non solo per scalare posti in classifica, quanto piuttosto per fornire a cittadini, imprese e territori l’accesso ai servizi di digitalizzazione di cui hanno bisogno e aggiungerei diritto.

Il nostro orizzonte temporale è chiaro: il 2026. Ed è proprio con questo obiettivo che stiamo convogliando le nostre migliori energie per imprimere nei prossimi anni un salto qualitativo strutturale nella connettività del Paese.

Un altro elemento di criticità è la scarsa alfabetizzazione digitale di famiglie e imprese e anche dei professionisti. È un problema culturale o di risorse, e come si può risolvere?

La scarsa alfabetizzazione digitale delle famiglie è certamente un dato di fatto, basti pensare che le competenze digitali di base sono diffuse nel 42% della popolazione a fronte di una media Ue del 56%.

Tale ritardo è nato probabilmente da un insieme di difficoltà, in parte delle dotazioni informatiche nelle scuole, in parte per l’impegno economico richiesto alle famiglie per sostenere abbonamenti e l’acquisto di device.

Oggi queste barriere all’ingresso sono diventate più gestibili, anche grazie all’esponenziale tasso di pervasività del digitale nella vita quotidiana. Sono confidente quindi che questi elementi, insieme ad una maggiore attenzione ai percorsi di studio STEM, potranno in breve tempo aiutarci a colmare il gap con l’Europa.

Esiste anche un gap nell’adozione di tecnologie digitali avanzate tra le diverse Regioni, tenuto conto anche dei tempi medi – molto elevati – per ottenere i permessi autorizzativi. Come si può abbattere la burocrazia in questi casi?

I tempi autorizzativi per il rilascio dei permessi di infrastrutturazione hanno sicuramente influito sulle tempistiche di realizzazione di piani di intervento come il Progetto Banda Ultra Larga. Tuttavia negli ultimi anni sono stati adottati dei dispositivi volti a semplificare alcuni di questi processi. Naturalmente questa azione di semplificazione, per quanto ben avviata, non può dirsi conclusa.

Come Governo e in particolare come Mise manteniamo infatti un costante raccordo con i soggetti coinvolti dal processo di infrastrutturazione digitale, sia pubblici sia privati, proprio per comprendere eventuali ulteriori implementazioni volte ad assicurare il rispetto della normativa corrente con tempistiche certe.