Evoluzione digitale

Le tendenze in atto nel contesto socioeconomico, spinte dalla digitalizzazione, delineano una nuova vision per il sistema delle professioni in Italia. Crisi finanziarie, polarizzazione della ricchezza, cambio generazionale, network e piattaforme e rilocalizzazione del lavoro accelerano i cambiamenti strutturali del professionista 4.0. Che cosa dice lo studio realizzato da The European House – Ambrosetti per Confprofessioni. Dal quinto numero de "il Libero Professionista Reloaded", la rivista digitale di informazione e cultura, edita da Lp Comunicazione e promossa da Confprofessioni

di Alessandro De Biasio, partner responsabile della practice Strategy di The European House – Ambrosetti

da il Libero Professionista Reloaded #5

 

Poche epoche sono state segnate da cambiamenti così profondi nei costumi, nei comportamenti e nelle dinamiche sociali – in tempi così brevi – come quella attuale. L’impatto dell’introduzione del digitale su scala globale (quale strumento di lavoro e, prima ancora, di comunicazione, a tutti i livelli) è stato impressionante. In soli 15 anni è cambiato definitivamente il modo in cui interagiamo tra di noi, discutiamo di temi di rilevanza politica e sociale, costruiamo reti di relazione, operiamo all’interno di gruppi di lavoro. Molti di noi vivono costantemente online.

La recente pandemia ha ulteriormente amplificato questa tendenza, dimostrando l’impossibilità di prescindere dagli strumenti messi a disposizione dalla tecnologia per condurre la nostra vita e i nostri affari. È così che l’analisi dei cambiamenti in corso nel sistema delle professioni si contestualizza e assume significato solo alla luce di una serie di macro-trend di fondo, tutti abilitati, accelerati o potenziati nei loro impatti dalla digitalizzazione.

Cinque trend evolutivi

Cinque sono, in particolare, le dinamiche di scenario che a noi sembrano destinate ad avere maggior impatto sull’evoluzione delle professioni.

Innanzitutto, la frequenza e profondità delle crisi economico-finanziarie che si sono succedute nell’arco degli ultimi anni. Viviamo in un’epoca caratterizzata da crescente incertezza e volatilità, con crisi globali che si succedono a ritmo accelerato e sempre più ravvicinato. Ciò comporterà – in prospettiva – non solo maggior fluidità sociale, con riferimento agli stili di vita, ma anche significativi cambiamenti nei processi economici, con elevati tassi di evoluzione (e rivoluzione) dei modelli di business e, in generale, sempre maggiori necessità di adattamento.

La stabilità del passato, quando i cicli economici (talvolta anche molto severi, nei momenti negativi) si succedevano a ritmi abbastanza prevedibili, sembra un ricordo. La parola chiave è oggi discontinuità, non solo nelle dinamiche macroeconomiche, ma anche in quelle settoriali, dove i tassi di mortalità delle imprese sono in aumento e i fenomeni di concentrazione sempre più marcati.

Le conseguenze, per il sistema delle professioni, sono già oggi visibili: l’aumento del tasso di obsolescenza delle skill professionali e, di conseguenza, delle esigenze di reskilling e upskilling, associato ad una minor capacità di retention stabile dei talenti; al tempo stesso, l’esigenza di ridisegnare i sistemi di offerta, per fornire ai clienti servizi e strumenti per far fronte alla gestione rapida ed efficace di problemi complessi e situazioni di crisi derivanti da eventi straordinari.

Vi è poi una dinamica di polarizzazione della ricchezza. Si assiste, ormai da qualche decennio, su scala globale, ad un fenomeno di fortissima disuguaglianza nella distribuzione dei redditi, con l’impoverimento progressivo della classe media, particolarmente in Italia. Questo fenomeno è destinato a produrre impatti rilevanti sulla struttura economica dei Paesi occidentali ed anche sulla tenuta dei sistemi di welfare. D’altra parte, sul mercato delle professioni, si amplierà la forbice delle possibili segmentazioni di clientela, lasciando spazio a maggior creatività nella determinazione di prodotti e servizi e nella definizione dei modelli di pricing.

Anche il cambio generazionale, sottolineato nella sua entità dall’effetto dei salti tecnologici, non va sottovalutato, soprattutto con riferimento all’attitudine di Millennials e Gen Z a sfruttare al meglio gli strumenti digitali. In questo ambito si verifica un vero e proprio terremoto: cambia la capacità di apprezzare il valore aggiunto delle proposte di valore digitali, la propensione a pagare per l’utilizzo anziché per la proprietà di beni e servizi e ad apprezzare la valenza simbolica degli acquisti, la maggiore attenzione al livello di servizio, l’abitudine a prendere decisioni di consumo consapevoli considerando fonti informative molto ampie (sempre più digitali) ed, infine, la customer loyalty (minore, sostituita da una significativa fedeltà a temi di eticità e sostenibilità ambientale e sociale).

Per il sistema delle professioni, le principali implicazioni potranno riguardare l’esigenza di ottimizzare la proposta di multicanalità e le opportunità di monetizzazione di relazioni continuative (ad esempio, abbonamenti e pacchetti), attraverso la costruzione di adeguati meccanismi di ritenzione dei clienti.

Se ci avviciniamo ulteriormente alle dinamiche competitive e di business, non possiamo dimenticare di vivere all’interno di una network society caratterizzata dalla presenza di piattaforme digitali globali di cui facciamo quotidianamente uso nella nostra vita personale e professionale. Non solo viviamo una realtà nella quale la domanda di velocità/istantaneità nella circolazione di beni, servizi e informazioni è un fatto decisivo, ma dove il progressivo spostamento dell’attività sul canale digitale impone nuovi approcci relazionali, di gestione della reputazione (anche digitale), di comunicazione, nella consapevolezza  di dover competere in un contesto più trasparente, maggiormente competitivo, contrassegnato da minor customer loyalty e più facile accesso da parte del cliente a servizi professionali concorrenti.

Da ultimo, non va sottovalutato l’impatto dei processi di rilocalizzazione del lavoro. Il venir meno delle barriere geografiche (fenomeno anch’esso abilitato dalla digitalizzazione), rende possibile una diversa configurazione dell’attività lavorativa, rimette in discussione la sostenibilità del modello di accentramento nelle grandi aree urbane e metropolitane in atto prima della pandemia, modifica i confini delle arene competitive, con l’aumento dell’orizzonte di accessibilità del professionista e l’aumento delle opportunità di collaborazione e aggregazione grazie all’abbattimento della barriera geografica.

Quale ruolo per il professionista 4.0

Il convergere di queste tendenze, che presentano in questa fase tratti di accelerazione, modifica lo scenario in modo strutturale, determinando l’esigenza di riaprire un dibattito (anche istituzionale) sul ruolo delle professioni all’interno del contesto sociale ed economico.

È soprattutto l’adozione del digitale (lo abbiamo sottolineato) come fattore abilitante di maggior competitività e incremento della redditività a ridisegnare la mappa competitiva, con conseguenze profonde e strutturali.

Ad oggi, tra gli aspetti che meritano una riflessione in vista dell’individuazione di soluzioni operative, vi sono:

  • il venir meno delle condizioni che garantivano la centralità sociale del professionista nel sistema economico e la conseguente necessità di individuare (e revisionare a fondo) i meccanismi competitivi e di sostenibilità. L’insieme dei fattori fin qui declinati, rende indispensabile una riflessione sulle caratteristiche tecniche e organizzative dell’attività professionale, da affrontare e risolvere in funzione delle specifiche situazioni. Restare fermi, però, non è – a tutta evidenza – una soluzione;
  • l’esigenza di riposizionamento del sistema delle professioni in termini di generazione di valore. In molti ambiti, le relazioni tra attori economici sono cambiate in modo irreversibile, introducendo nuovi modelli di generazione del valore, di cui è bene essere consapevoli. Il digitale, con la sua capacità di automatizzare (e talvolta rendere commodity) i servizi a valore aggiunto cambia per sempre le regole del gioco;
  • la definizione di modalità ottimali di attrattività di competenze qualificate e la gestione della competizione per l’acquisizione delle competenze e dei talenti. La “guerra” dei talenti in Italia si sta facendo sempre più aspra, complice una dinamica demografica avversa. Nel panorama economico contemporaneo, è su questo versante che si vince (o perde) la partita: i settori ed i mestieri che non saranno in grado di garantire un fisiologico ricambio generazionale attraendo le migliori competenze sono destinati a soccombere, vedendo ridotto il loro peso e la loro incidenza prospettica. Va dunque considerato il dato della minor attrattività delle professioni su base esclusivamente economica e l’esigenza di individuare ragioni più profonde (purpose) per l’attrazione dei migliori talenti professionali;
  • lo sfruttamento ottimale delle opportunità rese accessibili dall’abbattimento dei confini geografici. Il digitale apre spazi inaspettati, ridisegnando la geografia dei mercati, creando enormi opportunità, ma esponendo allo stesso tempo a rischi inattesi;
  • i meccanismi di anticipazione dei bisogni del cliente e le competenze a questo fine necessarie. In una situazione di scenario così fluida, saranno premiati gli attori economici capaci di individuare tempestivamente le nuove aree di bisogno.

Lo studio prodotto da The European House – Ambrosetti non vuole proporre “ricette” o soluzioni pronte all’uso. Intende sollevare e fare chiarezza sugli aspetti dell’attualità giudicati maggiormente problematici nella convinzione che quella straordinaria realtà che è nel suo complesso il mondo delle professioni italiano disponga di tutte le risorse necessarie a trovare adeguate risposte alle sfide che ha di fronte, per affrontare con successo i prossimi decenni.