I fatidici primi 100 giorni

Legge di bilancio, Pnrr e riforme sono le mine che il prossimo Governo dovrà disinnescare. Per dare credibilità al Paese e sostenere l’economia. Non sarà facile, perché la crescita rallenta e il deficit è in salita, riducendo i margini di manovra del nuovo esecutivo, già gravato da un’ipoteca di 40 miliardi.

di Gaetano Scognamiglio, da il Libero Professionista Reloaded #7

Le elezioni del 25 settembre hanno sancito la vittoria della coalizione del Centro Destra, già preannunciata dalla maggior parte dei sondaggi preelettorali e confermata nelle urne. Il nuovo Governo avrà una larga maggioranza sia alla Camera che al Senato e dunque, sul fronte politico, il futuro dovrebbe essere stabile. I problemi immediati sono quelli sul fronte delle politiche economiche, dove lo scenario nazionale e internazionale porterà a scelte per certi aspetti obbligate, almeno nel breve periodo.

Venti di recessione agitano l’Europa

Incertezze dovuta alla guerra in Ucraina, caro-energia, inflazione: sono solo alcuni dei principali fattori che stanno determinando una contrazione dell’attività economica dell’Eurozona. Con la stretta sui tassi
di interesse da parte delle banche centrali per combattere l’inflazione, i timori per l’andamento dell’economia mondiale si stanno riflettendo sui mercati finanziari originando una caduta dei titoli obbligazionari, flessioni del 2-3% per gli indici azionari, una forte contrazione dei prezzi delle materie prime e la corsa al dollaro come asset rifugio.

I principali Paesi europei risentono fortemente delle tensioni in Ucraina e sono in grande difficoltà: in Gran Bretagna, che pure non è soggetta ai vincoli di bilancio Ue, l’inflazione è ai massimi da 30 anni e la sterlina è precipitata ai minimi dal 1985 sul dollaro, dopo il maxipiano di riduzioni fiscali annunciato al governo di Liz Truss per stimolare l’economia. In Francia il Pil è sostanzialmente fermo, registrando una crescita pari a zero nel primo trimestre 2022 e si temono razionamenti di elettricità, dovuti essenzialmente al cattivo stato di manutenzione delle centrali nucleari (30 dei 56 reattori nucleari in Francia sono fermi).

In Germania, il Paese più colpito dalla crisi energetica, è stato appena varato un piano di 65 miliardi per aiutare le famiglie e le imprese, ma in agosto l’inflazione è salita al 7,9% su base annua e secondo la Bundesbank il Pil nel 2023 potrebbe subire una contrazione pari a -1,9%, con una stagnazione già a partire dalla fine di quest’anno.

Un’ipoteca da 40 miliardi
In questo contesto il nuovo esecutivo italiano, da un lato, eredita una situazione economica contrassegnata da una crescita positiva e superiore alle attese nel 2021 (+3,3%). Con un deficit fermo nel 2021 al -7,2% del Pil e un saldo primario al -3,7%, la ripresa 2021 è stata trainata da domanda interna e investimenti, cresciuti del 16,5%. Il valore aggiunto è aumentato del 21,6% nelle costruzioni e dell’11,5% nell’industria, mentre servizi (+4,6%) e agricoltura (-1,3%) hanno avuto risultati più modesti.

Su versante delle previsioni, tuttavia, la Nota di aggiornamento al Def, preparata dal Governo Draghi a politiche invariate, stima una crescita per il 2022 inferiore all’1%. La frenata è attesa già a fine 2022 e nel 2023 il deficit tornerà sopra il 5%, riducendo di circa 20 miliardi gli spazi di partenza per la prima legge di bilancio del nuovo governo. Secondo le analisi della Cgia di Mestre, il nuovo governo «ha già una ipoteca da 40 miliardi di euro e sarà quasi impossibile mantenere, almeno nei primi 100 giorni, le promesse elettorali annunciate in questi ultimi due mesi; come, ad esempio, la drastica riduzione delle tasse, la riforma delle pensioni, il taglio del cuneo fiscale».

Senza contare che se si vorrà intervenire con ulteriori provvedimenti per mitigare il caro energia servirebbero almeno 3 miliardi di euro per ridurre della metà i rincari che si sono abbattuti quest’anno su famiglie e imprese. Il tutto in uno scenario di elevata inflazione (8,4% ad agosto) e di peggioramento delle aspettative delle imprese, soprattutto quelle più esposte al rischio del caro bollette. Il quadro macroeconomico sarà in ogni caso fortemente condizionato dalla durata e dall’intensità della guerra in Ucraina, i cui esiti restano altamente incerti. Senza contare i rischi della recrudescenza della pandemia, che si cerca di affrontare rilanciando i programmi vaccinali a cominciare da anziani e fragili.

Ripartire da Pnrr e Riforme

Da dove partire per evitare lo scenario di una stagflazione, nel quale i prezzi elevati si combinano con uno stato recessivo? Sicuramente nell’immediato si dovrà anzitutto portare avanti il lavoro sul Pnrr, senza metterne in discussione l’impianto di base, ma nella consapevolezza delle criticità sul fronte dei tempi. È noto a tutti che entro dicembre sono 55 i target e i goals da perseguire, molti dei quali sono
già stati realizzati o comunque anticipati dal Governo Draghi: molti altri devono essere perseguiti con convinzione, poiché hanno a che fare con obiettivi essenziali, come la semplificazione delle procedure amministrative, la riforma del Codice appalti, la riforma del processo civile e penale.

La sfida maggiore tuttavia non è tanto quella del raggiungimento dei target ma della capacità effettiva di spesa del nostro Paese che, ad oggi, rende alcuni obiettivi oggettivamente non perseguibili. L’Osservatorio Recovery Plan ha seguito con attenzione il raggiungimento di obiettivi e target previsti dal Pnrr, ma ora si apre nella fase attuativa il problema dei tempi: ce la farà il nostro Paese a spendere 43,3 miliardi nel 2023 e 43,7 nel 2024, come previsto dal Pnrr? Occorre poi dare respiro alle imprese affinché non si blocchino i cantieri. Secondo l’Ance (Associazione nazionale costruttori edili) sono 23 mila i cantieri di opere pubbliche oggi aperti in Italia, per un investimento di 162 miliardi di euro.

Tutti presentano un rischio di rallentamento o blocco a causa degli extra costi causati dall’aumento dei prezzi dei materiali e dai forti rincari dell’energia. Le imprese appaltatrici hanno anticipato le coperture dei costi aggiuntivi, ma il sistema non può reggere senza interventi
rapidi e soprattutto efficaci. Ci sono quindi da completare alcune riforme essenziali, come la riforma della PA e la riforma della concorrenza. Sulla prima l’auspicio è che il nuovo ministro della Pubblica Amministrazione continui il percorso avviato nella strada di modernizzazione, ricambio generazionale e riqualificazione, per dare stabilità alle norme e per consentire alle riforme di poter spiegare i propri effetti, magari anche attivando un canale di ascolto verso le strutture burocratiche, che sicuramente si aspettano un quadro normativo stabile e chiaro. Sempre nell’ambito della riforma della P.A., entro l’anno dovranno essere attuati 19 provvedimenti attuativi (decreti legislativi, decreti ministeriali e altri atti), tra i quali la contestatissima norma sulle gare delle concessioni balneari. Certo, altre sfide attendono il nuovo esecutivo, ma è sulle prime due fra quelle indicate come prioritarie, che il nuovo Governo giocherà la propria credibilità nei fatidici primi 100 giorni.