Non violano le norme della concorrenza le tariffe professionali rese obbligatorie per legge sulla base di “motivi imperativi d’interesse generale”. La Corte di Giustizia Europea si è pronunciata su una vertenza promossa dai giudici della Spagna a proposito di tariffe contestate come “indebite ed eccessive” applicate dai procuratori legali spagnoli.
I giudici europei, rilevato che il ‘tariffario’ dei procuratori corrisponde ad una normativa di Stato, hanno escluso violazioni della normativa europea sulla concorrenza: è conforme al Diritto Ue la determinazione di tariffe fissate per legge- anche se statuite “senza possibilità di negoziazione tra le parti” (la legislazione interna non dà la possibilità al giudice nazionale di modificare l’importo in misura superiore al 12 per cento) come appunto nel caso dei procuratori legali della Spagna, la cui funzione è di rappresentare le parti nel procedimento e di cooperare efficacemente con gli organi giurisdizionali per agevolare il corretto svolgimento del procedimento.
Nella vertenza, che ha visto il Consiglio Generale dei Procuratori della Spagna al fianco dei professionisti, non escono compromesse nemmeno le norme fissate dalla Direttiva Servizi secondo la quale vi sono “motivi imperativi d’interesse generale” che giustificano l’adozione di misure regolatorie della prestazione professionale come appunto la definizione di tariffe vincolanti stabilite con Legge dello Stato.
Fra i motivi riconosciuti dal diritto Europeo e dalla Corte di Giustizia come “motivi imperativi di interesse generale” figurano: l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica, l’incolumità pubblica, la sanità pubblica, il mantenimento dell’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale, la tutela dei consumatori, dei destinatari di servizi e dei lavoratori, l’equità delle transazioni commerciali, la lotta alla frode, la tutela dell’ambiente, incluso l’ambiente urbano, la salute degli animali, la proprietà intellettuale, la conservazione del patrimonio nazionale storico ed artistico, gli obiettivi di politica sociale e di politica culturale”.
All’interno di questo perimentro, gli Stati membri verificano se le tariffe obbligatorie (minime e/o massime) che il prestatore deve rispettare siano “tali da garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito”, senza andare “al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo”. Ma quando sussistano questi requisiti, la fissazione di tariffe obbligatorie per la Corte UE non è considerabile come discriminatoria.