Fondo patrimoniale a scarto ridotto. La famiglia è meno tutelata di un tempo

Nell’oramai lontano 2013, in uno dei primi contributi su questo blog, abbiamo illustrato le potenzialità del fondo patrimoniale, quale istituto volto a blindare il patrimonio principalmente immobiliare dei coniugi e destinarlo al soddisfacimento dei bisogni della famiglia, figli compresi, mettendolo al sicuro da eventuali aggressioni dei creditori per debiti contratti nell’ambito dell’attività professionale e/o d’impresa.

Nell’oramai lontano 2013, in uno dei primi contributi su questo blog, abbiamo illustrato le potenzialità del fondo patrimoniale, quale istituto volto a blindare il patrimonio principalmente immobiliare dei coniugi e destinarlo al soddisfacimento dei bisogni della famiglia, figli compresi, mettendolo al sicuro da eventuali aggressioni dei creditori per debiti contratti nell’ambito dell’attività professionale e/o d’impresa.

E’ proprio il caso di dire che da allora, “molta acqua è passata sotto i ponti”, talché si rende utile fare il punto della situazione in base all’evolversi della giurisprudenza per comprendere se ancora oggi il fondo patrimoniale “regge”, oppure se le sue potenzialità si sono ridotte.

In linea di principio occorre riconoscere che la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione negli ultimi anni ha cominciato a vedere con qualche sospetto il vincolo imposto sui beni (sostanzialmente immobili) da parte del coniuge (ovvero di entrambi coniugi o di un terzo, quale ad esempio il genitore o il nonno) con l’obbiettivo di metterli al riparo dalle pretese dei creditori.

Vediamo sulla base di una breve rassegna della Cassazione come si è evoluta la questione.

In premessa è bene ricordare che i beni vincolati al fondo possono essere aggrediti sono dai creditori riferiti a debiti contratti dai coniugi per “bisogni della famiglia”. Ad esempio, se si chiede un prestito per finanziare gli studi di una figlio e non lo si restituisce, il creditore può aggredire l’immobile vincolato al fondo patrimoniale perché la famiglia ha contratto il predetto debito per un “bisogno della famiglia”. Stesso dicasi nell’ipotesi di un debito contratto per garantire le cure mediche necessarie a un membro della famiglia (genitori e figli).

 

Pignoramento immediato senza dover ricorrere alla revocatoria ordinaria

In via preliminare occorre segnalare che la “costituzione” (scusate il termine improprio) del fondo patrimoniale è considerato un atto a titolo gratuito il che consente, in base all’articolo 2929-bis del codice civile, a qualunque creditore dei coniugi (o del terzo che ha vincolato l’immobile al fondo) di pignorare i relativi beni entro un anno dalla costituzione del fondo medesimo senza dover ricorrere all’azione revocatoria ordinaria ma semplicemente dimostrando che si vanta un credito in base ad un legittimo titolo. La Cassazione con sentenza n. 9128/2016 ha, infatti, sconfessato che l’atto sia obbligatorio in quanto vi sia un presunto “obbligo” morale da parte del disponente volto alla tutela dei bisogni della famiglia.

Per inciso, l’articolo 2901 e ss. c.c., prevede che con la revocazione ordinaria i creditori possono, in presenza di chiara evidenza di conferimento dell’immobile da parte dei coniugi nel fondo patrimoniale con il precostituito intento di non pagare i propri debiti, che siano dichiarati inefficaci nei loro confronti gli atti di disposizione del patrimonio.

 

Debiti contratti per bisogni della famiglia

La Cassazione con la sentenza 18248/2014 ha stabilito che il proprietario di un immobile che lo ha concesso in affitto ad una famiglia, se quest’ultima è morosa può rivalersi su un immobile posseduto dalla famiglia stessa ancorché vincolato al fondo patrimoniale: è, infatti, indubitabile che il debito per l’affitto di casa non pagato attiene alla gestione della vita familiare e soddisfa un “bisogno della famiglia”.

Allo stesso modo, se un immobile è vincolato al fondo patrimoniale, l’amministratore del condominio si può rivalere sull’immobile per gli oneri condominiali non pagati (oltre alla spese legali) dalla famiglia. D’altronde come non condividere: se l’immobile è vincolato nell’interesse dei bisogni della famiglia, il condominio è indiscutibilmente un creditore riferito ad un debito contratto “per i bisogni della famiglia”.

 

I debiti tributari

Un nuovo e non promettente capitolo va aperto con riferimento alla possibilità che Equitalia (ora Agenzia delle entrate Riscossione) possa aggredire, con riferimento a debiti per imposte non pagate da parte dei coniugi (o del terzo che ha costituito a vantaggio dei coniugi il vincolo sull’immobile) un immobile che gli stessi hanno vincolato al fondo patrimoniale.

Con una raffica di recentissime sentenze la Cassazione si è espressa nel senso contrario rispetto a quello auspicato dai coniugi che hanno costituito il fondo patrimoniale immettendovi degli immobili.

Con la sentenza n. 4593/2017 viene affermato che se un contribuente ha evaso le tasse (incassi in nero) le relative imposte e sanzioni comminate consentono all’agente della riscossione di aggredire l’immobile poiché si deve presumere che gli incassi in nero sia stati utilizzati dalla famiglia per “spese e bisogni della famiglia”. E’ assai significativo come la Corte ha sottolineato che spettava al contribuente evasore dimostrare che il denaro incassato in nero fosse stato non utilizzato per cose diverse da bisogni della famiglia, cosa che in giudizio non ha fatto. Per inciso il contribuente non ci ha proprio pensato perché ha imbastito tutta la propria difesa sul fatto che il debito (per imposte) non è stato contratto per bisogni di famiglia poste che le tasse (e le sanzioni) non hanno nulla a che vedere con le esigenze della famiglia. Secondo la Corte, invece, il contribuente avrebbe dovuto provare che il “nero” era stato utilizzato per spese voluttuarie, estranee alle “esigenze” della famiglia o per operazioni meramente speculative, comunque estranee alle mere esigenze familiari.

Sulla stessa scia (o forse ancor peggio) la sentenza n. 17076/2017 con la quale la Corte ha sancito che Equitalia può aggredire l’immobile vincolato al fondo per imposte regolarmente liquidate in dichiarazione dei rediti ma poi non versate. Si trattava di Irpef, precisa la corte, da reddito impresa, quindi presumibilmente di ditta individuale o in qualità di socio di società di persone. Il ragionamento è il seguente: posto che la famiglia campa con i guadagni dell’impresa va da se che le imposte non pagate relative al detto guadagno sono strettamente correlate ai bisogni familiari, nel senso che il Fisco è un creditore riferibile ai “bisogni della famiglia”. Identico concetto espresso dalla Corte nella sentenza n. 25443/2017.

 

Debiti bancari

Abbandonando il terreno fiscale ed entriamo ora nel campo riferibile ai debiti bancari.

La Cassazione ha fissato alcuni importanti punti di riferimento decretando quando il fondo patrimoniale spesso non regge.

Con la sentenza n. 8315/2017 La Corte ha stabilito che la banca creditrice, ricorrendo i presupposti (debito contratto per bisogni della famiglia) può aggredire l’immobile vincolato al fondo patrimoniale anche se ha altre garanzie a propria tutela. Vale a dire non è necessario, per aggredire l’immobile, che la banca escuta preventivamente eventuali fideiussioni e appuri che queste risultino insufficienti. La banca può agire direttamente sull’immobile (inutilmente) vincolato.

Licenziato l’aspetto procedurale, andiamo ora a quello sostanziale con la sentenza n. 20376/2015: i coniugi che hanno blindato l’immobile, prima di vincolarlo al fondo si erano costituiti fideiussori della banca a garanzia di uno scoperto di conto corrente della propria Srl. Ebbene la Cassazione ha stabilito che anche se il debito verso la banca per la maggior parte si è determinato dopo la costituzione del fondo, è pur vero che il rapporto debitorio (concessione di affidamento per scoperto di c/c) è precedente la costituzione del fondo medesimo. Quindi il fondo è tardivo e inefficace.

Ultima pronuncia che però lascia perplessi per la sua stringatezza e laconicità è quella della riferita alla sentenza n. 12799/2015: la Banca ha aggredito l’immobile vincolato al fondo per recuperare un credito verso uno dei coniugi il quale aveva chiesto alla banca un finanziamento per la propria attività professionale. La conclusione della Corte e che “la consapevolezza della banca dell’estraneità del credito del coniuge alle necessità familiari non risulta rilevante in sede di revocatoria, riguardando semmai la fase della successiva e concreta aggressione esecutiva sui beni.” Come prima detto, l’articolo 2901 e ss. c.c., prevede che con la revocazione ordinaria i creditori possono, in presenza di chiara evidenza di conferimento dell’immobile da parte dei coniugi nel fondo patrimoniale con il precostituito intento di non pagare i propri debiti, che siano dichiarati inefficaci nei loro confronti gli atti di disposizione del patrimonio.

L’impressione è che la Corte, non essendo in grado di esprimersi per la carenza degli atti depositati dalla Banca ricorrente, nel dichiarare il ricorso inammissibile, abbia comunque voluto fornire un imput affermando che, comunque, il debito del professionista non è detto che non sia riferito ai bisogni della famiglia posto che la famiglia campa con il reddito del professionista capofamiglia. Più incognito è, invece, il passaggio in cui si ricorda che la riconducibilità del debito ai bisogni della famiglia può essere dimostrata anche nel successivo momento in cui la banca cercherà di pignorare i beni del suddetto professionista. Evidentemente, in sede di opposizione del debitore al pignoramento dell’immobile (dichiarerà al riguardo che l’immobile è intoccabile poiché fa parte del fondo) si instaurerà un nuovo giudizio ordinario volto alla dimostrazione della riconducibilità del debito ai bisogni della famiglia.

 

Coniugi falliti

Cambiamo di nuovo campo di battaglia.

La Cassazione con sentenza n. 1112/2010 ha chiarito che se il proprietario dei beni facenti parte del fondo patrimoniale dovesse fallire, il curatore fallimentare non può incamerare i beni facenti parte del fondo e gestirli separatamente al servizio dei creditori dei bisogni familiari. Dunque, contrariamente a quella parte della dottrina che ritiene che il fallimento consenta alla curatela fallimentare di gestire (seppure separatamente rispetto alla massa fallimentare) i beni del fondo, la Cassazione si è espressa per la completa estraneità dei suddetti beni rispetto al fallimento.

 

Aspetti penali riferiti a frode fiscale

Da ultimo qualche notiziola riferita ai reati penali tributari. Come noto, se un contribuente che ha debiti per imposte superiore a euro 50.000,00, si libera dei propri beni allo scopo di lasciare a becco asciutto l’amministrazione finanziaria, incorre in reato penale di cui all’articolo 11 del Decreto Legislativo n. 74/2000 vale a dire “Sottrazione fraudolenta la pagamento di imposte”, sanzione da 6 mesi a 4 anni. Se il debito supera i 200.000 euro la sanzione passa da 1° 6 anni.

Ebbene, se il marito che in separazione dei beni possiede un immobile (solo suo e non del coniuge) lo conferisce al fondo patrimoniale, non riservandosene la proprietà, va da se che l’immobile diviene di entrambi i coniugi al 50%. Laddove il fondo patrimoniale dovesse essere aggredito dai debitori della famiglia questi si portano via l’immobile. Poco ma sicuro. Nel caso di specie si trattava di Equitalia e dunque di imposta. A nulla è valsa (ovviamente) la difesa dei coniugi che pretendevano di farla franca eccependo che il debito fiscale era del coniuge originariamente non proprietario dell’immobile e che quindi il 50% dell’immobile riferito al coniuge che era prima del conferimento proprietario esclusivo non poteva essere pignorato. Prosegue il ricorrente nella propria (inutile) difesa facendo presente che se il coniuge originariamente proprietario al 100% non lo avesse conferito al fondo, oggi i creditori non avrebbero l’immobile su cui rivalersi perché essendo il debito riferito al coniuge originariamente non proprietario ed essendo la coppia in separazione dei beni, l’immobile non sarebbe mai stato aggredibile. Difesa oggettivamente debole, posto che ciò che è stato conta poco, mentre conta ciò che è: ed è che oggi l’immobile è nel fondo patrimoniale ed è destinato ai bisogni della famiglia, talché i creditori per debiti contratti per bisogni della famiglia possono rivalersi sull’immobile.

 

Conclusioni

Il campo di applicazione del fondo si è notevolmente ridimensionato a seguito dell’evolversi della giurisprudenza. Possiamo comunque concludere dicendo che perché il fondo patrimoniale regga all’assalto dei creditori occorre che:

  • sia fatto in tempi non sospetti, vale a dire  almeno 5 anni prima dell’insorgere del debito, allo scopo di dimostrare che non è stato fatto per sottrarre il bene alle azioni dei creditori. Attenzione però perché se prima della costituzione del fondo i coniugi si rendono fideiussori per un debito altrui, l’eventuale escussione della fideiussione (e l’aggressione del patrimonio immesso nel fondo) può avvenire anche trascorsi oltre cinque anni dalla costituzione del fondo stesso;
  • perché il fondo regga occorre dimostrare che il debito è nato non per esigenze della famiglia e dunque che si tratta di debiti contratti per finalità voluttuarie, senza con questo voler affermare che si può campare con molto poco e che tutto il resto è mero lusso. Va da sé, peraltro, che gli immobili vincolati al fondo devono garantire il soddisfacimento dei bisogni della famiglia in modo congruo rispetto al patrimonio della famiglia e al loro ordinario tenore di vita. E quindi, se Berlusconi può vincolare un grattacielo per soddisfare i propri bisogni, un impiegato che magari ha risparmiato da sempre anche sull’acquisto della mortadella e ciò gli ha consentito di acquistare 5 immobili, se la famiglia è composta di sole tre persone (marito, moglie e un figlio), potrebbe vedersi mettere in discussione che possa vincolare tutti e 5 gli immobili: probabilmente verrebbe eccepito dai creditori della famiglia che il patrimonio vincolato eccede quello necessario per garantire i bisogni della famiglia e che almeno un immobile deve stare fuori dal fuori dal fondo. Nell’esempio però è improbabile che il nostro impiegato possa difendersi affermando che i debiti sono stati contratti per fini voluttuari posto che ha condotto una vita mangiando solo mortadella!
  • le imposte sui redditi non versate ancorché regolarmente dichiarate dai coniugi nella propria dichiarazione dei redditi per non essere considerare riferite ai bisogni della famiglia ed escludere quindi che Equitalia possa aggredire l’immobile vincolato al fondo,  devono derivare non dalla attività professionale o d’impresa svolta dal coniuge poiché, in via generale, verrebbe eccepito che il fondo è aggredibile dal momento che la relativa Irpef è riferibile al reddito che è fonte di sostentamento della famiglia; occorre allora dimostrare che l’Irpef non versata è riferita a componenti reddituali non utilizzate per il sostentamento della famiglia, quali ad esempio, la vendita di una area fabbricabile, la cessione di quote di partecipazione in società. Resta il fatto della difficoltà con cui ripartire l’Irpef liquidata in dichiarazione tra le due parti reddituali, vale a dire sostentamento della famiglia e operazioni speculative. Aggiungiamo a completamento del concetto che non si conosce giurisprudenza che si è spinta a benedire tale ripartizione concettuale.

 

Sottotitolo:
di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi