Il ravvedimento operoso allunga la mano agli omessi versamenti

Di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi   In linea teorica, i diversi versamenti delle imposte collegate alla dichiarazione dei redditi per il 2013 sono stati tutti effettuati (tranne il versamento del secondo acconto di novembre), ovvero sono in corso di rateazione. Ben può essere accaduto, o potrebbe accadere, che quale scadenza non sia stata rispettata

Di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

 

In linea teorica, i diversi versamenti delle imposte collegate alla dichiarazione dei redditi per il 2013 sono stati tutti effettuati (tranne il versamento del secondo acconto di novembre), ovvero sono in corso di rateazione. Ben può essere accaduto, o potrebbe accadere, che quale scadenza non sia stata rispettata a pieno: è pertanto il caso però di fare un rapido punto della situazione per conoscere le possibilità che la legge offre per rimediare ad eventuali errori od omissioni.

 

L’omesso versamento delle imposte

Rinviando a dopo l’analisi del meccanismo di calcolo delle sanzioni dovute, si rende necessaria una prima riflessione fondamentale per chi non ha effettuato il versamento del saldo e del primo acconto. In caso di omissione, piuttosto che ravvedere l’intero importo non versato alla scadenza prevista, e dunque corrispondere sul predetto intero importo le relative sanzioni, conviene optare per il versamento rateale. In questo modo il ravvedimento e il pagamento in ritardo e le relative sanzioni riguarderà solo le rate non versate alle singole scadenze, mentre sarà possibile rispettare le ordinarie scadenze delle rate ancora da pagare. Ad esempio, se si ravvede l’omissione prima della quarta rata, non è conveniente sanare tutto l’omesso versamento, ma conviene piuttosto “riprendere” gli adempimenti rateizzati dalla quarta rata in poi e provvedere al ravvedimento delle prime tre rate.

 

L’errato versamento del 20 agosto

Altro aspetto preliminare riguarda l’eventuale errato calcolo dell’importo che doveva essere corrisposto il 20 agosto. Per poter fruire di tale data di versamento della prima rata del saldo e del primo acconto, era necessario maggiorare gli importi dovuti dello 0,40%. Tradotto in termini pratici, se l’importo dovuto era di 1.000,00 euro, chi ha versato al 20 agosto ha maggiorato a 1.004,00 euro il versamento medesimo. Nel passato, in caso di eventuali dimenticanze, con versamento privo della maggiorazione, l’amministrazione finanziaria riteneva di poter irrogare la sanzione del 30% (dovuta per gli omessi versamenti), sull’intero importo di 1.000,00 euro, con dunque una sanzione di 300,00 euro, francamente inverosimile e spropositata. La circolare n. 27 del 2013 dell’Agenzia delle Entrate ha risolto tale equivoco, precisando che è sanzionabile solo l’importo non versato (nell’esempio 4 euro). Peraltro, non è nemmeno necessario che il versamento effettuato copra l’intero importo delle imposte dovute. Il contribuente può di fatto aver errato anche versando di meno in termini di imposte (ad esempio, 960,00 euro). In questo caso, la citata circolare n. 27 del 2013 “salva” comunque l’importo versato e solo la differenza ancora dovuta sarà eventualmente esposta a sanzione, fermo restando che il contribuente può operare il ravvedimento operoso, riducendo le sanzioni sull’importo pagato in ritardo.

 

Il ravvedimento operoso

Il termine “ravvedimento operoso” individua le situazioni in cui il contribuente, resosi conto di aver omesso o errato un versamento, nel rispetto di una precisa tempistica vi pone rimedio. Tale comportamento virtuoso è premiato con la riduzione delle sanzioni applicabili, ferma restando la necessità di corrispondere anche gli interessi dovuti per legge. La sanzione riferita agli omessi o errati versamenti è stabilita nella misura del 30%. Senza voler entrare in tecnicismi troppo complessi, sia sufficiente sapere che tale sanzione è irrogata nei casi in cui le imposte evidenziate nella dichiarazione dei redditi (o anche i relativi acconti), sono del tutto omesse o sono versate parzialmente. È importante altresì sottolineare il concetto che stiamo parlando di imposte evidenziate in dichiarazione dei redditi e, dunque ,liquidate spontaneamente dal contribuente. Se invece le imposte cambiano a seguito della correzione di un errore (ad esempio, un ammortamento calcolato in misura eccedente), allora è proprio la liquidazione dell’imposta ad essere cambiata, con la conseguenza che le sanzioni sono irrogate nella misura del 100% dell’imposta. Con un esempio pratico si comprende la distinzione: Dichiarazione dei redditi con ammortamenti di 1.000,00 e imposte da versare calcolate pari a 100,00. L’omesso versamento di 100,00 espone alla sanzione del 30%; Dichiarazione dei redditi con ammortamento di 1.000,00 e imposte calcolate pari a 100,00, correttamente versate alle scadenze. Il contribuente si accorge di aver errato gli per eccesso gli ammortamenti, in realtà pari a 500,00 e che le imposte dovute sono dunque pari a 150,00. In tal caso si tratta di un errore sostanziale e il versamento delle imposte in più (50,00), ha una sanzione di riferimento del 100%. Fissata la distinzione di fondo, la norma che riduce la sanzione in caso di ravvedimento è univoca. La sanzione è infatti ridotta nella misura di: 1/10 del minimo edittale (3%), in presenza di un omesso o tardivo versamento d’imposta corretto nei 30 giorni successivi al termine di legge ordinario; 1/8 del minimo edittale (3,75%), se il ravvedimento avviene nel termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui l’infrazione è stata commessa. Anche in tal caso, un esempio è di aiuto. Si immagini di omettere il prossimo versamento del secondo acconto previsto per il 30 novembre 2014. Trattasi di un importo liquidato nella dichiarazione è dunque esposto alla sanzione del 30%. In caso di ravvedimento, possono registrarsi le seguenti riduzioni: 1/10, pari al 3%, in caso di pagamento delle somme dovute entro trenta giorni dalla relativa scadenza; 1/8, pari al 3,75%, nel caso di ravvedimento entro il 30 settembre 2015. Infine, è bene rammentare che il ravvedimento operoso con la riduzione delle sanzioni non è applicabile qualora la violazione sia già stata autonomamente rilevata dall’Agenzia delle Entrate (anche con il c.d. avviso bonario) oppure siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza.

 

Il ravvedimento “sprint”

Nei primi quindici giorni di ritardo nell’esecuzione di un versamento è possibile fruire di un’ulteriore riduzione. Infatti è normativamente previsto che la sanzione del 30% è in realtà calcolata in misura di 1/15 per ogni giorno di ritardo. Di fatto si tratta di una sanzione del 2% giornaliera, che solo al quindicesimo giorno diviene del 30%. Ovviamente, poiché il contribuente “ravvede” il versamento, si può fruire della riduzione della sanzione nella misura di 1/10. Pertanto, in caso di omesso versamento dell’importo di 1.000,00 euro, il ravvedimento determina il seguente calcolo delle sanzioni: Ritardo di 1 giorno: sanzione di 2 euro (0,2%); Ritardo di 4 giorni: sanzione di 8 euro (0,8%); Ritardo di 10 giorni: sanzione di 20 euro (2%); Ritardo di 14 giorni: sanzione di 28 euro (2,8%); Ritardo di 15 giorni: sanzione di 30 euro (3%, ossia ordinaria riduzione della sanzione nei 30 giorni successivi alla scadenza).

 

Il ravvedimento frazionato

Uno dei principali problemi riferiti al pagamento delle imposte è, guarda caso, la necessaria risorsa finanziaria. Come fare? Non viene detto ad alta voce per evidenti ragioni di opportunità, ma con un documento del 2011, la risoluzione n. 67, l’Agenzia delle Entrate ha ammesso la possibilità di frazionare il ravvedimento. Di cosa si parla? Meglio ipotizzare un caso concreto. Il contribuente deve versare 8 mila euro tra saldo e primo acconto. Poi deve versare 4 mila euro di secondo acconto. Non ha a disposizione tali importi, prevedendo però di averli a gennaio 2015. Ebbene, è possibile programmare il versamento in maniera scaglionata, magari in quattro cadenze mensili da gennaio ad aprile 2015 per un importo di 3 mila euro ciascuno. Cosa deve essere fatto? È necessario che siano corrisposti interessi e soprattutto le sanzioni commisurati alla frazione del debito d’imposta versato tardivamente. In pratica, ad ogni scadenza programmata (31 gennaio, 28 febbraio, 31 marzo e 30 aprile), oltre ai 3 mila euro d’imposte e acconti, dovrà essere corrisposto il relativo importo di interessi e sanzioni. Il limite all’effettuazione di tali ravvedimenti scaglionati è rappresentato da un sopravvenuto controllo fiscale nei confronti del contribuente ovvero dallo scadere del termine per il ravvedimento. In tali circostanze, l’omesso versamento della parte di debito che residua non può beneficiare delle riduzioni delle sanzioni che andranno irrogate dagli Uffici secondo le regole ordinarie.

 

In caso di errore del ravvedimento?

Nel parlare di ravvedimenti di vario genere, al contribuente residua sempre un dubbio: se poi anche il ravvedimento è errato? Fortuna vuole che la citata circolare n. 27 del 2013 ha “alleggerito” tale problematica, statuendo che deve essere premiata la volontà del contribuente di adempiere, a prescindere dagli errori commessi. Dal che la correttezza del comportamento “virtuoso” di ravvedersi deve essere riconosciuta anche in presenza di un versamento complessivo insufficiente in termini di imposte, sanzioni e interessi con (addirittura) sanzioni e interessi non correttamente commisurati alle imposte versate. La circolare, infatti, afferma chiaramente che il ravvedimento deve considerarsi comunque perfezionato seppure solo con riferimento alla quota parte dell’imposta proporzionata al quantum complessivamente corrisposto a vario titolo. La sola necessità richiesta è che a titolo di sanzioni qualcosa sia stato versato con l’apposito codice tributo, dopo di che non serve null’altro, se non una grande pazienza per gestire la correzione degli importi, che dovrà essere effettuato dal proprio consulente di fiducia in collaborazione con l’Ufficio competente dell’Agenzia delle Entrate.