Riforma delle sanzioni amministrative, quasi tutte buone nuove

Di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi People Lending Money   La legge di stabilità per il 2016 “anticipa” di un anno (e dunque a decorrere dal 1° gennaio 2016) le nuove previsioni in materia di sanzioni amministrative, vale a dire le “penali” collegate alle omissioni di vario genere che un contribuente potrebbe compiere nel l’ambito

Di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

 

La legge di stabilità per il 2016 “anticipa” di un anno (e dunque a decorrere dal 1° gennaio 2016) le nuove previsioni in materia di sanzioni amministrative, vale a dire le “penali” collegate alle omissioni di vario genere che un contribuente potrebbe compiere nel l’ambito dei propri adempimenti fiscali.

Gli errori più ricorrenti potrebbero riguardare:

  • Le dichiarazioni fiscali, ossia la presentazione di Unico o 730, nonché le connesse dichiarazioni Irap e IVA, o ancora le dichiarazioni da produrre in qualità di sostituto d’imposta (Mod. 770);

  • La non indicazione in dichiarazione di redditi o la errata determinazione dell’imponibile; casistica che si verifica, ad esempio, quando un costo è contabilizzato male o è gestito in maniera errata in rapporto alle particolari regole di deduzione fiscale;

  • I versamenti, che possono essere omessi, anche parzialmente, o effettuati in ritardo.

Il D. Lgs. 158 del 2015 aveva modificato le sanzioni collegate a tali errori prevedendone l’applicazione dal 2017. Con cambio di “opinione” a distanza di pochi mesi, ecco che oggi si prevede l’immediata applicazione del nuovo assetto delle sanzioni, che saranno utilizzate a partire dal prossimo anno per tutte le fattispecie ancora non definite.

Ciò significa che non solo le nuove sanzioni dovranno essere applicate dall’amministrazione finanziaria nel caso di eventuali controlli, ma anche che le stesse dovranno essere considerate dal contribuente per valutare l’opportunità degli adempimenti spontanei, soprattutto in relazione alle casistiche di ravvedimento, laddove applicabili. Opportunità che possono condurre a importanti risparmi di “costo” della regolarizzazione dell’adempimento.

Ebbene, proprio nel ravvedimento, profondamente innovato lo scorso anno, possiamo limitarci a ricordare (in maniera atecnica per non rendere “difficile” la comprensione dei vari meccanismi) le diverse graduazioni delle riduzioni di sanzioni previste. Si ricorda che la sanzione per omesso versamento è pari al 30%

  • correzione dell’errore entro i 30 giorni successivi (ad esempio, versamento in ritardo di 20 giorni), la sanzione irrogabile si riduce nella misura di 1/10;

  • se l’errore è corretto entro i 90 giorni successivi, la sanzione si riduce ad 1/9;

  • Per le correzioni effettuate entro il termine di presentazione della dichiarazione successiva, la riduzione è ad 1/8;

  • Per le correzioni effettuate entro il termine della seconda dichiarazione successiva, la riduzione è ad 1/7;

  • da ultimo, la riduzione della sanzione è nella misura di 1/6 fino a che non termina la possibilità di accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria, dovendo comunque ricordare che anche l’avvenuta notifica di un processo verbale di constatazione non impedisce il ravvedimento, anche se la sanzione in questo caso è riducibile alla misura di 1/5.

Comprese le riduzioni ottenibili, ovviamente il passo successivo è comprendere che tipo di errore è stato fatto e, soprattutto, quale sanzione è irrogabile.

Ed è in questa direzione che è interessante conoscere, almeno in linea generale, come è intervenuto il legislatore della riforma, in modo da avere cognizione dei rimedi ottenibili.

 

L’OMESSA DICHIARAZIONE – LA NORMA CONFERMATA

Il primo riferimento riguarda l’omessa dichiarazione.

Evidentemente si potrebbe avere perplessità circa il configurarsi di una simile situazione, collegabile forse ad una dimenticanza. Tuttavia, in alcuni casi l’omissione potrebbe essere “nascosta” e dovuta ad una scarsa conoscenza degli adempimenti da effettuare.

Ad esempio, un contribuente con una certificazione unica dei redditi che non ha (o pensa di non avere) altro da indicare in Unico, rientra in una delle ipotesi di esonero legittimo dalla presentazione della dichiarazione. Se poi il contribuente ha un conto corrente all’estero (posseduto in assoluta buona fede, magari in quanto ricevuto in eredità), sorge un problema di non poco conto: egli avrebbe dovuto presentare la dichiarazione dei redditi per quanto maturato sul conto e per il monitoraggio fiscale (quadro RW). Da ciò deriva che il contribuente non era più in una situazione di esonero legittimo dalla dichiarazione dei redditi, divenendo un soggetto che ha omesso la presentazione di Unico.

La dichiarazione omessa ha diversi rimedi.

In primo luogo, non si considera “tecnicamente” omessa se prodotta entro i 90 giorni successivi la scadenza dei termini di presentazione: in pratica, fino al 29 dicembre di ogni anno sono “salvabili” le dichiarazioni dimenticate al 30 settembre. Passata tale scadenza, però, la dichiarazione rimane “omessa” anche in caso di successiva trasmissione. Questo significa, purtroppo, che si realizzano delle conseguenze negative, tra cui la possibilità per il fisco di effettuare un accertamento induttivo, vale a dire basato su qualsiasi informazione, l’allungamento di un anno per l’accertamento rispetto ai 4 anni ordinari, nonché la maggiorazione della misura delle sanzioni rispetto alla mera ipotesi in cui il soggetto ha presentato l’Unico non versando però le imposte ivi risultanti. La prima raccomandazione, dunque, è di verificare con attenzione i propri adempimenti dichiarativi, soprattutto quando si pensa di essere esonerati dagli stessi; fatto ciò, ricordarsi che fino al 29 dicembre un primo rimedio è esperibile.

 

Omessa dichiarazione – Le novità della riforma

Se, invece, non si riesce a intercettare l’errore, cosa accade e soprattutto cosa può essere fatto?

In risposta a tale interrogativo si pongono le novità previste dal prossimo 1 gennaio. Nello specifico:

  • è prevista (è una conferma) una sanzione “base” dal 120 al 240% dell’ammontare delle imposte dovute (percentuali già esistenti e non modificate), con un minimo di euro 250. Se non sono dovute imposte, si applica la sanzione fissa da euro 250 a euro 1.000;

  • è prevista, novità davvero interessante, una sanzione “ridotta” se la dichiarazione omessa è presentata dal contribuente entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo e, comunque, prima dell’inizio di qualunque attività amministrativa di accertamento di cui abbia avuto formale conoscenza. In tal caso, le sanzioni sono dimezzate, ossia dal 60 al 120% dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di euro 200, mentre se non sono dovute imposte, si applica la sanzione fissa da euro 150 a euro 500. Ecco dunque il nuovo rimedio da tener presente: produrre la dichiarazione entro l’anno successivo consente di dimezzare le sanzioni irrogabili da parte del fisco;

  • rimane la previsione secondo cui, quando non sono dovute imposte, le sanzioni fisse possono essere aumentate fino al doppio nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili;

  • si introduce una sanzione specifica per la cedolare secca (dal 240 al 480%), quando non viene presentata la dichiarazione in relazione al canone di locazione. Questa novità è davvero rilevante e funge da monito per coloro che si sono avvalsi dell’imposta sostitutiva: considerato il regime di vantaggio, le eventuali omissioni saranno perseguite duramente;

  • rimane la sanzione specifica (quella base aumentata di un terzo) se i redditi da dichiarare sono prodotti all’estero.

 

Infedele dichiarazione

Anche in ordine alla dichiarazione infedele (trattasi del caso in cui in dichiarazione è indicato un reddito o un valore della produzione imponibile Irap inferiore a quello accertato, o, comunque, un’imposta inferiore a quella dovuta o un credito superiore a quello spettante), il legislatore effettua un’operazione di sistematizzazione e soprattutto (finalmente) pone delle differenze tra chi evade senza ricorrere ad escamotage illeciti, chi subisce contestazioni riferite alla corretta applicazione della normativa fiscale e chi, infine, evade utilizzando mezzi fraudolenti. In particolare:

  • è prevista una sanzione “base” dal 90 al 180% della maggior imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato (più bassa di quella attualmente in vigore, dal 100 al 200%). La stessa sanzione si applica se nella dichiarazione sono esposte indebite detrazioni d’imposta ovvero indebite deduzioni dall’imponibile, anche se esse sono state attribuite in sede di ritenuta alla fonte;

  • è prevista una sanzione “maggiorata” (dal 135 al 270%) quando la violazione è realizzata mediante l’utilizzo di documentazione falsa o per operazioni inesistenti, mediante artifici o raggiri, condotte simulatorie o fraudolente. Su questa differenziazione nulla può essere concettualmente eccepito;

  • nelle ipotesi in cui non vi sia raggiro o artifizio, è prevista una sanzione “ridotta” (dal 60 al 120%) quando:

  • la maggiore imposta o il minore credito accertati sono complessivamente inferiori al 3% dell’imposta e del credito dichiarati e comunque complessivamente inferiori a euro 30.000;

  • l’infedeltà è conseguenza di un errore sull’imputazione temporale di elementi positivi o negativi di reddito, purché il componente positivo abbia già concorso alla determinazione del reddito nell’annualità in cui interviene l’attività di accertamento o in una precedente (se non vi è alcun danno per l’Erario, la sanzione è pari a euro 250). Trattasi del caso classico dell’errata imputazione di un provento. Un professionista emette fattura il 30 dicembre e per errore computa il compenso in dichiarazione, tassandolo, dimenticando che l’incasso è avvenuto l’anno dopo, ad esempio il 4 gennaio. Ebbene il fisco potrebbe contestare la mancata dichiarazione del compenso nell’anno successivo, ma in questo caso, dimostrando l’avvenuta tassazione l’anno prima, non solo bisogna scomputare le imposte già pagate da quelle accertate, con dunque possibilità di non dover pagare nulla (ciò accade a parità di aliquote impositive nei due anni considerati), ma sul piano sanzionatorio le stesse sono ridotte al 60% o addirittura sono fisse, proprio se non sono dovute imposte (mancanza di danno per l’erario);

  • si introduce una sanzione specifica per la cedolare secca (dal 180 al 360%), quando nella dichiarazione dei redditi il canone non è indicato o è indicato in misura inferiore a quella effettiva;

  • rimane la sanzione specifica (quella base aumentata di un terzo) se i redditi da dichiarare sono prodotti all’estero.

 

Versamento in ritardo delle imposte

In ultimo sono da segnalare le modifiche alle sanzioni previste per i versamenti effettuati in ritardo, oppure non effettuati (anche parzialmente), scaturenti da dichiarazione regolarmente presentate. Dal prossimo 1° gennaio la sanzione del 30% che trova applicazione in tali ipotesi, viene modulata diversamente in senso favorevole:

  • nei primi 15 giorni matura nella misura dell’1% al giorno. Al dunque, se un versamento è effettuato 4 giorni dopo la scadenza, la sanzione applicabile è del 4%, con la possibilità di ravvedimento (riduzione ad 1/10 per i versamenti fatti nei 30 giorni successivi), ossia con la sanzione dello 0,4%;

  • al 15° giorno si assesta al 15% e rimane tale fino al 90° giorno successivo all’omissione, anche parziale, effettuata dal contribuente. Di fatto, se un versamento è effettuato il 78° giorno successivo, la sanzione è ancora del 15% ed è ravvedibile, in questo caso, nella misura di 1/9 (sanzione ravveduta pari a 1,67%);

  • dal 91° giorno la sanzione diviene del 30%, ravvedibile nella misura di 1/8.

L’effetto di tale variazione normativa è però particolare in relazione ad un’ipotesi di applicazione immediata. Si pensi, ad esempio, all’omesso versamento del II acconto Irpef per 10.000,00 euro. Attualmente, la sanzione del 30% è tale a decorrere dal 15° giorno di ritardo, maturando nei primi 15 giorni nella misura del 2% giornaliero. Se si ipotizza di ravvedere detto versamento il giorno 18 dicembre, allora è meglio dedicarsi alle festività natalizie. Infatti, in tal caso la sanzione da ravvedimento sarebbe pari al 3%, dunque a 300 euro. Se invece si attende il 2 gennaio e la nuova norma, come visto in precedenza si avrà la sanzione del 15%, ravvedibile a 1,67%: di fatto si pagano 167 euro, potendo dunque spendere, durante le ferie, 133 euro!

Buone vacanze a tutti