Spese di vitto e alloggio professionisti Semplificazione a metà

Di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi Simple   E’ sicuramente da accogliere con estremo favore la disposizione contenuta nell’articolo 10 del cd. decreto semplificazioni (Decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, recante “Semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata”), dal momento che pone fine ad una immotivata procedura imposta dal legislatore per non far concorrere

Di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

 

E’ sicuramente da accogliere con estremo favore la disposizione contenuta nell’articolo 10 del cd. decreto semplificazioni (Decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, recante “Semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata”), dal momento che pone fine ad una immotivata procedura imposta dal legislatore per non far concorrere al limite di deducibilità del 2% dei compensi incassati, le spese di vitto e alloggio riferite a trasferte effettuate dal professionista per incarico del proprio committente.

La innovativa disposizione tuttavia, per espressa menzione nella norma, ha inspiegabilmente, effetto solo dal 2015 nonostante il decreto semplificazioni sia andato in Gazzetta nel mese di novembre scorso.

Ordunque, il citato articolo 10, modificando l’articolo 54 del Tuir, prevede che le spese di vitto e alloggio che sono direttamente sostenute dal committente del lavoratore autonomo in relazione alla prestazione professionale a questi affidata, non costituiscono reddito per il lavoratore autonomo medesimo e, conseguentemente, non devono essere da questi fatturate al committente. Nel contempo, non avendo il lavoratore autonomo sopportato alcun onere, la stessa non è interessata alla disposizione che prevede per dette spese il limite di deducibilità del 75% dell’ammontare entro il 2% dei compensi annuali percepiti.

Nell’ottica degli interventi di semplificazione, la disposizione in esame specifica che le prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande acquistate direttamente dal committente non costituiscono compensi in natura per i professionisti che ne usufruiscono. I professionisti, pertanto, non devono “riaddebitare” in fattura tali spese al committente e non possono considerare il relativo ammontare quale componente di costo deducibile dal proprio reddito di lavoro autonomo.

 

La procedura in vigore sino al 2014

La previgente disposizione stabiliva che le spese di vitto e alloggio riferite ad una trasferta per conto del committente non soggiacessero per il lavoratore autonomo al limite di deducibilità del 75% nei limiti del 2% dei compensi, solo se il committente del professionista provvedeva a saldare direttamente l’albergatore/ristoratore, ottenendo la relativa fattura ad esso intestata. La procedura prevedeva, inoltre, che il committente dovesse consegnare copia della citata fattura al professionista il quale doveva inserire detto importo nella propria parcella, salvo poi stornarlo dal “netto a pagare” dal momento che la suddetta spesa era stata sostenuta direttamente dal committente.

Per infelice interpretazione dell’amministrazione finanziaria, peraltro, Il committente non poteva dedurre detta spesa (ancorché già sostenuta e certificata dalla fattura dell’albergo/ristorante) sino a quando non riceveva la parcella del professionista. Superfluo sottolineare che se la prestazione del professionista era eseguita in prossimità della chiusura dell’anno, la parcella contenente l’evidenza della citata spesa il suddetto professionista la emetteva puntualmente l’anno successivo costringendo il committente imprenditore, in deroga al principio fiscale di competenza temporale, a slittare di un anno la deduzione della suddetta spesa già sostenuta.

 

La procedura in vigore dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2015

Tutta la farraginosa procedura viene meno. Ne consegue che, ove il committente si faccia direttamente carico della spese di vitto e alloggio riferite alla trasferta del lavoratore autonomo, le predette spese per quest’ultimo non sono soggette al limite di deducibilità al 75% e non sono interessate al plafond di deducibilità del 2% dell’ammontare dei compensi percepiti nel periodo d’imposta. Inoltre, il costo sostenuto dal committente imprenditore torna ad essere deducibile in base agli ordinari criteri di competenza temporale.

In sostanza, il professionista non avendo sostenuto in relazione al vitto e all’alloggio alcuna spesa, resta del tutto estraneo ala rapporto giuridico/fiscale con l’albergatore/ristoratore che è riferibile esclusivamente al proprio committente.

Dal punto di vista operativo si osserva che in taluni casi l’ipotesi del pagamento diretto della spesa ad opera del committente non è realizzabile dal momento che tale ipotesi prevede che il committente, nel migliore dei casi, fornisca gli estremi della carta di credito aziendale sulla quale addebitare la spesa; se ciò è ipotizzabile per l’albergo con il quale il committente si è preventivamente accordato, diviene nella sostanza impossibile per ristoranti, soprattutto se il pasto è consumato in itinere rispetto alla destinazione da raggiungere. Queste spese, dunque, fatalmente resteranno fiscalmente di competenza del lavoratore autonomo è seguiranno le regole ordinarie previste dall’articolo 54 del tuir, con tutte le limitazioni alla loro deducibilità prima dette.

 

Le criticità della nuova disposizione e le soluzioni Confprofessioni

Come appare evidente nel titolo di questo contributo al semplificazione tuttavia è restata a metà a causa della tecnica del legislatore che ha messo mano al citato articolo 54 del Tuir. Al fini di sostanziare la criticità è indispensabile partire dalla novella:

Tuir, art. 54, comma 5. “Le spese relative a prestazioni alberghiere e a somministrazione di alimenti e bevande sono deducibili nella misura del 75 per cento e, in ogni caso, per un importo complessivamente non superiore al 2 per cento dell’ammontare dei compensi percepiti nel periodo di imposta. Le prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande acquistate direttamente dal committente non costituiscono compensi in natura per il professionista.”.

Dunque, non costituiscono compensi in natura per il professionista le (sole) spese per prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande acquistate direttamente dal committente. Ne consegue che eventuali altre spese, come sottolineato dal Notariato nella Audizione alla Commissione Finanze e tesoro del Senato del 22 luglio 2014, non beneficiano della norma semplificatrice. Ebbene, è consuetudine che il committente si faccia direttamente carico, ad esempio, delle spese di viaggio (volo aereo, treno, etc.) che, in questo caso, debbono seguire la farraginosa procedura in vigore sino a tutto il 2014. Ed, infatti, l’agenzia delle entrate nella circolare n. 321 del 30 dicembre 2014, a commento delle novità del decreto semplificazioni ha fatto presente che il chiaro disposto della norma limita la novità alle spese di vitto e alloggio.

Altra fattore di estrema criticità, che nella audizione del Presidente Gaetano Stella alla Commissione Finanze e Tesoro del Senato in data 30 luglio 2014, era stata debitamente sottolineata, è quella della entrata in vigore della disposizione. Far decorrere la novella a partire dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2015, comporta (rectius, avrebbe comportato) una sostanziale ingestibilità della disposizione, laddove il committente sia una società con periodo d’imposta a cavallo d’anno, oppure il committente impresa individuale sia interessato ad una operazione straordinaria (liquidazione, conferimento, etc.). In mancanza di un rimedio, anche solo in via interpretativa, ci si troverebbe che i due soggetti, committente e professionista, rispondono a norma diverse. Sul punto, l’Agenzia, evidentemente ha fatto tesoro della indicazione di Confprofessioni, fornendo nella predetta Circolare n. 31/2014 una interpretazione volta a dare soluzione all’aspetto segnalato. Ed infatti, l’Agenzia ha ritenuto che, al di la del tenore lettere della norma, la disposizione debba essere intesa come in vigore a decorrere dal 1° gennaio 2015, posto che per il professionista l’anno d’imposta è sempre costituito dal periodo 1° gennaio – 31 dicembre. L’innovativa disposizione, infatti, è posta all’interno della disciplina del reddito di lavoro autonomo e non nel reddito d’impresa, dunque fare riferimento al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2015, avrebbe voluto dire, quanto meno, peccare di approssimazione.

Ulteriore richiesta di Confprofessioni accolta dalla Circolare n. 31/2014 è che le spese di vitto e alloggio sostenute direttamente dal committente e riferite al professionista in trasferta sono interamente deducibili senza la limitazione al 75% del loro ammontare prevista in via generale dall’articolo 109, comma 5 del Tuir.