Ammortizzatori senza equita’ sociale

Il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, ha scritto una lettera al ministro Enrico Giovannini in merito al nuovo decreto sugli ammortizzatori sociali. Illustre Signor Ministro, Lo schema di Decreto, predisposto dal Ministero del Lavoro di concerto con il Ministero dell’Economia in materia di ammortizzatori sociali in deroga, suscita tra i liberi professionisti italiani un profondo
Il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, ha scritto una lettera al ministro Enrico Giovannini in merito al nuovo decreto sugli ammortizzatori sociali.

Illustre Signor Ministro,

Lo schema di Decreto, predisposto dal Ministero del Lavoro di concerto con il Ministero dell’Economia in materia di ammortizzatori sociali in deroga, suscita tra i liberi professionisti italiani un profondo senso di ingiustizia relativamente alla immotivata esclusione dal sistema di sostegno al reddito. Questo è quanto si desume dalla lettera dell’art. 2, c. 3 che stabilisce che “possono richiedere trattamento di cui al comma 1 le imprese di cui all’art. 2082 codice civile”.
La ratio di tale impostazione non è condivisibile per diverse ragioni. Sotto un primo e fondamentale aspetto per ragioni di equità sociale. Il comparto degli studi profes-sionali è stato ammesso di recente alla possibilità di accedere agli ammortizzatori sociali in deroga. Lo Stato aveva garantito nel 2009, con grande sensibilità, per la prima volta i dipendenti dei liberi professionisti in considerazione dell’eguale rilevanza di tutte le attività economiche del Paese.
In questi ultimi cinque anni, i liberi professionisti-datori di lavoro, pur attraversando notevoli difficoltà legate alla congiuntura economica negativa del Paese, hanno saputo dosare con attenzione e profondo senso di responsabilità gli strumenti a loro disposizione nei casi di crisi. In base ai recenti dati Inps (Gennaio-Ottobre 2013), il ricorso allo strumento della Cassa Integrazione in Deroga da parte dei dipendenti degli studi professionali ha inciso per l’irrisoria percentuale dell’1,03% delle ore totali. Nel dettaglio, a fronte delle 220.621.858 ore autorizzate su tutto il territorio nazionale, solo 2.293.754 sono state utilizzate dai lavoratori dipendenti dagli studi professionali.
Le legittime esigenze di razionalizzazione della spesa, analizzando i numeri sopra citati, non giustificano quindi la scelta di cancellare dal campo di applicazione della cig in deroga un intero settore economico che opera sul mercato.
Un altro aspetto da tenere in considerazione è quello per cui la limitazione alle sole imprese di cui all’art. 2082 c.c. è assolutamente contrastante con l’impostazione di li-vello europeo che definisce impresa qualunque soggetto che svolge “attività economica e che sia attivo su un determinato mercato”.
E’ lo stesso Ministero del Lavoro che in recenti interpelli ha adottato tale definizione proprio per estendere agli studi professionali gli strumenti originariamente previsti a favore delle imprese come gli sgravi contributivi per le assunzioni di lavoratori licenziati nelle imprese con un numero di lavoratori inferiore a 15 dipendenti (interpello n. 10/2011) ed i contratti di solidarietà di cui alla legge n. 236/1993 (interpello n. 33/2011).
Ci occorre poi sottolineare come Confprofessioni, Parte Sociale del comparto degli studi professionali, unitamente alla controparte sindacale abbia recentemente concluso un Accordo per il sostegno al reddito in cui oltre ad impegnarsi a valutare la costituzione di un Fondo dedicato allo scopo, secondo le disposizioni della legge Fornero, ha previsto una serie di prestazioni integrative degli ammortizzatori sociali in deroga attualmente in vigore.
In particolare, in relazione alla cig in deroga, la bilateralità del settore ha messo a disposizione degli studi notevoli risorse per integrare quanto finora era garantito. Con grande senso di responsabilità istituzionale avevamo intenzione di fare la nostra parte con gli organismi previsti dal Ccnl degli studi professionali. Se le norme contenute nel decreto interministeriale dovessero restare immutate, l’azione già posta in essere da questa Confederazione, con il succitato accordo di sostegno al reddito, dovrà inevitabilmente essere rinegoziata con le spiacevoli conseguenze che si determineranno per i lavoratori interessati. Auspichiamo che la nostra operazione non risulti vana e che si arrivi ad una riconsiderazione dei soggetti che possono beneficiare della cassa integrazione in deroga.
Qualora si intendano rivedere le disposizioni legislative o quelle contenute nel Decreto potrebbe anzi essere giusto valorizzare quanto previsto delle Parti Sociali nell’ambito delle misure di sostegno al reddito.
Ci permettiamo, infine, di suggerire di inserire riferimenti ad una corrispondenza tra interventi a sostegno del reddito e politiche attive del lavoro.
Il settore delle libere professioni occupa più di un milione di lavoratori nella grande maggioranza a tempo indeterminato e numerosi sono i giovani che sono stati assunti con contratto di apprendistato. Il comparto, pur riscontrando in alcune aree professionali situazioni di particolare difficoltà, ha grandi potenzialità di crescita occupazionale. Appare quindi particolarmente ingiusto privare i liberi professionisti italiani di importanti strumenti per la tutela dei loro studi.

 

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