Riscossione, si cambia

Il Pronto Fisco di marzo, a cura di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

La fervente ripresa dell’attività dell’Agente della Riscossione è sotto gli occhi di tutti, dimostrata da una molteplicità di atti che ogni giorno vengono notificati ai contribuenti. In attesa di conoscere l’incerto futuro (soprattutto se davvero verrà rieditata la tanto auspicata riedizione della rottamazione), è necessario ripercorrere cosa è accaduto nell’ultimo scorcio dell’anno 2021:

  • le variazioni contenute nel D.L. 146/2021 (cd: “decreto fisco-lavoro), convertito con modificazioni nella Legge 17 dicembre 2021 n 215;
  • le novità apportate dalla Legge 30 dicembre 2021, n. 234 (cd. Legge di Bilancio 2022).

In estrema sintesi:

  • il D.L. n. 146/2021, nella versione post conversione, contiene novità che riguardano gli aspetti più operativi della riscossione, soprattutto nell’ottica della gestione post sospensione Covid;
  • la Legge di Bilancio 2022 contiene invece disposizioni riferite per lo più all’assetto organizzativo dell’agente della riscossione.

 

Rottamazione ter e saldo e stralcio – rimessione in termini

L’art. 1 del D.L. n. 146/2021 ha integralmente sostituito l’art. 68, comma 3, del D.L. n. 18/2020, in materia di “rottamazione-ter” e “saldo e stralcio”, introducendo una proroga dei termini di versamento delle rate da pagarsi nell’anno 2020 e di quelle in scadenza il 28 febbraio, il 31 marzo, il 31 maggio e il 31 luglio del 2021.

Nella prima versione della norma era previsto il differimento al 30 novembre 2021 del termine ultimo entro il quale erano considerati tempestivi i versamenti eseguiti al riguardo.

Senonchè, in fase di conversione del decreto in esame, tale termine del 30 novembre è stato ulteriormente differito al 9 dicembre 2021, dovendosi a tale data considerarsi tempestivi i versamenti di tutte le rate sopra citate.

Peraltro, a tale nuovo termine del 9 dicembre, è stata estesa l’applicazione dei 5 giorni di tolleranza previsti dell’art. 3, comma 14-bis, del D.L. n. 119/2018 e, conseguentemente, la scadenza ultima può essere individuata nella data del 14 dicembre 2021. In questo modo, la rimessione in termini ha consentito a tutti contribuenti che non hanno rispettato le suddette proroghe di poter sanare la propria posizione pagando in un’unica soluzione le rate non versate entro il 14 dicembre 2021.

Occorre debitamente sottolineare però che la permissiva norma non riguarda i mancati versamenti del 2019: ne consegue che coloro i quali non hanno versato le rate del 2019 non rientrano in nessuna delle suddette proroghe o rimessioni in termini; ne consegue che si riterranno decaduti dal beneficio della rottamazione o del saldo e stralcio con la conseguenza che viene ripristinato il debito inziale, comprensivo di sanzioni e interessi di mora.

 

Cartelle di pagamento – i termini per il pagamento

Il successivo art. 2 del D.L. n. 146/2021 aveva inizialmente prolungato a 150 giorni, in luogo degli ordinari 60 giorni, il termine per l’adempimento spontaneo delle somme richieste con le cartelle di pagamento notificate dall’agente della riscossione nel periodo dal 1° settembre al 31 dicembre 2021. Successivamente, in fase di conversione del DL nella Legge 215/2021, il termine di 150 giorni è stato ulteriormente prolungato a 180 giorni.

Conseguentemente, prima di tale scadenza l’agente della riscossione non potrà dare corso all’attività di recupero coattivo del debito iscritto a ruolo, mentre resta fermo il termine di 60 giorni per la proposizione del ricorso.

Inoltre, la norma in esame ha stabilito che per i pagamenti entro tale nuovo termine, gli oneri di riscossione (cosiddetto “aggio”) sono pari al 3% delle somme dovute e non corrono interessi di mora.

In connessione a tale disposizione è poi intervenuto il comma 913 della Legge di Bilancio 2022, la quale dispone che, con riferimento alle cartelle di pagamento notificate dall’agente della riscossione dal 1° gennaio al 31 marzo 2022, il termine per il pagamento è di 180 giorni dalla data di notifica.

Pertanto anche per le cartelle notificate fino al 31 marzo 2022:

  • viene prolungato dagli ordinari 60 a 180 giorni il termine per l’adempimento spontaneo delle somme richieste;
  • fino allo scadere del predetto termine di pagamento non saranno dovuti interessi di mora;
  • prima di tale scadenza l’agente della riscossione non potrà dare corso all’attività di recupero coattivo del debito iscritto a ruolo.

 

Termine di pagamento – ambito di applicazione

E’ opportuno precisare che il suddetto termine di sospensione di 180 giorni:

  • vale esclusivamente per le cartelle di pagamento notificate o da notificare dall’Agente della Riscossione;
  • non si applica invece agli avvisi di accertamento notificati dall’Agenzia delle Entrate e agli avvisi di addebito notificati dall’INPS.

Ed invero, in materia era già intervenuto sia l’INPS con il messaggio n. 4131 del 24 novembre 2021, sia il Ministero dell’Economia e delle finanze e il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali fornendo dettagli sulla portata applicativa della norma. Entrambi i Ministeri hanno confermato che, stante il tenore letterale dell’articolo 2 del D.L.  146/2021, “la disposizione in questione debba essere riferita alla sola attività di notifica delle cartelle di pagamento svolta dall’agente della riscossione”.

 

Rateizzazioni in essere all’inizio della sospensione Covid-19 – termini di decadenza

L’art. 3, comma 1, del D.L.146/2021 ha stabilito che per le rateizzazioni in essere all’8 marzo 2020, data in cui è scattata la emergenza Covid-19, è prevista l’estensione da 10 a 18 del numero di rate che, se non pagate, determinano la decadenza della dilazione concessa. I commi 2 e 3 del medesimo art. 3 prevedono inoltre il differimento dei termini di pagamento al 31 ottobre 2021.

Invece, meno favorevolmente, per le rateizzazioni concesse dopo l’8 marzo 2020 e richieste fino al 31 dicembre 2021, la decadenza dal beneficio si realizza con il mancato pagamento di 10 rate.

 

Nuove rateazioni delle cartelle di pagamento

Per le istanze di rateizzazione delle cartelle di pagamento presentate a partire dal 1° gennaio 2022 è bene evidenziare che non sussiste, al momento, alcuna disposizione specifiche “agevolativa”. In particolare, viene meno l’estensione del limite di euro 100.000 entro i quali non era necessario documentare la temporanea situazione di difficoltà economica, tornandosi al “vecchio” limite di 60.000 euro.

Dunque, allo stato dell’attuale normativa, per importi superiori a 60.000 euro resta sempre necessario documentare la temporanea situazione di difficoltà economica così come previsto dall’art. 19 DPR 602/1973, anche per l’ottenimento di piani di dilazione fino a 72 rate.

Analogo amaro “destino” è riservato alle condizioni di decadenza dalla rateizzazione. Infatti, sempre a decorrere dalle istanze presentate a partire dal 1° gennaio 2022, la decadenza dal beneficio si realizza al mancato pagamento di 5 rate anche non consecutive così come previsto dall’art. 19 DPR 602/1973.

 

Rateazione per i soggetti decaduti – penality

Per coloro che sono decaduti dal beneficio di una precedente rateizzazione per mancato pagamento delle rate, indipendentemente dalla data in cui tale decadenza si sia concretizzata, è possibile ottenere una nuova dilazione solo a condizione che siano preliminarmente regolarizzate tutte le rate già scadute.

 

Non impugnabilità dell’estratto di ruolo e limiti all’impugnabilità del ruolo

Mediante l’art. 3-bis del D.L. n. 146/2021, aggiunto in sede di conversione, è stato stabilito che l’estratto di ruolo non potrà essere più impugnato, mentre il ruolo e la cartella sono impugnabili per vizi di notifica unicamente in determinate circostanze.

L’art. 3-bis, in particolare, introduce un nuovo comma 4-bis all’articolo 12 del DPR 602/1973 in materia di contenuto e formazione dei ruoli, stabilendo che l’estratto di ruolo non è impugnabile, non trattandosi né di atto amministrativo, né rientrante nell’elenco degli atti impugnabili di cui all’art.19 del D.Lgs. n. 546/1992. L’estratto di ruolo, infatti, non è altro che un documento informatico, elaborato dall’agente della riscossione su richiesta dell’interessato e contiene unicamente alcuni elementi generali di una cartella o di altro atto impositivo (avviso di addebito o avviso di accertamento), che prima della modifica normativa in parola veniva impugnato autonomamente dal contribuente solo nel caso in cui egli lamentava un difetto di notifica della cartella di pagamento a suo carico.

Il citato comma 4-bis, aggiunge però che il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono comunque suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri:

  1. che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto;
  2. che si sia verificato un blocco della riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici per effetto delle verifiche di cui all’articolo 48 -bis;
  3. che si possa configurare una potenziale perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione.

 

La remunerazione dell’agente della riscossione

Il comma 15 della Legge n. 234/2021 ha integralmente riscritto il sistema di remunerazione dell’agente della riscossione, sulla base di quanto sancito dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 120/2021, con la quale il giudice delle leggi si era espresso sulla legittimità dell’aggio nell’esecuzione forzata tributaria, stabilendo di fatto che era necessario che il Legislatore intervenisse al fine di sanare un potenziale vizio di costituzionalità valutando “se l’istituto dell’aggio mantenga ancora oggi una sua ragion d’essere posto che rischia di far ricadere su alcuni contribuenti, in modo non proporzionato, i costi complessivi di un’attività ormai svolta quasi interamente dalla stessa amministrazione finanziaria e non più da concessionari privati, o non sia piuttosto divenuto anacronistico e costituisca una delle cause di inefficienza del sistema”.

Viene, conseguentemente, abolito l’aggio della riscossione, e viene sostituito da uno stanziamento di fondi che gravano sulla fiscalità generale. Ebbene, nella sostanza la funzione di riscossione, unitamente a quella di deterrenza e contrasto all’evasione fiscale finalizzate al progressivo innalzamento del tasso di adesione spontanea agli obblighi tributari, a decorrere dai ruoli consegnati dal 1° gennaio 2022 non sarà più a carico dei contribuenti che riceveranno una cartella esattoriale.

Restano invece a carico dei debitori iscritti a ruolo:

  • una quota, denominata “spese esecutive”, riferita all’attivazione di procedure esecutive e cautelari da parte dell’agente della riscossione, nella misura fissata con apposito DM del MEF;
  • una quota correlata alla notifica della cartella di pagamento e degli altri atti di riscossione.

Viceversa, resta a carico degli enti creditori diversi dalle amministrazioni statali, dalle agenzie fiscali e dagli enti pubblici previdenziali:

  • una quota, trattenuta all’atto dei riversamenti a qualsiasi titolo in favore di tali enti, in caso di emanazione da parte dell’ente medesimo di un provvedimento che riconosce in tutto o in parte non dovute le somme affidate, nella misura determinata con il citato DM da emanarsi;
  • una quota, trattenuta all’atto del riversamento pari all’1% delle somme riscosse. Questa può essere variata fino alla metà, in aumento o in diminuzione, con DM del MEF, tenuto conto dei carichi annui affidati e dell’andamento della riscossione.

Per i carichi affidati fino al 31 dicembre 2021, restano fermi, infine:

  • l’aggio e gli oneri di riscossione dell’agente della riscossione;
  • il rimborso delle spese relative alle procedure esecutive e alla notifica della cartella di pagamento ma solo per le attività svolte fino alla data del 31 dicembre 2021,.

 

Verifiche previste dall’art. 48-bis del DPR 602/1973

Il comma 653 della Legge di Bilancio contiene un’importante precisazione in merito alle disposizioni che prevedono, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, l’erogazione da parte dell’Agenzia delle entrate di contributi a fondo perduto: su tali erogazioni non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 48-bis del DPR n. 602/1973.

Si tratta di un passaggio assai rilevante: infatti, la norma “disapplicata” impone alle PA, prima di effettuare a qualunque titolo – compreso il risarcimento del danno da ritardo giudiziario – il pagamento di un importo superiore a 5.000 euro, di verificare se il beneficiario sia inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo). La disposizione consente di far arrivare i contributi ai diretti interessati per metterli al servizio della ripresa operativa, consentendo i non vanificare la finalità dell’intervento di sostegno.