Detrazioni Irpef 2025: cosa cambia

La manovra per il 2025 prevede importanti novità nel mondo delle detrazioni per le persone fisiche, con variazioni rilevanti soprattutto per quanto concerne i possessori di reddito di lavoro dipendente, i carichi di famiglia, le spese che danno diritto alle detrazioni in genere ed i bonus edilizi. È necessario pertanto osservare tali modifiche, soprattutto per gestire le eventuali criticità e, se possibile, ottimizzare la fruizione dei benefici fiscali

di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

 

Le detrazioni per lavoro dipendente

Precisiamolo subito: le modifiche al sistema di detrazione per lavoro dipendente non recano particolari preoccupazioni applicative, posto che saranno riconosciute in sede di corresponsione dell’emolumento mensile. Quindi ci limitiamo a descrivere le scelte del legislatore, per comprendere la modalità con cui si è proceduto (ed anche al fine di rappresentare ai dipendenti che qualcosa in più vi sarà in busta paga).

In primo luogo è stabilito l’innalzamento a 1.955,00 euro (aumento di 75 euro), della detrazione riconosciuta ai percettori di reddito di lavoro dipendente (e alcuni redditi assimilati elencati nell’articolo 13 del Tuir, con esclusione dei redditi di pensione), a condizione che il reddito complessivo non sia superiore a 15 mila euro.

Dopo di che vi sono una serie di modifiche specifiche dirette ad alleggerire la pressione fiscale per tale categoria i contribuenti, con redditi non superiori a 40 mila euro. Infatti:

  • Viene mantenuta inalterata la modalità di riconoscimento del trattamento integrativo, prevedendosi che il predetto aumento della detrazione di 75 euro sia “neutralizzato” nei calcoli da eseguire per verificare il diritto alla spettanza dello stesso;
  • A vantaggio di coloro che hanno un reddito complessivo non superiore a 20.000 euro è riconosciuta una somma, che non concorre alla formazione del reddito, determinata applicando al reddito di lavoro dipendente del contribuente (proporzionato ad anno), le seguenti percentuali:
    • 7,1 per cento, se il reddito di lavoro dipendente non è superiore a 8.500 euro;
    • 5,3 per cento, se il reddito di lavoro dipendente è superiore a 8.500 euro ma non a 15.000 euro;
    • 4,8 per cento, se il reddito di lavoro dipendente è superiore a 15.000 euro;
  • Per coloro che invece hanno un reddito complessivo superiore a 20.000 euro spetta un’ulteriore detrazione dall’imposta lorda, rapportata al periodo di lavoro, di importo pari:
    • a 1.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 20.000 euro ma non a 32.000 euro;
    • al prodotto tra 1.000 euro e l’importo corrispondente al rapporto tra 40.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 8.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 32.000 euro ma non a 40.000 euro (in pratica si rende la detrazione di 1.000,00 euro inversamente proporzionale al reddito complessivo, con azzeramento alla soglia di 40 mila euro).

Per il riconoscimento sia del bonus aggiuntivo che della detrazione di 1.000,00 euro è poi precisato che si tiene conto anche dei redditi tassati in maniera agevolata per i c.d. “rimpatriati”, nonché per coloro che hanno fruito dei vantaggi legati al “rientro dei cervelli”.

 

La detrazione per carichi di famiglia

Rilevante è poi una delle modifiche apportate alle detrazioni per “carichi di famiglia”, gestite dall’articolo 12 del Tuir. Anzitutto è stabilito che dette agevolazioni non sono più riconosciute ai contribuenti che non sono cittadini italiani o di uno Stato membro dell’Unione europea o di uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo in relazione ai familiari residenti all’estero. Dopo di che, si stabilisce che la detrazione di 950 euro oggi riguarda ciascun figlio, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi, affiliati o affidati, e i figli conviventi del coniuge deceduto, di età pari o superiore a 21 anni ma inferiore a 30 anni, nonché ciascun figlio di età pari o superiore a 30 anni con disabilità accertata ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

Sul punto è appena il caso di segnalare che restano immutate tutte le altre condizioni e regole che riguardano la sussistenza delle condizioni di “familiare a carico”, ossia tra le altre:

  • il non aver percepito, nel periodo d’imposta (ed a prescindere dalla data di superamento della soglia reddituale), un reddito complessivo superiore a 2.840,51 euro, ovvero a 4.000,00 euro se il figlio non ha un’età maggiore di 24 anni;
  • il dover suddividere le detrazioni tra gli aventi diritto (ad esempio, tra i genitori al 50%), fatta salva la possibilità di scelte diverse come analiticamente disciplinate nel medesimo Tuir (ad esempio attribuendo tutta la detrazione a colui che ha reddito maggiore o applicando le varie scelte previste nei casi di separazione dei genitori);
  • la necessità di proporzionare in ogni caso le detrazioni non soltanto al periodo di spettanza (ad esempio i mesi dell’anno in cui il figlio è ancora a proprio carico, perché poi magari diviene a carico del coniuge), ma anche al reddito dell’avente diritto (con situazione di potenziale azzeramento per i redditi superiori a 95 mila euro.

Si rammenta inoltre che il requisito di essere “fiscalmente a carico” è solo legato all’ammontare di reddito percepito e permane anche se relativamente ai carichi di famiglia si decide di non fruire della detrazione, attribuendola all’altro coniuge. Il soggetto resta fiscalmente a carico e ciò è rilevante per tutti gli altri benefici legati a tale requisito soggettivo (si pensi alle spese mediche per i familiari a carico: se in sede di dichiarazione il contribuente decide di non fruire della detrazione per il carico di famiglia, attribuendola al 100% al coniuge con reddito maggiore – una delle opzioni previste dalla norma – in ogni caso può detrarre le spese mediche sostenute per il familiare).

La modifica più importante, però, è eseguita in ordine agli altri familiari, per i quali è stabilito a decorrere dal 2025 che la detrazione di 750,00 euro spetta solo per ciascun ascendente che conviva con il contribuente. Dunque a differenza del passato:

  • sparisce il riferimento ai soggetti di cui all’art. 433 del c.c. (ad esempio, non sarà più possibile detrarre in riferimento a fratelli, sorelle, nuore, generi e nipoti);
  • è anche eliminata la possibilità di provare, in altre modalità, il sostenimento del familiare. Pertanto la detrazione non sarà più riconosciuta se il familiare (come detto solo ascendente), vive altrove, anche se si pagano per suo conto tutte le spese.

Francamente è una scelta che non si condivide. Se è vero che tutela gli anziani, non tiene affatto conto il problema inverso, spesso generato dalla perdita del lavoro. Di fatto, con questa modifica, un nonno non avrà più alcun beneficio se interviene ad esempio a beneficio del figlio rimasto disoccupato, provvedendo alle occorrenze della sua famiglia: egli infatti avrà diritto alla detrazione per il figlio (solo se di età inferiore a 30 anni), ma non potrà più detrarre nulla sia per la nuora, che per i nipoti. E sul piano sociale davvero non si comprende una simile limitazione.

Dovendo poi evidenziare il “caos” del mancato coordinamento al momento esistente nel Tuir, dove a seconda delle circostanze è necessario assumere un concetto di “altro familiare” (oltre coniuge e figli), differente. Infatti:

  • per le detrazioni per carichi di famiglia, come visto rilevano solo gli ascendenti (genitori, nonni ed eventualmente bisnonni);
  • per le spese detraibili sostenuti per i familiari a carico di cui all’articolo 15 del Tuir, il relativo comma 2 rinvia ai soggetti elencati nell’articolo 12 del medesimo testo unico e quindi rilevano sempre i soli ascendenti;
  • per le spese deducibili sostenute per i familiari, l’articolo 10 del Tuir rinvia ai soggetti di cui all’articolo 433 del c.c. (quindi oltre gli ascendenti, rilevano fratelli, sorelle, generi, nuore e nipoti);
  • per le ulteriori situazioni, si applica il concetto di cui all’articolo 5 del Tuir (ossia parenti entro il terzo grado ed affini entro il secondo). Trattasi, ad esempio, della verifica del requisito “prima casa” per la detrazione dei mutui, o ancora dell’individuazione del “familiare convivente” per appurare i soggetti aventi diritto alla detrazione dei bonus edilizi.

 

Il nuovo tetto alle detrazioni per i redditi oltre 75 mila euro

La novità più significativa attiene al nuovo tetto sulle detrazioni fruibili che viene connesso ad un doppio parametro: di importo fisso ed in ogni caso di “proporzione” al reddito percepito. Dovendo ricordare sul punto che permane in ogni caso la vecchia regola di rendere le detrazioni inversamente proporzionali al reddito per i contribuenti con reddito tra 120 mila e 240 mila euro, la nuova modifica deve essere prioritariamente accompagnata da un’importante sottolineatura: le limitazioni introdotte riguardano sempre e soltanto il singolo contribuente, non il nucleo familiare. Questo significa che, laddove possibile e limitatamente agli oneri su cui è ammessa una libera ripartizione tra gli aventi diritto, è il caso di concentrare gli stessi sui contribuenti con reddito non superiore a 75 mila euro. A mero titolo di esempio, tra due coniugi con il marito avente un reddito inferiore a 75 mila euro e la moglie con reddito maggiore, sarà conveniente concentrare sul primo le spese per i figli a carico (palestre, università etc), così come sarà opportuno far sostenere allo stesso le spese per i bonus edilizi e via dicendo, ricordandosi però il limite opposto: salvo rari casi, le detrazioni sono fruibili solo ed esclusivamente fino a capienza dell’imposta lorda dell’anno, senza riporto alle dichiarazioni successive e senza emersione di crediti rimborsabili. Pertanto, se è vero che conviene concentrare le stesse sui soggetti con redditi inferiori, è altrettanto vero che bisogna monitorare con attenzione la “capienza” dell’imposta lorda degli stessi, onde evitare di “perdere” parte delle detrazioni (nel qual caso, meglio riattribuire le detrazioni al soggetto con reddito maggiore, che seppur limitate dalle varie regole introdotte dal legislatore, almeno vengono recuperate in parte). Ad esempio, se il primo coniuge ha detrazioni complessive di 15 mila euro ma imposta lorda di 8 mila euro, evidentemente “perde” ben 7 mila euro di detrazioni; tanto vale, se possibile, attribuire le spese eccedenti la capienza all’altro coniuge (in linea teorica gli ulteriori 7 mila non capienti), in modo che almeno si recupera qualcosa (se pure fosse il 50% di dette spese per le regole che vedremo a breve, la detrazione complessiva dei due coniugi si attesta ad 11.500 euro nel nostro esempio, ossia 8 mila euro “capienti” sul primo coniuge e 3.500 euro effettivamente riconosciuti sul secondo coniuge).

Eseguito tale necessario ragionamento sui calcoli di convenienza, vediamo ora cosa ha concepito il legislatore. Viene in particolare introdotto un nuovo articolo 16 ter nel Tuir, il quale al comma 1 recita: “1. Fermi restando gli specifici limiti previsti da ciascuna norma agevolativa, per i soggetti con reddito complessivo superiore a 75.000 euro gli oneri e le spese per i quali il presente testo unico o altre disposizioni normative prevedono una detrazione dall’imposta lorda, considerati complessivamente, sono ammessi in detrazione fino all’ammontare calcolato moltiplicando l’importo base determinato ai sensi del comma 2 in corrispondenza del reddito complessivo del contribuente per il coefficiente indicato nel comma 3 in corrispondenza del numero di figli, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti e i figli adottivi, affiliati o affidati, presenti nel nucleo familiare del contribuente, che si trovano nelle condizioni previste nell’articolo 12, comma 2, del presente testo unico”.

Tradotto in pratica:

  • per i redditi complessivi fino a 75 mila euro, le detrazioni si fruiscono con le regole ordinarie;
  • per i redditi superiori, si introducono due parametri ulteriori: un limite massimo complessivo ed un meccanismo di “proporzionamento” al reddito percepito di detto importo;
  • la proporzione della spettanza delle detrazioni è eseguita in funzione del numero dei figli ai carico (non venendo data alcuna rilevanza sia ai coniugi che agli ascendenti, pur se a carico). I figli sono “conteggiati” anche se la detrazione per carico di famiglia non è fruita (ad esempio in quanto attribuita al 100% all’altro coniuge).

L’importo massimo di base da considerare è suddiviso in due fasce reddituali:

  • 000 euro, se il reddito complessivo del contribuente (al netto della prima casa e delle relative pertinenze), è superiore a 75.000 euro e non superiore a 100.000 euro;
  • 000 euro, se il reddito complessivo del contribuente è superiore a 100.000 euro.

Tale importo base (14 mila oppure 8 mila a secondo del reddito), però è quello massimo di detrazione complessiva fruibile dal contribuente rientrante nei predetti due scaglioni, atteso che lo stesso deve essere moltiplicato per i seguenti coefficienti:

  • 0,50, se nel nucleo familiare non sono presenti figli a carico;
  • 0,70, se nel nucleo familiare è presente un figlio a carico;
  • 0,85, se nel nucleo familiare sono presenti due figli a carico;
  • 1, se nel nucleo familiare sono presenti più di due figli a carico o almeno un figlio con disabilità accertata ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, sempre fiscalmente a carico.

Il contribuente in pratica deve prima “assestare” il proprio ammontare di detrazioni a quello massimo previsto dalla legge e poi ulteriormente verificare l’ammontare di effettiva spettanza, determinato in funzione dei coefficienti ancorati ai propri carichi di famiglia (con esclusivo riguardo ai figli).

Quindi giusto per fare qualche esempio:

  • Soggetto con reddito di 80 mila euro, che ha coniuge e due figli a carico, con detrazioni complessive (fatte salve le precisazioni che a breve faremo), pari a 18 mila euro, detrae l’importo della seguente proporzione: massimo 14 mila euro, moltiplicato per 0,85%, con dunque massima detrazione ammessa pari a 11.900,00 euro;
  • Coniugi, di cui il primo con reddito di 80 mila ed il secondo con reddito di 60 mila euro, con detrazioni complessive di 18 mila euro suddivise al 50% ed un solo figlio a carico, avremo il secondo coniuge che detrae interamente i suoi 9 mila euro, mentre il primo dovrà moltiplicare i propri 9 mila euro per il coefficiente di 0,70%, avendo pertanto diritto ad ulteriori 6.300,00 euro, per una detrazione complessiva della famiglia pari a 15.300,00 euro.

È evidente che qualcosa non funziona e la motivazione è semplice: introducendo un parametro reddituale, per una maggiore equità si sarebbe dovuto far riferimento al nucleo familiare, altrimenti creandosi inevitabili distorsioni (nel secondo esempio proposto, pur con 60 mila euro di reddito in più ed un figlio in meno a carico, la detrazione effettivamente ottenuta, a parità di quella teorica spettante di 18 mila euro, è superiore di 3.400,00 euro rispetto al primo esempio).

La norma in ogni caso pone delle limitazioni in ordine alle spese che devono essere sottoposte al nuovo limite, prevedendo anzitutto che sono escluse dal computo dell’ammontare complessivo degli oneri detraibili le spese sanitarie (tutte, dunque ad esempio anche quelle per il trasporto dei disabili), gli investimenti nelle start up innovative e gli investimenti nelle PMI innovative.

Dopo di che non si computano le spese “maturate” in annualità precedenti, con specifico riguardo a:

  • le spese per i bonus edilizi (e le rate di altri oneri, come i bonus energetici o i bonus mobili), sostenute fino al 31 dicembre 2024. Sul punto è bene precisare che la spesa rileva “per cassa”, a prescindere dall’esecuzione dei lavori. Quindi le spese fino a tutto il 2024 sono escluse dalla precedente limitazione, anche se i lavori hanno inizio nel 2025; di contro, per le spese sostenute nel 2025, pur in presenza di lavori avviati negli anni precedenti, la rata del singolo anno deve essere conteggiato nei limiti dapprima esposti (ad esempio, spesa del 2025 con detrazione pari a 40 mila euro, suddivisione in 10 rate, ammontare di 4 mila euro da conteggiare con le altre detrazioni per verificare l’effettiva spettanza; di contro, spesa del 2024 con detrazione di 50 mila euro, detrazione in dieci anni, ammontare di 5 mila euro detraibile con le regole “ordinarie”);
  • le spese per i mutui detraibili (agrari, acquisto prima casa e ristrutturazione prima casa). Sul punto rileva la contrazione del mutuo, avvenuta entro il 31 dicembre 2024. Anche in questo caso si prescinde dagli altri requisiti normativi, dovendosi valutare solo la data di contrazione del mutuo (pertanto non ricadono nel limite le casistiche in cui il mutuo è contratto nel 2024 ma l’acquisto si perfeziona nel 2025, così come successivamente si perfeziona il requisito prima casa);
  • i premi di assicurazione per i contratti stipulati entro il 31 dicembre 2024.

I nuovi limiti dei bonus edilizi

I bonus edilizi in genere incontrano un assetto totalmente innovativo e la riscrittura dei relativi limiti di spesa e/o detrazione. In primo luogo appare del tutto superfluo ragionare sulle annualità future, in quanto la storia insegna che puntualmente, ogni anno, il legislatore interviene per eventuali modifiche e/o variazioni. Dal che consegue che per il 2026 vale la pena di verificare le future determinazioni e comprendere quale sarà l’approccio prescelto.

Venendo al 2025 e ribadendo quanto già prima accennato, ossia che le spese sostenute a decorrere da detta annualità, in riferimento alla relativa rata di fruizione, dovranno superare anche il nuovo sbarramento previsto per i possessori di redditi superiori a 75 mila euro, la scelta di fondo del legislatore è stata quella di distinguere tra abitazione principale e altri immobili.

Nel primo caso, infatti, variano sia l’ammontare di detrazione riconosciuto, che il tetto di spesa ammesso all’agevolazione (sia pure con varie differenziazioni che a breve illustreremo). Il piccolo ma non insignificante problema non risolto in sede normativa (e che dovrà per forza di cose essere gestito dall’amministrazione finanziaria in futuri documenti di prassi), riguarda proprio il significato da attribuire al requisito “abitazione principale”. Di cosa stiamo parlando?

Se è indubbio che il contribuente che interviene con i lavori edilizi sul proprio immobile già adibito ad abitazione principale sicuramente fruisce delle maggiorazioni previste dal legislatore, non pochi problemi sorgono in diverse ulteriori circostanze, di seguito sintetizzate:

  • Cosa si intende per abitazione principale? Attingendo alle altre detrazioni (mutui, spese di intermediazione, etc), per abitazione principale si intende quella in cui il contribuente, o i suoi familiari (nell’accezione dell’articolo 5 del Tuir ed anche se non fiscalmente a carico), dimorano abitualmente. Dal che deriva che dovrebbe essere riconosciuta la maggiorazione anche se, ad esempio, gli interventi sono eseguiti sull’immobile di proprietà in cui risiede, come prima casa, la figlia del contribuente;
  • Se vale il requisito “prima casa” anche dei familiari, cosa accade se il contribuente esegue contemporaneamente interventi sia sulla propria abitazione principale che su quella (sempre di sua proprietà), destinata ad abitazione principale di un familiare? Avrà per entrambi gli immobili la maggiorazione o, come ad esempio accade nell’ipotesi della deduzione per l’abitazione principale, può fruire di tale vantaggio una sola volta e sempre e comunque sulla propria abitazione principale? Peraltro, se la distinzione dei limiti e delle percentuali dovesse persistere anche in futuro, potrà il contribuente eseguire gli interventi su diversi immobili in diversi anni (fermo restando il requisito prima casa)?
  • Come si valuta il requisito prima casa? Può lo stesso intervenire al termine dei lavori (perché ad esempio si acquisisce un immobile da ristrutturare e poi si trasferisce la residenza)? Od in ogni caso può determinarsi al termine degli adempimenti per la detrazione (si pensi all’acquisto di unità immobiliari facenti parte di fabbricati interamente ristrutturati)? Nel passato, in riferimento alle spese di intermediazione immobiliare, in via interpretativa è stato chiarito che si sarebbero applicate le condizioni previste per i mutui prima casa. Potrà valere lo stesso principio, magari ancorando il requisito alle regole del mutuo ristrutturazione (dunque adibire l’immobile ad abitazione principale entro 6 mesi)?
  • La maggiorazione per “la prima casa”, vale anche nel caso di interventi sulle pertinenze o di interventi sulle parti comuni? In tale seconda ipotesi, ad esempio, si potrebbero verificare detrazioni diverse a seconda della “condizione” del soggetto avente diritto.

Insomma, gli interrogativi non sono di poco conto e vanno monitorati, nella speranza di veloci chiarimenti sul punto.

Detto questo, l’assetto dei bonus edilizi per il 2025 è il seguente:

  • Per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, nonché per il c.d. sismabonus, per la prima casa la percentuale di detrazione è del 50% e il massimale di spesa è 96 mila euro. Per gli altri immobili, si scende al 36%, con massimale di spesa sempre a 96 mila euro;
  • Per gli interventi di riqualificazione energetica, la percentuale di detrazione è del 50% per le prime case e del 36% nelle altre ipotesi (i limiti delle detrazioni rimangono invariati). A partire dal 2025, l’Ecobonus e il Bonus Ristrutturazione non potranno più essere utilizzati per gli interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie alimentate a combustibili fossili;
  • Per il c.d. superbonus, è riconosciuta la detrazione del 65% (che resta al 110% solo per le zone terremotate), per le spese sostenute nell’anno 2025 esclusivamente per gli interventi per i quali, alla data del 15 ottobre 2024 risulti:
    • presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA), se gli interventi sono diversi da quelli effettuati dai condomini;
    • adottata la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori e presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA), se gli interventi sono effettuati dai condomini;
    • presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo, se gli interventi comportano la demolizione e la ricostruzione degli edifici;
  • per il superamento delle barriere architettoniche, la detrazione è riconosciuta nella misura del 75%, con tetto di spesa, di 50.000 euro per edifici unifamiliari o unità immobiliari indipendenti, ovvero di 40.000 euro per unità immobiliari in edifici da 2 a 8 unità e di 30.000 euro per unità immobiliari in edifici con più di 8 unità (la detrazione è ripartibile in 5 rate).

Infine, per il superbonus ed in riferimento alle spese del 2023 in riferimento alle quali il contribuente non è riuscito a fruire delle opzioni (sconto in fattura e/o cessione), viene introdotta la possibilità di optare, mediante integrativa e senza sanzioni e interessi, per la ripartizione in dieci rate (scelta irrevocabile). In pratica, in luogo della suddivisione in 4 rate che magari potrebbe arrecare problemi di “incapienza”, sarà possibile ripartire in 10 rate, ovviamente riversando l’eventuale maggior debito (o minor credito già fruito/rimborsato), ma senza sanzioni e interessi. L’integrativa in questione, pur se prodotta nel 2025, non comporta per le rate emergenti alcun problema di valutazione ai fini della nuova regola prevista per i redditi superiori a 75 mila euro (infatti trattasi di spese antecedenti al 2025).