«La modernizzazione dell’amministrazione della giustizia passa anche attraverso una revisione della figura del Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU). Tuttavia, se da un lato le misure sui compensi appaiono orientate a garantire un miglior trattamento economico ai professionisti, le disposizioni relative alla qualificazione pongono diverse criticità. Il rischio è quello di introdurre nuove complessità burocratiche, rallentando le procedure e imponendo ulteriori oneri ai professionisti».
È quanto ha dichiarato il presidente di AssoIngegneri, Alberto Molinari, davanti alla commissione Giustizia del Senato, lo scorso 15 maggio, nel corso dell’audizione sui quattro disegni di legge relativi alla riforma dei CTU, attualmente al vaglio del Parlamento. Nello specifico, i ddl AS 683 e AS 1076 puntano a ridefinire i requisiti di accesso all’albo CTU; mentre i ddl AS 1065 e AS 1068 affrontano il tema del compenso, con proposte per una più equa remunerazione della prestazione professionale.
Una formazione obbligatoria: opportunità o aggravio?
I disegni di legge AS 683 e AS 1076 prevedono l’istituzione di un corso base propedeutico all’iscrizione all’albo CTU. «Sebbene il principio di garantire una maggiore preparazione ai CTU sia condivisibile, il sistema proposto si scontra con alcune problematiche. Riteniamo che la qualificazione dei consulenti dovrebbe continuare ad essere garantita attraverso le consuete forme di aggiornamento professionale e formazione continua, evitando di imporre ulteriori obblighi formativi che rischiano di gravare eccessivamente sui professionisti», ha affermato Molinari, sottolineando l’importanza di valorizzare in tal senso il ruolo delle associazioni professionali e degli enti di formazione.
Ddl 683: le criticità principali
Il disegno di legge AS 683, secondo AssoIngegneri, presenta alcune criticità e rischi. In particolare:
- La regolamentazione dei corsi viene affidata agli ordini professionali, senza prevedere il coinvolgimento di altri enti formativi accreditati. Questo solleva preoccupazioni sul rischio di una gestione monopolistica dell’accesso ai percorsi professionali.
- Il corso proposto prevede 200 ore di formazione in un arco di almeno 12 mesi, con aggiornamenti obbligatori ogni tre anni. Inoltre, i costi della formazione sarebbero interamente a carico dei candidati, un onere aggiuntivo che potrebbe penalizzare l’accesso alla professione.
- Il ddl. 683 riduce l’esperienza minima richiesta per partecipare al corso a tre anni, mentre il regolamento ministeriale attuale prevede cinque anni di attività effettiva e continuativa.
Compensi garantiti e tempistiche più rapide
In merito ai due provvedimenti in materia in materia di liquidazione dei compensi dei consulenti tecnici d’ufficio, «accogliamo con favore il ddl 1068, poiché interviene per garantire che, nei processi regolati dal Codice civile, il CTU riceva il compenso in tempi rapidi. La norma prevede che il provvedimento di liquidazione del compenso sia sempre emesso a carico solidale delle parti, con diritto di regresso interno, anche dopo il deposito della sentenza. In concreto, il consulente potrà esigere l’intero pagamento della sua parcella da ciascuna parte processuale, rafforzando il ruolo pubblicistico della figura del CTU e garantendo maggiore certezza nella riscossione degli onorari», ha proseguito Molinari.
Secondo AssoIngegneri, la misura risponde a una problematica diffusa: ritardi e difficoltà nei pagamenti spesso rendono poco appetibili gli incarichi del tribunale per i professionisti, scoraggiandone la partecipazione. Con questa riforma, secondo l’Associazione, si punta a rendere l’attività di consulenza tecnica d’ufficio più attrattiva e sostenibile.
Riforma della liquidazione nelle procedure esecutive
«Analogamente accogliamo con favore il ddl 1065 – ha aggiunto Molinari – che affronta una questione delicata: la liquidazione dei compensi per gli esperti nelle procedure esecutive immobiliari». Attualmente, il compenso è calcolato sulla base del ricavato della vendita e, prima che questa avvenga, il professionista può ricevere soltanto un acconto del 50% del compenso calcolato sul valore di stima.
Il problema, secondo AssoIngegneri «è amplificato dalle tempistiche lunghe delle vendite immobiliari. Spesso trascorrono anni prima che un immobile venga effettivamente venduto, e le aste possono andare deserte più volte, abbassando significativamente il valore di aggiudicazione. In alcuni casi, l’esecuzione forzata può persino essere dichiarata improcedibile, cancellando così ogni diritto al compenso residuo del professionista, che potrebbe persino essere chiamato a restituire gli acconti già percepiti».
Verso un sistema più equo e sostenibile
«La riforma proposta con il ddl 1065 garantirebbe una maggiore certezza nei compensi, assicurando che il pagamento del CTU non dipenda esclusivamente dagli esiti della vendita. Inoltre, allineerebbe la normativa italiana agli standard europei, che richiedono procedure di stima complesse e meticolose. Un compenso adeguato non solo tutela il professionista ma preserva anche la qualità e l’indipendenza della sua valutazione», ha concluso Molinari.