ANCORA UNA DISCRIMINAZIONE PER I COMMERCIALISTI

Di seguito il comunicato stampa ADC del 6 luglio 2015 Come è noto, la finalità delle procedure per la certificazione dei contratti, disciplinate dagli artt. 75 e seguenti del D.Lgs.
Di seguito il comunicato stampa ADC del 6 luglio 2015

Come è noto, la finalità delle procedure per la certificazione dei contratti, disciplinate dagli artt. 75 e seguenti del D.Lgs. n. 276/2003 e successivamente modificate dagli artt. 30 e 31, commi da 12 a 15 e 17, della L. n. 183/2010, è quella di ridurre il contenzioso in materia di lavoro consentendo alle parti di ottenere la certificazione dei contratti in cui sia dedotta, direttamente o indirettamente, una prestazione di lavoro. A tale scopo furono “abilitate” alla certificazione 5 tipologie di commissioni variamente costituite. Il D.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 articolo 2, decretando la fine dei “contratti a progetto”, al comma 3 dello stesso articolo, esclude i dottori commercialisti dalla possibilità di assistere il lavoratore nell’ambito delle procedure di certificazione. Un provvedimento che oltre ad essere discriminatorio, confligge in maniera evidente con la normativa attualmente in vigore per i professionisti in materia di consulenza del lavoro. In effetti, l’articolo 1 della Legge 11 gennaio 1979, n. 12 testualmente recita “Tutti gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, quando non sono curati dal datore di lavoro, direttamente od a mezzo di propri dipendenti, non possono essere assunti se non da coloro che siano iscritti nell’albo dei consulenti del lavoro a norma dell’art. 9 della presente legge, salvo il disposto del successivo art. 40, nonché da coloro che siano iscritti negli albi degli avvocati e procuratori legali, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, i quali in tal caso sono tenuti a darne comunicazione agli ispettori del lavoro delle provincie nel cui ambito territoriale intendono svolgere gli adempimenti di cui sopra”. Ed ancora, il Decreto del Ministero del lavoro 21 luglio 2004 nel regolamentare le procedure di certificazione dispone che “il datore di lavoro e il lavoratore possono farsi assistere dalle rispettive organizzazioni sindacali o di categoria o da un professionista regolarmente abilitato e tale assistenza è necessaria qualora la parte sia presente in persona di un proprio rappresentante”. Come Sindacato, dichiara il Presidente ADC Michele Saggese, ci auguriamo che a tale clamorosa svista venga posto immediato rimedio, sottrarre una funzione posta storicamente in capo anche ai dottori commercialisti, tra l’altro esplicitamente prevista dal decreto istitutivo della professione, non può che ingenerare tra i colleghi un senso di assoluta discriminazione. Una norma paradossale, profondamente ingiusta e palesemente illegittima per il delegato dell’area lavoro di ADC, Massimiliano Tavella, che lede la dignità di tanti colleghi che operano, in totale ossequio alla legge, nel campo della consulenza del lavoro.