Controlli 22 – L’Agenzia traccia le linee guida

Il Pronto Fisco di luglio, a cura di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

Il contrasto all’evasione fiscale è noto, da anni è argomento centrale dell’amministrazione finanziaria, che ha a tal fine incrementato notevolmente le fonti di informazione disponibili (sia sufficiente pensare all’enorme mole di dati “lavorati” per l’espletamento delle indagini finanziarie), nonché gli scambi e le cooperazioni con diversi enti ed amministrazioni, anche a livello internazionale.

Assai rilevanti, sono stati, inoltre, gli interventi del legislatore in questa direzione, soprattutto per quanto concerne le disposizioni di contenimento e prevenzione rispetto a potenziali illeciti e frodi fiscali. Si pensi, ad esempio, alle procedure previste per la validazione degli F24 in compensazione, piuttosto che ai provvedimenti antifrode in materia di superbonus 110% (che ad onor del vero sono stati talmente eccessivi da “imballare”, nei fatti, l’agevolazione in atto).

Le linee guida dell’Agenzia

Con la circolare 21 del 2022 l’Agenzia delle Entrate prova a fare il punto sull’attività di controllo, individuando le linee guida che gli uffici periferici devono seguire nei diversi settori d’attività, tra cui anche, ovviamente, il mondo professionale. Ai fini che qui interessano è in particolare necessario osservare quanto indicato con riguardo alle persone fisiche e ai professionisti, non dimenticando comunque che, in ogni caso, i controlli possono intervenire anche a seguito delle informazioni c.d. qualificate in qualsiasi modo reperite dall’ufficio competente.

Ad esempio, ben potrebbe emergere una segnalazione all’interno di una verifica fiscale presso un soggetto terzo circa la presunta manca,ta emissione di una fattura (si pensi alla classica annotazione sull’agenda: pagato il professionista Caio euro x), oppure potrebbe assistersi alla segnalazione specifica di soggetti a conoscenza di determinati accadimenti (anche al riguardo, classica la situazione del coniuge “tradito” o dell’ex dipendente “arrabbiato” che illustrano nel dettaglio le malefatte fiscali dell’ex compagno/datore di lavoro). Per non dimenticare le “liste selettive” che emergono dall’incrocio delle informazioni disponibili, dal redditometro alle indagini finanziarie, transitando per gli ulteriori fattori di rischio (ad esempio nel caso di soggetti con rilevanti crediti fiscali).

È, pertanto, necessario tenere nella dovuta considerazione le indicazioni dell’amministrazione centrale, con nessuna pretesa di acquisire una “immunità” rispetto alle diverse attività di controllo, ma semplicemente per avere chiare le principali modalità operative nel solco del vecchio utile adagio “prevenire (per quel che si può) è meglio che curare”.

 

Le indicazioni preliminari

In primo luogo, l’Agenzia rammenta che l’«Atto di indirizzo per il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale per gli anni 2022-2024» ha previsto un significativo incremento delle comunicazioni per la promozione della compliance. Trattasi delle famose comunicazioni di “preallerta” al contribuente in presenza di qualche anomalia, come nelle ipotesi di disallineamenti rispetto alle risultanze ISA, piuttosto che i casi di mancate dichiarazioni (totali o parziali) di redditi comunque noti all’amministrazione finanziaria perché, ad esempio, comunicati dal cliente con partita Iva che avendo pagato ha trattenuto la ritenuta d’acconto Irpef e l’ha comunicata all’agenzia con il modello 770.

Particolare attenzione sarà poi posta ai numerosi fenomeni di frode che hanno comportato l’indebita appropriazione di somme destinate all’emergenza covid (crediti d’imposta, fondi perduti) e deve dirsi che in questa direzione non si ha nulla da obiettare sul piano concettuale, auspicandosi la massima severità.

Rimane però forte l’interrogativo del perché bisogna prima far scappare pochi buoi per poi prendersela in maniera severa con tutta la mandria, che rischia di essere vessata mentre i buoi in fuga se la ridono: è il caso emblematico dei bonus edilizi laddove dopo aver consentito di fare razzia soprattutto nel bonus facciate, si sono inventati tanti di quegli ostacoli alla normativa da far diventare praticamente impossibile la cessione dei crediti fiscali (solo di recente si è cercato di porre rimedio), con istituti finanziari che hanno preannunciato la “fine dell’attività” e aziende ormai piegate in quanto zeppe di sconti praticati in fattura nella falsa illusione di poterli poi liquidare presso il sistema bancario. Speriamo che gli ultimi interventi del legislatore sappiano “rilanciare” il meccanismo, ma davvero è stato paradossale assistere all’evoluzione schizofrenica dell’agevolazione.

E’ certamente positivo che gli uffici periferici sono stati nelle linee guida invitati ad applicare in maniera generalizzata il contraddittorio preventivo, peraltro ormai previsto normativamente per la stragrande maggioranza degli accertamenti, ma lo sforzo ulteriore che a nostro avviso andrebbe fatto è di incentivare l’abbandono di eventuali preconcetti di fondo: ad esempio, non è possibile che di default in materia di crediti di ricerca e sviluppo debba per forza pensarsi che la ricerca non si sia realizzata, assistendosi a recuperi indiscriminati a pioggia.

Un simile comportamento non può che determinare due conseguenze inaccettabili:

  • da un lato l’incauto recupero in capo al contribuente, che deve ritrovarsi a “combattere” con la burocrazia, la lungaggine e i costi del contenzioso, con relativa “scarsa” fiducia nel sistema Italia;
  • dall’altro, l’incremento proprio del contenzioso, con aggravio dei costi anche per l’amministrazione finanziaria.

Contenzioso, peraltro, che rischia di divenire perdente a distanza anche di breve tempo: è il caso di quanto riscontrato proprio in tema di ricerca e sviluppo, laddove diverse commissioni di merito hanno iniziato ad evidenziare l’incompetenza tecnica degli uffici fiscali (essendo il MISE l’ente preposto a comprendere se la ricerca svolta sussista o meno e se abbia le caratteristiche per fruire dell’agevolazione). Insomma, forse un vaglio maggiore dei casi e l’abbandono dell’idea che “il recupero deve (per forza) essere fatto”, potrebbe sicuramente aiutare a raggiungere il doppio auspicato obiettivo ottimale: punire i furbi e permettere agli onesti di fruire degli strumenti messi a disposizione del legislatore per rilanciarsi e superare la crisi.

 

Il controllo nel mondo delle persone fisiche e degli autonomi

Se il prioritario interesse è rivolto alle indicazioni in materia di lavoro autonomo, è altrettanto evidente che vi sono casistiche della sfera privata che interessano noi tutti e che è bene “conoscere” per evitare spiacevoli sorprese.

Anche nell’anno 2022, trattandosi ormai di un procedimento “collaudato”, è previsto l’invio di lettere di compliance finalizzato a favorire il corretto adempimento degli obblighi dichiarativi e a porre rimedio ad eventuali errori od omissioni attraverso l’istituto del ravvedimento operoso, ossia quel meccanismo che permette da un lato di adempiere in ritardo al pagamento delle imposte (oltre gli interessi) e dall’altro di ridurre l’impatto delle sanzioni irrogate per la violazione commessa, ottenendo delle riduzioni inversamente proporzionali al periodo di tempo trascorso dalla violazione.

I contribuenti destinatari delle comunicazioni sono le persone fisiche per le quali risulta, sulla base dei dati in possesso dell’Agenzia delle entrate, un’anomalia riguardante una o più categorie reddituali (il caso classico riferito ai professionisti attiene alla mancata indicazione di un incasso di cui risulta la certificazione da parte del soggetto erogante). Le comunicazioni sono inviate agli indirizzi di posta elettronica certificata e, in caso di indirizzo PEC non attivo, la spedizione sarà effettuata mediante posta ordinaria, fermo restando che trattasi di atti consultabili all’interno del «Cassetto fiscale» del contribuente.

Tra le altre comunicazioni che attengono alle persone fisiche in generale, è poi previsto l’invio di quelle riguardanti il mancato corretto adempimento degli obblighi di monitoraggio fiscale per gli investimenti detenuti all’estero: quindi è il caso di verificare se per detti investimenti (conti correnti, case vacanze, etc), si è in regola con il quadro RW, tenendo presente che ormai la diffusione dello scambio di informazione con gli altri paesi è sempre più ampio e sono poche le casistiche che ancora sfuggono alle maglie del fisco.

La massima attenzione sarà posta all’incrocio dei dati in possesso dell’Agenzia.

In primo luogo, saranno analizzate le posizioni dei soggetti che non hanno giustificato l’anomalia comunicata o non presentato dichiarazione dei redditi integrativa (con conseguente ravvedimento operoso) a seguito della ricezione della comunicazione per la promozione dell’adempimento spontaneo. Della serie, “uomo avvisato, mezzo salvato”. Sul punto è chiaro il documento di prassi, che invita gli uffici periferici ad eseguire “un numero congruo di controlli su tali soggetti, al fine di consolidare la percezione, da parte dei contribuenti e dei professionisti che li assistono, che la mancata comunicazione all’Agenzia di elementi utili a giustificare l’anomalia segnalata o il mancato ravvedimento operoso comportano sempre un elevato rischio di essere sottoposti a controllo”.

Seguono poi, per quanto qui d’interesse, le posizioni dei soggetti operanti in qualità di sostituti d’imposta che risultano non aver dichiarato e versato (integralmente o parzialmente) le ritenute risultanti dalle certificazioni uniche relative a redditi di lavoro dipendente, assimilati al lavoro dipendente, di lavoro autonomo, provvigioni e diversi. Il riscontro dell’agenzia è molto semplice (e automatico): acquisite le certificazioni delle ritenute operate, si osservano gli adempimenti (F24 carenti) e in caso di carenza di quest’ultimi (anche parziale), scatta il controllo.

Occhio alla parziale o omessa dichiarazione dei redditi dei fabbricati derivanti dai contratti di locazione breve; nell’ambito dell’attività di analisi finalizzata al controllo, si procederà all’utilizzo, come dati di riscontro, tanto  delle comunicazioni trasmesse dagli intermediari che intervengono nel contratto,  quanto dei dati delle certificazioni uniche trasmesse dagli intermediari che  intervengono nel pagamento ed operano una ritenuta del 21 per cento sui canoni o sui corrispettivi lordi. Ovvio che in tal caso trattasi di immobili detenuti nella sfera privata, ma è bene ricordarlo a beneficio di tutti soprattutto in considerazione della previsione di sanzioni determinate in misura doppia rispetto a quelle ordinarie (dunque sanzione minima del 180%).

Inutile dire che l’attenzione sarà massima circa le indebite fruizioni delle detrazioni in materia di bonus edilizi, soprattutto in presenza dei meccanismi alternativi dello sconto in fattura o della cessione dei crediti. In questi casi si andrà ad osservare il ricorrere dei requisiti oggettivi e soggettivi richiesti dalla normativa ed è bene ricordare che è sempre e soltanto responsabile, agli occhi del fisco, il committente dei lavori.

Tradotto in termini pratici, questo significa che non interessa a nessuno che vi sia stato lo sconto, e/o l’acquisizione del credito e ancora che vi siano visti di conformità e asseverazioni di ogni genere. Se alla fine, per un qualsiasi motivo, l’amministrazione finanziaria dovesse ritenere che qualcosa è errato, giungendo alla conclusione di disconoscere il diritto al beneficio, ferma restando la prima alternativa del contenzioso tributario e comunque a prescindere dalla relativa attivazione, il soggetto “aggredito” sarà il committente. Poi questi potrà magari vincere il contenzioso, ma nel frattempo non può ritenersi esonerato solo perché aveva ceduto il credito od ottenuto lo sconto. Al dunque, in caso di difetti soggettivi (si pensi al familiare che all’epoca di inizio dei lavori non era convivente e che comunque ha sostenuto le spese), ovvero oggettivi (errore di calcolo dei limiti di spesa o mancato rispetto dei requisiti previsti), il recupero riguarderà il committente. E si badi, anche nell’ipotesi in cui la perdita del beneficio sia dovuta ad un errore dei tecnici che hanno asseverato gli interventi: in tale ipotesi il fisco recupera comunque in capo al committente, che poi dovrà rivalersi in sede civilistica.

 

Cosa altro ricordare

Una precisazione è d’obbligo: la conoscenza delle linee guida è di aiuto, ma non è certamente esaustiva. Rimangono da un lato ulteriori tecniche di selezione del contribuente, in primo luogo collegate al redditometro, alle indagini finanziarie e alle risultanze ISA, e dall’altro il riscontro delle anomalie contabili e comportamentali “ovvie” che, di contro, devono avere sempre adeguata giustificazione.

Quanto a redditometro e indagini finanziarie appare finanche superfluo evidenziarne gli aspetti essenziali. Tali due tecniche di accertamento sono state adeguatamente ridimensionate dalla giurisprudenza, che ha ammesso un’ampia prova contraria, partendosi soprattutto dall’assunto che non vi è stretta correlazione tra “capacità finanziaria o di acquisto” e redditi percepiti. Ben può accadere, ad esempio, che le occorrenze finanziarie siano il frutto di dismissioni, donazioni, vincite etc, con l’implicita conseguenza che gli acquisti con le stesse occorrenze eseguite non sono sindacabili.

Detto questo, se poi ci si “ostina” nel classico atteggiamento del “non voler pagare imposte” e poi al contempo si acquistano immobili, si frequentano alberghi, spa e centri sportivi, si comprano auto, si fanno vacanze etc, è abbastanza ovvio (ed anche giusto) che arrivi il controllo fiscale, teso quanto meno a capire: ma come è possibile con scarsi redditi  vivere alla grande? Ebbene, inutile dire che conoscere la risposta, soprattutto se lecita, farebbe comodo a tanti. E lo stesso dicasi per i conti bancari, dove non è nemmeno pensabile immaginare che vi sia ancora qualcuno che vada a versare importi di gran lunga superiori ai propri incassi tracciati (e peraltro senza ulteriori giustificazioni).

Relativamente agli ISA non può che richiamarsi la massima attenzione alle anomalie eventualmente evidenziate. Se le stesse sono “ai limiti del credibile”, in quanto frutto di artifici e modifiche effettuate al solo fine di incrementare il riscontro del modello statistico, appare ovvio che sia elevato il rischio di essere convocati (classico il caso di coloro che risultano eseguire l’attività con modalità, tempi e mezzi del tutto difformi da quelli illustrati dalla stragrande maggioranza della categoria di appartenenza).

Infine, deve esservi sempre coerenza nello svolgimento dell’attività, in termini di costi sostenuti, lavori svolti e incassi fatturati (o da fatturare). In termini pratici, sarebbe anomalo avere un’enorme mole di costi per la realizzazione delle prestazioni e poi avere rendimenti del tutto antieconomici, così come non sarebbe credibile aver svolto una serie di attività tracciate (si pensi ai ricorsi prodotti da avvocati e commercialisti, agli atti notarili, agli accatastamenti, etc), del tutto prive di compensi. Quanto meno è il caso di giustificare gli accadimenti: lavori non ultimati o non confermati, insoluti, prestazioni eseguite a vantaggio di familiari (ma in numero “realistico”), etc.