Delega per la riforma fiscale, l’impatto sui professionisti

di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

Il disegno di legge contenente delega al Governo per la riforma fiscale (A.C. 1038) è stato deliberato dal Consiglio dei ministri del 16 marzo 2023 e presentato alla Camera dal Ministro dell’Economia e delle Finanze il 23.03.2023.

Viene stabilito che il Governo adotti entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi recanti la revisione del sistema tributario, i quali dovranno essere emanati, nel rispetto dei principi costituzionali, nonché del diritto dell’Unione europea e internazionale.

Il testo è composto da 20 articoli raggruppati in 5 titoli:

  • Titolo I – I principi generali e i tempi di attuazione (artt. 1-4)
  • Titolo II – I tributi, raggruppati in imposte sui redditi, Iva e Irap (artt. 5-9), altri tributi indiretti (artt. 10-12), giochi (art. 13)
  • Titolo III – I procedimenti e le sanzioni (artt. 14-18)
  • Titolo IV – Testi unici e codici (art. 19)
  • Titolo V – Disposizioni finanziarie (art. 20)

 

La deducibilità dei contributi dal reddito professionale

L’articolo 5 rubricato “Principi e criteri direttivi per la revisione del sistema di imposizione sui redditi delle persone Fisiche”, al punto 2.3 prevede la possibilità per tutti i contribuenti (e dunque anche ai lavoratori autonomi) di dedurre i contributi previdenziali obbligatori in sede di determinazione del reddito di categoria, consentendo, in caso di incapienza, di dedurre l’eccedenza dal reddito complessivo, vale a dire in quello che oggi è il quadro RP del modello Redditi persone fisiche.

L’effetto concreto è il seguente: attualmente l’ammontare di talune detrazioni fiscali, come quelle attribuite in ragione della tipologia di reddito conseguito (articolo 13 del TUIR) o per carichi di famiglia (art. 12 del TUIR), è commisurato al reddito complessivo del contribuente,  con la conseguenza  che, mentre per il reddito da lavoro dipendente le detrazioni si determinano sulla base del reddito complessivo al netto degli oneri previdenziali obbligatori, nel caso dei lavoratori autonomi (diversi dai notai) e degli imprenditori individuali la detrazione si calcola sul reddito complessivo al lordo degli stessi oneri.

Con la disposizione in esame il lavoratore autonomo potrà dedurre i contributi previdenziali dal quadro RE, diminuendo, di conseguenza, il reddito complessivo. Solo in caso di incapienza, i contributi in questione, per un ammontare pari all’eccedenza non dedotta, saranno deducibili dal reddito complessivo. Quest’ultima regola, come noto, già si applica ai soggetti forfetari (lavoratori autonomi e imprenditori).

Si ricorda che questo criterio è oramai da tempo la regola per i (soli) notai, posto che nel passato con riferimento ai contributi previdenziali si era registrata una forte contrapposizione tra giurisprudenza e prassi:

  • la Corte di Cassazione, infatti, si era espressa per la deducibilità dei contributi all’interno del reddito professionale;
  • l’Agenzia delle Entrate insisteva per la deducibilità dal reddito complessivo (quadro RP).

Il punto di svolta è giunto con l’ennesima e definitiva presa di posizione della Suprema Corte, che con l’ordinanza n. 321 del 2018 ha statuito che in contributi in esame, se da un lato è vero che non sono deducibili nel reddito professionale ai sensi della seconda parte del primo comma dell’art. 54 del Tuir “in quanto posti dalla legge direttamente a carico del professionista per aver iscritto l’atto a repertorio e non del cliente (e quindi corrisposti soltanto dal notaio, indipendentemente dall’effettiva riscossione del corrispettivo della prestazione e della eventuale gratuità della stessa), lo sono però in base alla prima parte della disposizione in esame, ove si fa espresso riferimento alle «spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte o della professione», ovvero alle spese che, come quelle in esame, sono inerenti all’attività svolta”. Tale conclusione è stata dunque recepita anche dall’amministrazione finanziaria, che nella risoluzione n. 66 del 2020 ha affermato: “preso atto dello sfavorevole indirizzo della giurisprudenza di legittimità, ormai consolidato, deve ritenersi superato quanto affermato con la precedente risoluzione n. 79/E del 2002 e, pertanto, va riconosciuta ai contributi …… versati dai notai alla Cassa Nazionale del Notariato la deducibilità ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo, ai sensi dell’articolo 54, comma 1, del TUIR  e, quindi, del calcolo della base imponibile IRAP”. Tale assunto, peraltro, è stato ribadito anche dalla ordinanza della Corte di Cassazione n. 7340 del 2021: i contributi versati dai notai sono inerenti all’attività professionale e pertanto devono essere dedotti nell’ambito del relativo reddito.

Ebbene, se questa parte della delega andrà in porto, questo principio verrà generalizzato a tutti i lavoratori autonomi.

Va detto per inciso che, in passato, l’impossibilità di dedurre i contributi dalla base imponibile del reddito professionale ha avuto un impatto (negativo) sull’Irap che non ha potuto tenere conto detto componente negativo. Oggi tale criticità è venuta di fatto meno posto che, come noto, la Legge di bilancio 2022 a decorrere dal periodo d’imposta 2022 ha abrogato in modo tranciante la norma per tutti i lavoratori autonomi anche con dipendenti in carico o con strumentazione di elevato valore.

 

 

 

L’abrogazione dell’Irap anche per la professione in forma associata

L’articolo 8 ((Principi e criteri direttivi per il graduale superamento dell’imposta regionale sulle attività produttive)) delega il Governo a disporre una revisione organica dell’IRAP volta all’abrogazione del tributo regionale e alla contestuale istituzione di una sovraimposta tale da assicurare un equivalente gettito fiscale atto a garantire il finanziamento del fabbisogno sanitario, nonché il finanziamento delle Regioni che presentano squilibri di bilancio sanitario ovvero che sono sottoposte a piani di rientro.

Per quel che qui interessa, il superamento dell’IRAP dovrà essere attuato in modo graduale dando priorità alle società di persone e alle associazioni tra artisti e professionisti; in una successiva fase verrà esteso alle società di capitali.

Dunque, i primi a beneficiare di tale disposizione programmatica saranno le associazioni tra professionisti ma anche le STP costituite sotto forma di società di persone.

Dunque, con un intervento normativo verranno superate le pronunce della cassazione (Cass. SS.UU. 14.4.2016 n. 7371; Cass. 10.2.2017 n. 3585; Cass. 19.5.2017 n. 12763; Cass. 10.8.2016 n. 16924 e n. 16926; Ordinanze 29.10.2010 n. 22212 e 28.11.2014 n. 25313) secondo le quali l’esercizio della professione in forma societaria (società ed enti, comprese società semplici e studi associati) costituisce ex lege presupposto dell’IRAP, senza che, a tal fine, occorra accertare in concreto la sussistenza di un’autonoma organizzazione, essendo questa implicita nella forma di esercizio dell’attività.

Viceversa, le STP costituite sotto forma di società di capitali potrebbero essere penalizzate dalla sovraimposta Ires, la cui base imponibile sarà determinarsi con le stesse regole previste per quest’ultima imposta (peraltro la base imponibile dell’addizionale non potrà tener conto delle perdite pregresse scomputabili).

 

 

Agevolazioni per il “passaggio” a società tra professionisti

Sempre nell’ambito dell’articolo 5, con il numero 1.4, il legislatore delegante, nell’ottica del sostegno all’aggregazione nell’ambito delle attività di lavoro professionale, ha inteso introdurre criteri di razionalizzazione e semplificazione della materia, nonché equiparazione rispetto a quanto già previsto per le attività d’impresa. In quest’ottica viene prevista, similmente a quanto accade per le imprese, la neutralità fiscale delle operazioni di aggregazione, incluso il “passaggio” da associazioni professionali a società tra professionisti (STP), attualmente caratterizzate dal principio di realizzo.

La neutralità dell’operazione straordinaria comporta che i valori facenti parte del patrimonio del dante causa sono acquisiti dall’avente causa al medesimo valore fiscale assunto in capo allo stesso dante causa e trattati, conseguentemente, in continuità di valori.

 

Per voler inquadrare l’importanza delle delega è bene l’operazione di passaggio dello studio professionale alla forma della società tra professionisti (STP) è inquadrabile come segue:

  • trasformazione atipica: laddove si parta da una associazione tra professionisti e ci si trasformi in una STP avente la natura di società in nome collettivo o in accomandita semplice. Ciò in quanto l’associazione tra professionisti e, secondo i più, assimilabile alla società semplice;
  • trasformazione eterogenea progressiva: laddove si parta da una associazione tra professionisti e ci si trasformi ina una STP avente la natura di società a responsabilità limitato o società per azioni;
  • conferimento: nell’ipotesi in cui lo studio professionale venga conferito in società tra professionisti, sia essa di persone o di capitali.

 

Il Consiglio del Notariato del Triveneto, già da molto tempo, con la Massima K.A.39), ha ribadito possibile la trasformazione di un’associazione professionale in STP, come peraltro già precedentemente (Massima K.A.28) nella quale era stata ammessa la trasformazione eterogenea atipica delle associazioni tra professionisti in società di persone o di capitali.

Ciò detto il problema è sempre stato solo quello fiscale.

Infatti, l’Agenzia delle entrate ha da un lato chiarito che il conferimento di studio professionale singolo in associazione tra professionisti, in assenza di conguagli all’atto del conferimento dello studio singolo e al momento della fuoriuscita dell’associato è fiscalmente neutrale restando l’operazione confinata nell’ambito del reddito di lavoro autonomo, talché non determina alcun realizzo di plusvalenze.

Viceversa, ciò non appare possibile nel caso di trasformazione/conferimento in una STP che dichiara reddito d’impresa. In particolare nella risposta ad interpello n. 107/2018, l’Agenzia, nel rispondere ad uno studio associato tra commercialisti in ordine alle conseguenze fiscali della trasformazione in STP sotto forma di società in accomandita semplice, ha chiarito che sia nel caso di trasformazione da associazione in STP sia nell’ipotesi di conferimento dello studio singolo in STP, gli effetti sono gli stessi, posto che si passa da un soggetto che dichiara reddito di lavoro autonomo in soggetto che dichiara reddito d’impresa. In definitiva l’operazione è tassata.

Vedremo come il decreto legislativo attuativo riuscirà a garantire la neutralità di tali operazioni oramai sempre più frequenti.

 

Trasferte professionali meno complesse

È ancora l’articolo 5 delle delega che con il comma 1, lettera f), prevede norme per la semplificazione e la razionalizzazione dei criteri di determinazione del reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni.

L’obbiettivo dichiarato è quello di pervenire ad una disciplina del reddito di lavoro autonomo analitica e completa, al fine di fornire agli operatori un quadro chiaro dei criteri di determinazione dei componenti positivi e negativi che concorrono alla sua formazione e di rendere la disciplina semplice e coerente dal punto di vista sistematico, operando, ove necessario, precisi rinvii alle disposizioni riguardanti il reddito d’impresa applicabili anche in sede di determinazione del reddito in esame.

Sul punto è bene ricordare che, mentre la disciplina del reddito di imprese nell’ambito del Tuir è articolato in un corpo di articoli massiccio, per il lavoro autonomo tutto è confinato negli articoli 53 e 54 (con pochi rinvii in altri limitati articoli).

Ebbene al numero 1.1 si prevede il concorso alla formazione di tale reddito di tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo conseguiti nel periodo d’imposta in relazione all’attività artistica o professionale (sin qui nulla di nuovo), a esclusione (e qui la novità è assai rilevante) delle somme percepite a titolo di rimborso delle spese sostenute e addebitate al cliente, non deducibili dal reddito dell’esercente arte o professione.

In sostanza viene, altresì, superata la criticità derivante, per i lavoratori autonomi, dal dover considerare compensi anche l’ammontare delle spese che contrattualmente sono a carico del committente e che sono da quest’ultimo rimborsate: ciò in quanto, prevede la delega, il contrasto di interessi tra il detto committente e l’artista o il professionista è sufficiente a disincentivare possibili comportamenti evasivi.

Ovviamente tali spese, idoneamente addebitate al cliente, non saranno tassate, e dunque non saranno deducibili per il lavoratore autonomo.

È bene ricordare che a decorrere dal 2017 le spese di vitto (ristorante, tavola calda, bar, enoteca e più in generale quelle di somministrazione di alimenti e bevande), quelle di alloggio (albergo, hotel, bed & breakfast, residence, etc.), di trasporto (aereo, treno, pullman, bus, traghetto autovettura etc.,) se pagate direttamente dal committente del professionista:

  • Sono interamente deducibili per il committente
  • Restano del tutto estranee e inconferenti per il professionista

Ed infatti, l’articolo 54 del Tuir, dal 1° gennaio 2017 prevede che: Le prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande, nonché le prestazioni di viaggio e trasporto acquistate direttamente dal committente non costituiscono compensi in natura per il professionista”.

La norma per quanto ha evitato ai professionisti la tagliola, per queste specifiche spese, del limite di deducibilità del 2% dei ricavi, resta ad oggi complessa e in arte inapplicabile: se, infatti è possibile accordarsi con il cliente che il biglietto dell’aereo o del treno è  acquistato direttamente dal cliente e il pernottamento in albergo è addebitato sulla carta di credito del cliente medesimo, ciò non è possibile per i pasti consumati in itinere perché per pagarli il professionista dovrebbe disporre della carte di credito del cliente.

Ben vanga, dunque, una norma che ponga rimedio ad una situazione ingiusta e senza alcun effetto concreto in termini antielusivi, costituendo fino ad oggi una evidente e inutile complicazione.

 

Bonifici a cavallo d’anno

Allo stesso punto numero 1.1 si prevede, inoltre, che, in presenza di qualsiasi forma di pagamento, compresa quella tramite bonifico, il criterio di imputazione temporale dei compensi (in base al quale assume rilevanza il momento in cui il compenso è percepito) sia allineato a quello di effettuazione delle ritenute da parte del committente (per il quale rileva il momento in cui la somma è uscita dalla sua disponibilità).

Il problema è noto: il cliente effettua il bonifico a pagamento della parcella il 30 dicembre e il professionista si ritrova l’importo sul proprio conto corrente accreditato in data 2 gennaio. Per il cliente il pagamento è avvenuto nell’anno X e la ritenuta del 20% è riferita a tale periodo d’imposta, per il professionista il reddito è di competenza dell’anno X+1.

Puntuale la compliance dell’agenzia che eccepisce la non inclusione della parcella nel reddito dell’anno X. Solito pellegrinaggio del professionista all’Ufficio dell’agenzia con in mano l’estratto conto bancario. Senonché per prevenire (posto che nessuno a tempo da perdere) si preferiva indicare il reddito nell’anno X in modo da far corrispondere la CU rilasciata dal cliente. All’attuazione della delega il reddito sarà riferibile, nel nostro esempio, all’anno X.

 

L’immobile del professionista

Al numero 1.2 dell’articolo 5 si prevede l’equiparazione di trattamento, ai fini dell’IRPEF, dell’acquisto in proprietà e di quello in leasing degli immobili strumentali e di quelli adibiti promiscuamente all’esercizio dell’arte o professione e all’uso personale o familiare del contribuente.

Attualmente sugli immobili del professionista per via di una stratificazione di norma vi è una situazione sostanzialmente delirante:

Immobili di proprietà usati esclusivamente ai fini dell’attività strumentale.

  • Dal 01/01/2010 ad oggi: ammortamento indeducibile;
  • Dal 01/01/07 al 31/12/2009: ammortamento deducibile nel limite del 3% annuo (D.M 31/12/1988);
    Dal 15/06/1990 al 31/12/2006: ammortamento indeducibile;
  • Dal 1/1/1986 al 14/06/1990: ammortamento deducibile nel limite del 3% annuo (D.M 31/12/1988);
  • Fino al 01/01/1985: indeducibilità delle quote di ammortamento maturate fino al 01/01/1985.

 

Mentre, per i contratti di leasing è consentita la deducibilità, per un periodo non inferiore a 12 anni, dei canoni relativi agli immobili strumentali mentre come sopra visto, le quote di ammortamento del costo degli stessi beni non concorrono alla formazione del reddito di lavoro autonomo.

Per gli immobili utilizzati promiscuamente è prevista la deducibilità dei canoni di leasing nella misura del 50%, mentre in caso di acquisto dell’immobile in proprietà è consentita soltanto la deduzione del 50% della rendita catastale.

Dunque, la delega va accolta con senso doverosamente riparatorio rispetto al contesto.

 

Riduzione delle ritenute d’acconto

Da ultimo, numero 1.3 dell’articolo 5 si prevede la riduzione delle ritenute operate sui compensi degli esercenti arti e professioni che si avvalgono in via continuativa e rilevante dell’opera di dipendenti o di altre tipologie di collaboratori, Si ricorda che un’analoga previsione normativa è attualmente prevista, nell’articolo 25-bis del D.P.R. n. 600 del 1973, per gli intermediari del commercio che si avvalgono di dipendenti o di sub agenti. L’intervento normativo in esame è finalizzato a evitare l’insorgere di sistematiche posizioni creditorie da parte dei lavoratori autonomi determinate dal versamento di ritenute molto gravose, perché́ calcolate sui corrispettivi lordi e non sul reddito, determinato tenendo conto dei costi, spesso molto elevati. Va detto che già oggi in questi casi ricorrendo al visto di conformità della propria dichiarazione dei redditi il professionista ha la possibilità nell’anno successivo di scomputare il credito il F24 per il versamento di altre imposte e contributi, ma certamente dal punto di vista finanziario, posto che la dichiarazione dei redditi la si trasmette dopo l’estate, il vantaggio diventerà importante e la norma assai apprezzata.