Il professionista con vocazione internazionale

Di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

Premessa

Il processo di internazionalizzazione dell’economia coinvolge anche i professionisti che oramai sempre più spesso sono chiamati a rendere le proprie prestazioni a soggetti fiscalmente residenti in altri paesi. Quanti medici convolano periodicamente fuori dei confini nazionali per programmati interventi operatori, quanti softeristi vengono chiamati a realizzare in tutto o in parte programmi per elaboratore da committenti esteri e quanti ingegneri collaborano con imprese d’oltralpe. Si tratta solo di pochi esempi anche se la casistica e naturalmente assai più ampia.

E’ evidente che anche le imprese o professionisti italiani si avvalgono talvolta di professionisti esteri per la programmazione o lo svolgimento della propria attività. Si pone dunque il problema del trattamento fiscale di tali prestazioni lavorative. I confini, fermo restando le norme di riferimento, talvolta non sono del tutto definiti, poiché la fiscalità nostrana deve coniugarsi con le disposizioni del paese estero e occorre, quindi, tenere contro della Convenzione (se esiste) tra l’Italia e detto paese. Su tutto sovrastano i principi OCSE che tuttavia non sempre trovano puntuale accoglimento nei comportamenti dei singoli paesi aderenti.

Proviamo, dunque, a tracciare i lineamenti dei corretti comportamenti da adottarsi nei rapporti da e con professionisti con vocazione internazionale. In questo contributo, in particolare, affrontiamo le problematiche riferite alla tassazione del lavoratore autonomo fiscalmente residente all’estro che assume incarichi in Italia.

 

Le norme interne di riferimento

Per quel che concerne la residenza fiscale delle persone fisiche, occorre fare riferimento alla nozione contenuta nell’articolo 2, comma 2, del TUIR, in base al quale si considerano residenti “le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile”.

Le tre condizioni sopra citate sono tra loro alternative, essendo sufficiente che sia verificato uno solo dei predetti requisiti affinché una persona fisica venga considerata fiscalmente residente in Italia e, viceversa, solo quando i tre presupposti della residenza sono contestualmente assenti nel periodo d’imposta di riferimento (cioè nell’anno solare considerato) una persona fisica può essere ritenuta non residente nel nostro Paese.

In premessa, si osserva che un professionista fiscalmente residente all’estero può anche essere una persona italiana iscritta all’AIRE che nel corso del periodo d’imposta (1.1-31.12) ha soggiornato all’estero oltre alla metà dei giorni che lo compone, dunque almeno 183 giorni.

Ciò detto, l’articolo 3, comma 1, del Tuir, prevede:

  • da un lato, che i soggetti residenti in Italia debbano tassare i redditi ovunque prodotti nel mondo in base al principio “wordwide taxation”; il che significa, ma solo in prima battuta, che se il professionista italiano svolge all’estero una prestazione professionale per un committente estero, il relativo compenso al momento della percezione deve partecipare alla formazione del reddito da dichiarare nel quadro RE del modello Redditi;
  • dall’altro, che per i soggetti non residenti in Italia, l’IRPEF si applica soltanto sui redditi prodotti nel territorio del nostro Stato; dunque un lavoratore autonomo non fiscalmente residente in Italia che svolge un’attività per un committente italiano, dovrà preliminarmente comprendere se questa attività è stata svolta in Italia o altrove. Se non è svolta in Italia la prestazione non è tassata nel nostro paese.

Si tratta di norme quadro che, tuttavia, devono fare i conti con quanto previsto dalle norme Convenzionali.

 

Il lavoratore autonomo fiscalmente residente all’estero

Ebbene, ai sensi dell’articolo 23, comma 1, lettera d), del citato TU si considerano prodotti nel territorio dello Stato i redditi di lavoro autonomo derivanti da attività esercitate nel nostro territorio. Dunque, alla luce del chiaro disposto normativo, la tassazione in Italia del lavoro autonomo svolto da un soggetto fiscalmente residente all’estero è strettamente connessa al luogo ove è svolta la prestazione di lavoro. Quindi, se l’attività svolta dal professionista non residente in Italia è svolta in Italia, i relativi compensi devono essere assoggettati a tassazione in Italia. Già questa precisazione introduce, tuttavia, un elemento di oggettiva criticità posto che, soprattutto in talune prestazioni intellettuali (legale, fiscale, giuslavoristico, softeristico, etc.) per le quali le trasferte fuori del territorio nazionale certamente ci sono ma in genere sono meramente ricognitive e rendicontative, non è semplice individuare la quota parte di prestazione svolta in Italia e quella svolta nel paese di residenza fiscale del professionista.

 

Professionista estero e norma Convenzionali – la gerarchia delle fonti

Senonché, occorre necessariamente integrare l’asciutta norma nazionale con una ricognizione della convenzione tra l’Italia e il paese estero. La quasi totalità delle Convenzioni stipulate dall’Italia con i paesi esteri, ricalca il modello OCSE di Convenzione per eliminare le doppie imposizioni. La maggior parte delle Convenzione stipulate dall’Italia, prevede, all’articolo 14 rubricato “Professioni indipendenti” quanto segue.

 

Convenzione contro le doppie imposizioni – Articolo 14 – Professioni indipendenti
1. I redditi che una persona fisica residente di uno Stato contraente ritrae dalla prestazione di servizi personali a carattere indipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tali servizi non siano prestati nell’altro Stato contraente e la persona fisica disponga abitualmente in detto altro Stato di una base fissa per l’esercizio delle sue attività, ma in tal caso i redditi sono imponibili in detto altro Stato unicamente nella misura in cui sono attribuibili a detta base fissa.

2. L’espressione «servizi personali a carattere indipendente» comprende, pur senza esservi limitata, le attività di carattere scientifico, letterario, artistico, educativo e pedagogico, nonché le attività indipendenti dei medici, avvocati, ingegneri, architetti, dentisti e contabili.

 

La prima spontanea domanda è: vince l’ampia e avvolgente norma nazionale o la più restrittiva Convenzione? La risposta la si ritrova, sia nell’articolo 75 del DPR n. 600/1973, il quale stabilisce che “Nell’applicazione delle disposizioni concernenti le imposte sui redditi sono fatti salvi gli   accordi   internazionali   resi esecutivi in Italia”, sia nell’articolo 169 del Tuir il quale prevede che “Le disposizioni del presente testo unico si applicano, se più favorevoli al contribuente, anche in deroga agli accordi internazionali contro la doppia imposizione.”.Dunque, vi è l’indiscussa prevalenza delle norme convenzionali su quelle interne alle quali occorre farse riferimento anche se dissonanti rispetto alla normativa interna. Sin d’ora va dunque sottolineato che la tassazione in Italia del professionista estero si ha quando questo disponga di una “base fissa” in Italia. Ciò detto si osserva, tuttavia, che in ambito OCSE, l’articolo 14 che ha ispirato l’analogo articolo delle convenzioni contro le doppie imposizioni (che, si ripete, apprezza la “base fissa”) è stato abrogato sin dal 2000. Il commentario OCSE chiarisce al riguardo che “Prima del 2000, redditi da prestazioni professionali e altre attività di carattere indipendente è stato trattato in un articolo separato, vale a dire l’articolo 14. Le disposizioni di tale articolo erano simili a quelle applicabili ai profitti aziendali, ma sono state utilizzate il concetto di base fissa piuttosto che quello di stabile organizzazione poiché lo era originariamente si pensava che quest’ultimo concetto dovesse essere riservato ai commerciali e attività industriali. Tuttavia, non era sempre chiaro quali attività rientrassero Articolo 14 in contrapposizione all’articolo 7 (i.e., stabile organizzazione). L’eliminazione dell’articolo 14 nel 2000 ne rifletteva il fatto che non c’erano differenze intenzionali tra i concetti di permanente stabilimento, come utilizzato nell’articolo 7, e base fissa, come utilizzato nell’articolo 14, o tra come sono stati calcolati gli utili e l’imposta” corrispondente alla stabile organizzazione dell’impresa ovvero alla base fissa del lavoratore autonomo. Ordunque, l’effetto concreto della soppressione dell’articolo 14 dello schema OCSE è che il reddito che deriva dall’attività professionale o da altre attività di carattere autonomo è ora trattato nell’articolo 7 del Modello di Convenzione OCSE similmente ai profitti aziendali. Ed infatti, dal punto di vista terminologico è stato, inoltre, previsto che con il termine impresa si intendono anche le prestazioni professionali o altre attività di carattere indipendente.All’atto della abrogazione dell’articolo 14 nel codice OCSE, tuttavia, la Commissione ha verbalizzato quanto segue: 88. L’Italia, il Portogallo e la Turchia si riservano il diritto di tassare le persone che operano in modo indipendente servizi personali in un articolo separato che corrisponde all’articolo 14 così com’era prima della sua eliminazione nel 2000.”.

Ci sentiamo di condividere la presa di posizione dell’Italia tesa a chiarire che, nonostante si debba fare riferimento al concetto di stabile organizzazione, continuerà ad adoperare il concesso di base fissa; ciò in quanto l’esperienza ci insegna (anche sulla scorta della giurisprudenza della massima Corte) che il concetto di stabile organizzazione è un concetto assai complesso, spesso oggetto di contrasti interpretativi. Viceversa, il concetto di base fissa nel lavoratore autonomo sembra più lineare non essendo necessaria oltre alla materiale disponibilità di locali e lo svolgimento nel suo interno della prestazione lavorativa, anche la componente organizzativa richiesta per le imprese estere operanti tramite stabile organizzazione in altro paese.

 

La tassazione del professionista estero che presta la propria prestazione all’estero

Non v’è dubbio che se un committente italiano incarica un professionista estero di effettuare una prestazione e detto professionista, nel renderla, non mette piede nel nostro paese, non sarà assoggettato ad alcuna tassazione in Italia, posto che il presupposto impositivo e che la prestazione sia resa in Italia e nel caso di specie è invece resa all’estero: s’immagini i seguenti casi:

  • un avvocato francese che assiste il proprio cliente italiano in una causa internazionale presso la Commissione UE;
  • un professionista lussemburghese che per conto di un cliente Italiano predispone il necessario per costituire una società in Lussemburgo.

Essendo svolta la prestazione interamente all’estero (ovviamente, se così è) il committente italiano pagherà la parcella senza altro dover fare e il professionista estero la incasserà dichiarando il compenso solo nel proprio paese.

Viceversa, se il professionista estero svolge la propria prestazione professionale in Italia a favore di un committente italiano produrrà un reddito da tassare in Italia.

Al riguardo occorre distinguere se il professionista che ha svolto la prestazione in Italia possieda o meno nel nostro paese una base fissa.

 

La tassazione del professionista estero con base fissa in Italia

Se il professionista non residente in Italia dispone di un locale in Italia (di proprietà, in affitto o in comodato) in cui svolga la propria attività professionale, allora questa prestazione si rende imponibile in Italia ove è stata svolta la prestazione medesima. Nella risposta a interpello numero 53/2023, l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcune delucidazioni facendo presente che la base fissa può essere equiparata alla nozione di stabile organizzazione” (Commentario al Modello OCSE all’articolo 5, paragrafo 2), ovvero una sede fissa di affari in cui il professionista esercita in tutto o in parte sua attività indipendente. L’agenzia chiarisce che la base fissa “Può essere costituita anche da un locale o da una stanza di proprietà di altri soggetti che, tuttavia, deve essere a disposizione del lavoratore autonomo e nel quale questo esercita la sua attività o parte della stessa. Un tipico esempio è quello di un pittore che, per due anni, trascorre tre giorni a settimana nel grande edificio del suo principale cliente. In tal caso, la presenza del pittore in quell’edificio dove svolge le funzioni più importanti della sua attività (cioè la pittura) costituisce una stabile organizzazione del pittore”.

In quest’ottica, è da ritenersi che l’utilizzo saltuario e del tutto occasionale di locali non possa costituire base fissa; s’immagini un medico residente all’estero che è chiamato ad eseguire un intervento chirurgico in Italia su un paziente ricoverato in una clinica e che non ha rapporti continuativi con detta clinica. Resta il fatto che, pur in assenza di base fissa, il reddito percepito dovrà essere tassato in Italia poiché prodotto in Italia (vedi oltre).

 

Quindi, ad esempio, un avvocato, un commercialista, un ingegnere, un odontoiatra, che dispongono di un locale in Italia ove svolgono la propria attività, devono tassare in Italia detti redditi. In questo caso devono dotarsi di partita Iva e svolgere gli adempimenti conseguenti. Se il committente è un soggetto sostituto d’imposta dovrà trattenere la ritenuta a titolo d’acconto del 20% che verrà poi scomputata dal lavoratore autonomo nel quadro RE del modello Redditi. Per completezza si fa presente che la ritenuta a titolo d’acconto del 20% (ai sensi dell’articolo 25, comma 1, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600) è frutto di un lungo travaglio interno dell’Agenzia che negli anni aveva sempre sostenuto che la ritenuta, nel caso di specie, doveva comunque essere del 30%.  Non deve trarre in inganno la risposta dell’agenzia delle entrate n. 512/2019, laddove un lavoratore autonomo (softerista) residente in Italia si trasferisce in Spagna (divenendo fiscalmente ivi residente) ed incassa compensi arretrati della propria attività professionale da committenti italiani. E’ evidente che il committente italiano è tenuto, in questo caso, ad effettuare la ritenuta a titolo d’imposta del 30% (e non quella del 20%), dal momento che il lavoratore autonomo è oramai residente all’estero e non ha alcuna base fissa in Italia nell’anno in cui incassa le proprie fatture in Spagna.

Tornando al professionista con base fissa (rectius, oramai stabile organizzazione) in Italia, se la Convenzione tra Italia e paese estero in cui il lavoratore autonomo risiede lo consente egli, nel tassare nuovamente tali redditi nel paese di residenza, potrà recuperare l’Irpef pagata in Italia con il meccanismo del credito d’imposta estero (cfr Risposta a interpello del 429/2019).

La tassazione del professionista estero senza base fissa in Italia in assenza di convenzione

Se la prestazione professionale è resa in Italia da un lavoratore autonomo non residente in Italia, pur non dotato di una base fissa si ha comunque la tassazione in Italia poiché subentra la norma interna (articolo 25 del DPR n. 600/1973) la quale prevede che il committente, se sostituto d’imposta, applichi una ritenuta del 30% a titolo d’imposta, che esaurisce la tassazione nel nostro paese di detto reddito. Vedremo a breve che tale tassazione si pone in sostanza come residuale poiché non si applica (ma solo su richiesta del lavoratore autonomo ed a condizione che il committente italiano accetti) in presenza di convenzione contro la doppia imposizione che la esclude. Ad ogni modo, se il lavoratore autonomo residente all’estero rende la propria prestazione ad un soggetto non sostituto d’imposta (un privato) chiaramente non subisce la ritenuta a titolo d’imposta del 30%. In questo caso è da ritenersi che in base alla normativa generale del Tuir il soggetto in questione dovendo comunque tassare in Italia detto compenso debba presentare la dichiarazione dei redditi. Tale dichiarazione può essere presentata dall’Italia con gli stessi termini e modalità dei residenti, oppure dall’estero con raccomanda o con trasmissione telematica. Passando al “come”, la frustrazione è notevole posto che nel modello di dichiarazione dei redditi PF e nelle relative istruzioni (in nessuno dei tre moduli) si fornisce qualsivoglia indicazione sul caso specifico. Escludendo la tassazione alla fonte con il 30% e dovendo dichiarare il reddito in base ai criteri generali se ne deve concludere che non è il mero compenso incassato che deve essere tassato, bensì la differenza tra incassi e pagamenti di spese (ovviamente strettamente inerenti). Altro aspetto è in quale quadro del modello Redditi PF debba essere indicato. Come già detto non si rinviene alcuna indicazione utile talché si propende per indicarlo nel rigo RL15 redditi di lavoro autonomo occasionale, posto che le istruzioni prevedono che deve essere ivi indicato il “reddito di lavoro autonomo occasionale anche svolto all’estero” e dunque, sicuramente, se svolto in Italia. Nel quadro RE sembrerebbe non corretto perché riservato all’indicazione del reddito di lavoro autonomo professionale (con partita Iva) mentre mancando la base fissa è da ritenersi che possa ragionevolmente essere trattato come reddito occasionale. Sul punto sarebbe di conforto una rassicurazione ufficiale.

 

La tassazione del professionista estero senza base fissa in Italia in presenza di convenzione

Senonchè, in assenza di base fissa in Italia, il professionista estero, solo ricorrendone i presupposti, potrà chiedere al committente italiano di non essere assoggettato ad alcuna ritenuta. Tale richiesta potrà essere effettuata solo se la convenzione Italia-paese estero prevede la tassazione esclusiva del lavoratore autonomo nel paese in cui risiede. Si tratta, dunque di effettuare una ricognizione, di volta in volta, per verificare consa prevede l’articolo 14 della convenzione. Va detto che la maggior parte delle convenzioni contengono questa clausola di favore.

 

Convenzione contro le doppie imposizioni – Articolo 14 – Professioni indipendenti
1. I redditi che una persona fisica residente di uno Stato contraente ritrae dalla prestazione di servizi personali a carattere indipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tali servizi non siano prestati nell’altro Stato contraente e la persona fisica disponga abitualmente in detto altro Stato di una base fissa per l’esercizio delle sue attività, ma in tal caso i redditi sono imponibili in detto altro Stato unicamente nella misura in cui sono attribuibili a detta base fissa.

2. L’espressione «servizi personali a carattere indipendente» comprende, pur senza esservi limitata, le attività di carattere scientifico, letterario, artistico, educativo e pedagogico, nonché le attività indipendenti dei medici, avvocati, ingegneri, architetti, dentisti e contabili.

 

Il committente italiano, in questi casi, si trova in una situazione assai delicata poiché si assume la responsabilità di non far tassare in Italia tale prestazione. Dunque, una volta ricevuta la richiesta dal lavoratore estero di non effettuare la ritenuta a titolo d’imposta del 30% dovrà acquisire la documentazione necessaria a dimostrare di avere adoperato tutta la diligenza richiesta e dovrà indicare tali compensi nella CU da rilasciare al lavoratore autonomo. In particolare, le istruzioni alla Sezione VII. Istruzioni per il sostituto d’imposta – Compilazione dati fiscali, previdenziali e assistenziali – Certificazione lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi, prevedono che se il percipiente è un soggetto non residente, il sostituto d’imposta deve indicare le somme non assoggettate a ritenuta nel punto 5, in quanto ha applicato direttamente il regime previsto nelle convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni sui redditi. In tal caso, il sostituto d’imposta deve conservare ed esibire o trasmettere, a richiesta dell’Agenzia delle Entrate, il certificato rilasciato dal competente ufficio fiscale estero, attestante la residenza del percipiente, nonché la documentazione comprovante l’esistenza delle condizioni necessarie per fruire del regime convenzionale. Nel caso in cui esista un modello convenzionale quest’ultimo, debitamente compilato, sostituisce la predetta documentazione.

Inoltre, è utile ottenere una attestazione dal lavoratore estero che non possiede una base fissa in Italia. In questo senso si è espressa l’Agenzia delle Entrate (Risoluzione 59/2000 e Risoluzione 68/2000), laddove ha fatto presente che l’applicazione diretta della convenzione da parte del sostituto è una facoltà e che “nel caso in cui il sostituto intenda attenervisi è fatto obbligo al medesimo di acquisire, dai beneficiari del reddito, la documentazione atta a dimostrare l’effettivo possesso dei requisiti previsti negli accordi”.

 

La richiesta di rimborso della ritenuta subita dal lavoratore estero con convenzione

Senonché, si tratta sempre di un comportamento non obbligatorio per il committente italiano che potrebbe rifiutarsi di non fare la predetta ritenuta del 30%, nonostante il lavoratore autonomo abbia prodotto tutta la documentazione necessaria. In questo caso al lavoratore autonomo non residente non resta che presentare domanda di rimborso all’agenzia delle entrate. Al riguardo con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate 7.7.2013 prot. n. 2013/84404 sono stati approvati i modelli di domanda per il rimborso o l’esonero dall’imposta italiana applicata sui redditi tra i quali dividendi, interessi e canoni, corrisposti a soggetti non residenti. Il modello da utilizzare, nel caso di specie è il modello “D” Altre tipologie di reddito. La domanda di rimborso va presentata a Agenzia delle Entrate, Centro Operativo di Pescara – via Rio Sparto, 21, 65129 Pescara – Italia (fax 085/ 52145 – indirizzo mail: [email protected]. Il Termine per richiedere il rimborso è fissato in 48 mesi dalla data del prelevamento dell’imposta (art. 38, commi 1 e 2 del dpr. n. 602).

 

Tipologia di reddito Ritenuta
Compensi corrisposti per prestazioni di lavoro autonomo svolte fuori dal territorio dello Stato Nessuna. Il soggetto non paga imposte in Italia
Compensi e somme pagati a lavoratori autonomi non residente in Italia, senza base fissa 30% a titolo d’imposta se committente è sostituto d’imposta
Compensi e somme pagati a lavoratori autonomi non residente in Italia, senza base fissa Nessuna se committente non sostituto d’imposta (ma presentazione del Modello Redditi PF da parte del non residente)
Compensi e somme pagati a lavoratori autonomi non residente in Italia, senza base fissa con Convenzione che prevede la tassazione solo nel paese di residenza Nessuna. Il committente (se accetta di non fare ritenuta) deve acquisire tutta la documentazione necessaria
Compensi corrisposti per lavori di natura professionale a stabili organizzazioni (i.e., base fissa) in Italia di soggetti non residenti 20% a titolo d’acconto