Le promesse fatte dalla Legge delega n. 111/2023 in materia di fiscalità degli immobili del lavoratore autonomo sono state tradite.
La relazione illustrativa alla Legge di riforma prevede l’equiparazione di trattamento, ai fini dell’IRPEF, dell’acquisto in proprietà e di quello in leasing degli immobili strumentali e di quelli adibiti promiscuamente all’esercizio dell’arte o professione e all’uso personale o familiare del contribuente.
Ebbene, nello schema di decreto legislativo bollinato dalla ragioneria le scorse settimane e inviato alle Commissioni tecniche per il completamento dell’iter, nella parte in cui l’articolo 54 del Tuir viene riscritto spacchettandolo negli articoli da 54 a 54-octies non vi è traccia di tale equiparazione. E dire che la stessa relazione illustrativa alla predetta Legge delega di Riforma sottolineava come per i professionisti “si verifica una ingiustificata disparità di trattamento tra le due diverse modalità di acquisizione degli immobili in esame (N.d.A., in locazione finanziaria e in proprietà) che la norma di delega intende superare.”.
Attualmente è, infatti, normativamente stabilita la deducibilità, per un periodo non inferiore a 12 anni, dei canoni di leasing relativi agli immobili strumentali, mentre le quote di ammortamento del costo degli stessi beni non concorrono alla formazione del reddito di lavoro autonomo.
Il motivo della mancata attuazione di questa parte della delega, che comunque introduce rilevanti novità per i lavoratori autonomi e per gli artisti e per i professionisti, è imputabile agli effetti negativi sul gettito che si sarebbero prodotti per effetto della deducibilità delle quote di ammortamento di questi cespiti. Al punto che, per questioni di coerenza, c’è mancato un soffio che fosse anche eliminata quella parte della norma vigente che consente per i lavoratori autonomo la deducibilità dei canoni di leasing dello studio. Alla fine è prevalsa la linea del buon senso perché se si fosse messa una croce anche sul leasing immobili l’imbarazzo per il legislatore sarebbe stato insostenibile. Passare dalle stelle (promesse) alle stalle avrebbe comportato una perdita in termini di immagine che sarebbe costata troppo cara.
Il gettito! Sempre (comprensibilmente) il maledetto gettito!
Come sia possibile fare una riforma senza che questa impatti con il gettito, vincolo che si è posto come imprescindibile sia dagli albori del concepimento delle Legge delega, è un autentico mistero. Senonché, ci si chiede quale sia stato il ragionamento sulla perdita di gettito laddove fosse stata prevista la possibilità di dedurre gli ammortamenti, posto che comunque resta possibile realizzare l’investimento in leasing, peraltro deducendo i canoni in un periodo minimo di 12 anni. Teniamo presente che gli ammortamenti si deducono in 34 anni. Diciamo bene, 34 e non 33, posto che la riscrittura dell’articolo 54 del Tuir introduce per i professionisti una regola (per tutti gli ammortamenti dei beni materiali strumentali) che fino a oggi ha riguardato solo i soggetti imprenditori: vale dire l’aliquota dell’ammortamento dimezzata nel primo anno.
Se fosse stata introdotta la norma che prevede la rilevanza degli ammortamenti dei fabbricati, forse il professionista si sarebbe indirizzato sull’acquisto in proprietà senza ricorrere al leasing che ha un costo in termini di interessi passivi (certamente anch’ essi deducibili unitamente alla parte capitale del canone, escluso il 20% riferito al terreno), ma altrettanto certamente tassati in capo alla società di leasing.
Che dire: le vie dei calcoli di gettito sono imperscrutabili e magari ci sfugge qualche aspetto.
E allora, vediamo qual è lo stato dell’arte dei beni strumentali dei lavoratori autonomi come esce fuori dallo schema di attuazione di riforma di cui si attende la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Le aspettative della riforma
La legge delega di riforma del sistema fiscale (Legge 9 agosto 2023, n. 111) all’articolo 5 prevede, in corrispondenza della lettera f), che nell’esercizio della delega il Governo osserva i seguenti principi e criteri direttivi specifici per la revisione del sistema di imposizione sui redditi delle persone fisiche con specifico riferimento al lavoro autonomo: “2.2) l’eliminazione della disparità di trattamento tra l’acquisto in proprietà e l’acquisizione in locazione finanziaria (leasing) degli immobili strumentali e di quelli adibiti promiscuamente all’esercizio dell’arte o professione e all’uso personale o familiare del contribuente.”.
La relazione illustrativa a detta Norma sul punto chiarisce che “si prevede l’equiparazione di trattamento, ai fini dell’IRPEF, dell’acquisto in proprietà e di quello in leasing degli immobili strumentali e di quelli adibiti promiscuamente all’esercizio dell’arte o professione e all’uso personale o familiare del contribuente. Attualmente è, infatti, normativamente stabilita la deducibilità, per un periodo non inferiore a 12 anni, dei canoni di leasing relativi agli immobili strumentali mentre le quote di ammortamento del costo degli stessi beni non concorrono alla formazione del reddito di lavoro autonomo. Per gli immobili utilizzati promiscuamente è prevista la deducibilità dei canoni di leasing nella misura del 50 per cento, mentre in caso di acquisto dell’immobile in proprietà è consentita soltanto la deduzione del 50 per cento della rendita catastale. In tal modo si verifica, però, una ingiustificata disparità di trattamento tra le due diverse modalità di acquisizione degli immobili in esame che la norma di delega intende superare.
Come indicato in premessa, questa parte della delega non ha trovato attuazione dello schema di decreto di cui attende il perfezionamento dell’iter. L’auspicio è, come indicato nella relazione illustrativa che il decreto legislativo, deve essere intenso come un primo intervento riformatore da integrarsi, nel prossimo futuro, compatibilmente con le risorse finanziarie che si renderanno disponibili, con ulteriori provvedimenti con i quali conferire una maggiore rilevanza, sul piano fiscale, all’utilizzo di beni immobili da parte del lavoratore autonomo.
Il decreto attuativo in cui iter di approvazione è in corso
L’assenza di questa equiparazione è certamente motivo di delusione; resta il fatto che lo schema di decreto interviene per modificare, integrare e colmare alcune lacune che riguardano la partecipazione al reddito del professionista dei beni strumentali utilizzati per l’esercizio della propria attività. Per interpretare lo spirito delle modifiche appare dirimente un ulteriore passaggio della relazione illustrativa della Legge delega: “Una fondamentale finalità che la riforma fiscale deve perseguire è quella di disciplinare il reddito di lavoro autonomo con analiticità e completezza, al fine di fornire agli operatori un quadro chiaro dei criteri di determinazione dei componenti positivi e negativi che concorrono alla sua formazione e di rendere la disciplina semplice e coerente dal punto di vista sistematico, operando, ove necessario, precisi rinvii alle disposizioni riguardanti il reddito d’impresa applicabili anche in sede di determinazione del reddito in esame.”.
Si tratta di un passaggio fondamentale: il processo di avvicinamento del reddito di lavoro autonomo al reddito d’impresa, già da tempo avviato, anche se non in modo espresso, viene ora ufficializzato.
La relazione attuativa dello schema di decreto legislativo fa altresì presente che con le nuove disposizioni la disciplina sulla tassazione dei redditi di lavoro autonomo diviene maggiormente articolata nella prospettiva di prevedere, laddove compatibile sul piano tecnico e con le esigenze di sostenibilità finanziaria, un complesso normativo che mutui i criteri applicati in seno alla disciplina dei redditi d’impresa.
Senonché queste modifiche, che ora vedremo nel dettaglio, risultano certamente asistematiche rispetto ai criteri di determinazione della base imponibile Irpef dei lavoratori autonomi che, almeno all’origine, sono state improntate al principio di cassa: questo criterio si è con il tempo inquinato e ancor di più ne esce imbastardito per effetto della riforma, generando specifiche incoerente.
Lo schema di decreto legislativo di attuazione della riforma delle imposte sui redditi, di cui il reddito di lavoro autonomo costituisce solo una parte, approvato dal Consiglio dei ministri il 30 aprile scorso, definisce i seguenti aspetti della base imponibile del lavoratore autonomo:
- Ammortamenti dei beni strumentali materiali
- Eliminazione del cespite dall’attività
- Ammortamento nel primo anno di acquisto del cespite
- Beni materiali strumentali di costo non superiore a € 516,40
- Plusvalenze e minusvalenze
- Spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione straordinaria di immobili
- Beni in locazione finanziaria
In questa sede non si affronteranno le problematiche, pur gestire dal decreto attuativo in corso di approvazione, della partecipazione al reddito dei beni immateriali, costi pluriennali e cessione della clientela, che verranno fatti oggetto di specifica trattazione in un prossimo contributo.
Ammortamenti dei beni strumentali materiali
Il comma 1 del riformulato articolo 54 conferma la rilevanza del principio di cassa, fatte salve le deroghe espressamente previste (quali appunto gli ammortamenti dei cespiti e i canoni di leasing). Per quanto concerne gli ammortamenti, con il nuovo articolo 54-quinquies, in attesa dell’emanazione di un provvedimento ulteriore con il quale dare attuazione al principio direttivo di cui di cui al n. 2.2) dell’articolo 5, comma 1, lettera f), della legge delega, viene confermato il trattamento fiscale vigente per l’acquisizione degli immobili strumentali e di quelli adibiti promiscuamente all’esercizio dell’arte o professione e all’uso personale o familiare del contribuente, prevedendo l’indeducibilità delle quote di ammortamento relative a tali immobili a fianco della deducibilità dei canoni di locazione finanziaria relativi ai medesimi.
Eliminazione del cespite dall’attività
Vengono introdotte, nella determinazione del reddito di lavoro autonomo, le disposizioni previste per i redditi d’impresa nel vigente articolo 102 del Tuir; dunque, oltre all’ammortamento in base ai coefficienti previsti nelle tabelle allegate al DM 31/12/1988, è prevista la deducibilità del costo residuo del bene non ancora completamente ammortizzato, in caso di sua eliminazione dall’attività (cfr. nuovo art. 54-quinquies, comma 1, primo e terzo periodo). Senonché, quest’ultima disposizione non è applicabile laddove il professionista destini il bene a finalità estranee all’attività artistica o professionale. In questo caso, infatti, si applicano le ben conosciute disposizioni (da tempo vigenti per le imprese) in materia di tassazione delle plusvalenze e di deduzione delle minusvalenze. L’ipotesi di destinazione del cespite a finalità estranee all’attività, come per le imprese, richiede la valutazione del corrispettivo virtuale in base al valore di mercato del cespite; tale criterio non si applica invece alle minusvalenze derivanti dall’estromissione del cespite poiché la minusvalenza, come per le imprese, anche per il lavoratore autonomo non è deducibile.
Ammortamento nel primo anno di acquisto del cespite
Inoltre, si introduce una evidente penalizzazione posto che, sempre come previsto per le imprese, viene stabilita la riduzione alla metà della quota di ammortamento deducibile nel primo periodo d’imposta. Questa novità, introdotta con l’evidente intento di salvaguardare il gettito, in verità mette (ancora più) in crisi, se mai occorresse, l’intera impostazione concettuale della contabilità per cassa già minata in passato da altre disposizioni (che si commenteranno oltre) di contenuto non conforme alla ratio che ha ispirato all’origine la tassazione dei lavoratori autonomi. Nelle imprese è giustificata la ratio del coefficiente di ammortamento ridotto al 50% nel primo anno di utilizzo del bene poiché si è in un sistema basato sulla di competenza temporale laddove la partecipazione del cespite acquistato in corso d’anno al reddito dell’impresa avviene in proporzione (nel caso di specie forfetizzata al 50%) al suo effettivo utilizzo. Ma il professionista va per cassa e non segue la logica dell’utilizzo ma del costo pagato. Senonché, per raggranellare un po’ di gettito, dando il colpo di grazie ad una logica oramai calpestata, il legislatore è andato giù piatto. A questo punto dovremmo avere in tasca anche la risposta alla domanda, a tutt’oggi rimasta inevasa, del momento a decorre dal quale parte l’ammortamento. Fino ad oggi si oscillava in dottrina tra la data di pagamento dalla fattura di acquisto del cespite e la data in cui giuridicamente il professionista diviene proprietario del cespite medesimo, ancorché la fattura non è stata ancora pagata. Ebbene sembra di poter affermare che il punto di riferimento per la decorrenza dell’ammortamento non sia il pagamento ma il possesso del bene. Sul punto sarebbe opportuno un chiarimento ufficiale.
Beni materiali strumentali di costo non superiore a € 516,40
Confermata la possibilità di dedurre in unica soluzione l’acquisto dei beni materiali di importo non inferiore € 516,40. La norma testualmente prevede: È tuttavia consentita la deduzione integrale, nel periodo d’imposta in cui sono state sostenute, delle spese di acquisizione di beni strumentali il cui costo unitario non sia superiore a euro 516,40.”. Il concetto di “spese sostenute” nel reddito di lavoro autonomo è (dovrebbe essere) chiaro: la spesa s’intende sostenuta (cfr. articolo 54, comma 1) nel momento in cui è pagata.
Plusvalenze e minusvalenze
Anche con riferimento alla disciplina delle plusvalenze e minusvalenze si provvede a realizzare le finalità di analiticità e completezza della disciplina del reddito di lavoro autonomo, richiamate dalla relazione illustrativa alla legge delega, avvicinando quest’ultima, ove necessario (così si esprime la relazione illustrativa) alle disposizioni riguardanti il reddito d’impresa. Da dove arrivi questa “necessità” resta un mistero.
Ad ogni modo, con riferimento alla disciplina generale delle plusvalenze e minusvalenze, si esplicita che viene applicata con riferimento ai beni mobili strumentali, esclusi gli oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione di cui all’articolo 54-septies, comma 2, posto che questi costituiscono spese di rappresentanza.
A tal riguardo, viene codificata anche ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo la regola attualmente prevista nel reddito d’impresa dall’articolo 164, comma 2, del Tuir (leggasi autovetture, motocicli e ciclomotori) secondo cui le plusvalenze e le minusvalenze rilevano nella stessa proporzione esistente tra l’ammontare dell’ammortamento fiscalmente dedotto e quello complessivamente effettuato (cfr. art. 54-bis, comma 2, secondo periodo, per le plusvalenze, a cui rinvia il comma 1 dell’art. 54-quater, per le minusvalenze), che si rende applicabile, ad esempio, per i beni mobili, per i mezzi di trasporto a motore a deducibilità limitata di cui all’articolo 164, comma 1, lettera b), del Tuir e per le apparecchiature telefoniche (deducibilità all’80% dell’ammortamento).
In tema di plusvalenze, si deve rilevare che, a differenza di quanto stabilito nell’ambito dei redditi d’impresa dal vigente articolo 86, comma 4, del Tuir, le plusvalenze concorrono (almeno questo) a formare il reddito per l’intero ammontare nell’esercizio in cui sono state percepite ma non sono rateizzabili. La relazione dimostrando incredibili doti camaleontiche, giustifica l’impossibilità di ripartizione nel tempo con il fatto che il reddito di lavoro autonomo è tassato nel momento della percezione dei proventi secondo un criterio di imputazione per cassa, a differenza dei redditi d’impresa tassati per competenza. Viva la coerenza!
È chiaro ad ogni modo che la plusvalenza è tassata quando l’importo è percepito e non quando semplicemente avviene il trasferimento terzi della proprietà del bene. Stesso dicasi per le minusvalenze realizzate all’atto dell’incasso della vendita.
Spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione straordinaria di immobili
Per quanto concerne le spese relative all’ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione straordinaria degli immobili strumentali e di quelli utilizzati promiscuamente, viene prevista la deducibilità delle stesse (in misura integrale ovvero pari al 50% per gli immobili a uso promiscuo), da ripartire in quote costanti nel periodo d’imposta in cui sono sostenute e nei cinque successivi (cfr. art. 54-quinquies, commi 1 e 2, ultimo periodo). Le spese relative alla manutenzione ordinaria dei beni immobili utilizzati nell’esercizio dell’attività restano deducibili (in misura integrale ovvero pari al 50% per gli immobili a uso promiscuo) nell’esercizio di sostenimento, secondo il criterio di cassa.
Viene, in questo modo eliminata la norma vigente che prevede la deducibilità di questa spese, nel periodo d’imposta di sostenimento, nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili, quale risulta all’inizio del periodo d’imposta dai registri contabili, e per l’eventuale eccedenza, in quote costanti nei cinque periodi d’imposta successivi. La modifica viene presentata come a vantaggio del professionista posto che in linea di principio l’attività professionale non prevede l’utilizzo di rilevanti importi di beni strumentali ammortizzabili e, dunque, consentire la deducibilità nel primo anno di sostenimento di queste spese nel limite del solo 5% sarebbe assai penalizzante: da qui un colpo secco con la deducibilità in sei anni in quote costanti. Tanto per ottenere l’ennesima conferma che per il professionista la cassa è un concetto assai virtuale.
La cosa certamente utile è aver chiarito che la distinzione tra spese di manutenzione ordinaria (deducibili per intero al momento del pagamento) e quelle straordinaria (ripartibili in 5 anni a decorrere dal pagamento) va fatta in base alla definizioni degli interventi edilizi di cui all’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, richiamate dall’articolo 16-bis del Tuir ai fini del riconoscimento della detrazione delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici.
Beni in locazione finanziaria
Sempre per finalità di coordinamento delle disposizioni riguardanti il reddito d’impresa applicabili anche in sede di determinazione del reddito di lavoro autonomo, nel comma 3 dell’articolo 54-bis viene riprodotta la norma antielusiva specifica prevista, nell’ambito dei redditi d’impresa, dal vigente articolo 88, comma 5, del Tuir, con riferimento alla cessione dei contratti di locazione finanziaria. Diciamo subito che, pur in assenza di copertura normativa, l’Agenzia delle entrate aveva già fissato i principi che seguono in via interpretativa. In particolare, per la cessione di tali contratti, aventi a oggetto beni immobili o beni mobili strumentali, esclusi i soliti oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione di cui all’articolo 54-septies, comma 2, concorre a formare il reddito del lavoratore autonomo il valore normale del bene al netto del prezzo stabilito per il riscatto e dei canoni relativi alla residua durata del contratto, attualizzati alla data della cessione medesima. Aggiungono i sottoscritti ancorché non espressamente previsto dalla norma che nel caso si tratti di leasing immobili, occorre anche sottrarre a tale sopravvenienza attiva da tassare la quota del 20% non dedotta dei canoni fino a quel momento pagati in quanto riferibili al terreno. È una regola che si applica anche ai soggetti imprenditori.
Conclusione
La riforma si apprezza per aver chiarito questioni dubbie e per aver fornito copertura normativa ad interpretazioni dell’agenzia delle entrate che non trovavano riscontro nell’articolo 54 del Tuir. Alcune questioni, quali le spese di trasferta ed altri aspetti che verranno trattati nei prossimi contributi su questa rivista, sono state lodevolmente risolte nel segno della coerenza e della oggettiva semplificazione.
Non si può dire altrettanto per le problematiche oggetto di questo articolo.