Nuove sanzioni e ravvedimenti, slalom tra le norme

di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

 

Sono in dirittura di arrivo le modifiche previste al sistema sanzionatorio e alle modalità di calcolo del ravvedimento operoso. Trattasi, in linea di massima, di un intervento volto ad ampliare le possibilità deflattive e a contenere l’ammontare delle sanzioni dovute per gli eventuali adempimenti spontanei da parte del contribuente.

Ovviamente non potevano mancare complicazioni varie, sia di calcolo sia di comprensione delle diverse fattispecie, ma se così non fosse ci dovremmo chiedere se per caso abbiamo chiesto agli svizzeri di elaborare le novelle normative. Invece no, è sempre il buon legislatore italico che, con perseveranza, riesce ancora una volta a stupirci preannunciando non pochi ingarbugliamenti finalizzati, almeno nelle intenzioni, a “semplificare e razionalizzare”, il sistema attualmente vigente.

Le preannunciate novità dovrebbero entrare in vigore nel corso del 2024 e seppur si dibatte della relativa applicazione per il passato secondo il principio del favor rei (nodo da sciogliere, in quanto le anticipazioni fornite evidenziavano una esplicita limitazione in tale senso), appare indubbio che una volta vigenti troveranno applicazione per tutte le violazioni commesse a decorrere da tale data: pertanto, se dette modifiche arriveranno prima dei dichiarativi per il 2023, è evidente che errori di versamento e gestione di future integrative saranno sottoposte al nuovo assetto normativo.

Procediamo, dunque, ad una prima sintesi di quel che ci aspetta, cercando come al solito di “contenere” inutili tecnicismi.

 

Gli omessi o incompleti versamenti: l’attuale assetto

Il mancato versamento, anche parziale, delle imposte è stato sempre oggetto di attenzione da parte del legislatore, che consente al contribuente di porvi rimedio, prevedendo:

  • una sanzione graduata nel tempo;
  • un ravvedimento con riduzioni inversamente proporzionate al ritardo con cui si provvede alla correzione.

Due le disposizioni interessate:

  • l’articolo 13 del D. Lgs. 471/97, che disciplina le sanzioni irrogabili;
  • l’articolo 13 del D. Lgs. 472/97, che stabilisce la modalità con cui si riducono le sanzioni.

Attualmente, le sanzioni previste sono costruite nella seguente misura:

  • 1% al giorno, nei primi 14 giorni di ritardo;
  • 15% per ritardi compresi tra 15 e 90 giorni;
  • 30% per ritardi superiori a 90 giorni.

È bene subito precisare che il versamento delle imposte in ritardo, pur in assenza di ravvedimento, in ogni caso fissa la data per il calcolo degli interessi e per la determinazione della sanzione da irrogare. Ad esempio, un versamento eseguito con 12 giorni di ritardo oggi è sanzionato nella misura del 12%.

Il contribuente può però anticipare il fisco, ravvedendosi e versando in anticipo interessi e sanzioni ridotte.

Le riduzioni sono previste nel seguente modo:

  • ad 1/10 per i ritardi in 30 giorni;
  • ad 1/9 per i ritardi tra 31 e 90 giorni;
  • ad 1/8 per i ritardi oltre 90 giorni;
  • ad 1/7 per i ritardi oltre il termine della dichiarazione successiva;
  • ad 1/6 per i ritardi oltre il termine della seconda dichiarazione successiva.

Sul punto, si rammenta che l’amministrazione finanziaria ha chiarito che non è necessario versare contemporaneamente imposte, interessi e sanzioni, dovendo però perfezionare il ravvedimento prima che giunga una rettifica da parte del fisco. Peraltro, se il versamento delle imposte fissa gli interessi e le sanzioni, la riduzione delle sanzioni è ancorata al perfezionamento del ravvedimento.

Tradotto in termini pratici, si consideri il classico caso del modello F24 presentato in ritardo direttamente dal cliente, ad esempio 12 giorni dopo la scadenza, con individuazione dell’errore da parte del consulente con un ritardo di 100 giorni: anche in tal caso è ancora possibile ravvedere se il fisco ancora non reagisce.

In particolare:

  • la sanzione di riferimento è il 12%;
  • gli interessi si calcolano per 12 giorni;
  • la sanzione si riduce non ad 1/10 (possibile per ravvedimenti nei 30 giorni) e nemmeno ad 1/9 (ravvedimenti entro 90 giorni), ma nella misura di 1/8 (ravvedimenti oltre i 90 giorni ed entro la dichiarazione successiva).

In ultimo è bene rammentare che il controllo del Fisco sulle omissioni è abbastanza veloce, solitamente nel giro di un anno e, dunque, è bene attivarsi subito, potendo nel caso procedere anche al ravvedimento parziale che, badate bene, non significa “ravvedimento rateizzato”.

Di fatto, se l’importo da versare per ravvedere è di 98 di imposte, 1 di interessi e 1 di sanzioni, per un totale di 100; non è possibile versare 4 rate da 25, ma si dovrà procedere a ravvedere ogni frazione di versamento, ossia versare 24 di imposte e aggiungere le relative sanzioni e gli interessi. Se poi il fisco dovesse reagire prima che si è completato il ravvedimento, l’ammontare non ravveduto sarà esposto all’irrogazione delle ordinarie sanzioni.

 

Le modifiche previste per gli omessi versamenti

Il legislatore ha deciso di intervenire in entrambi gli articoli 13 dapprima citati, modificando sia la progressione delle sanzioni per gli omessi/incompleti versamenti, sia le riduzioni dei ravvedimenti.

Deve subito anticiparsi che, per quanto concerne le riduzioni applicabili nel ravvedimento, ad onor del vero nel caso degli omessi versamenti nulla dovrebbe cambiare posto, come detto, che solitamente i controlli sono abbastanza rapidi (dunque ai fini del ravvedimento, dovendo provvedere alla regolarizzazione al massimo entro un anno, si avranno le classiche riduzioni dapprima descritte ad 1/10, 1/9 ovvero 1/8 a seconda del ritardo dell’adempimento). Al massimo potrà incrociarsi la riduzione ad 1/7, che come avremo modo di vedere nel prosieguo diventa l’ultima riduzione possibile prima dell’avvio di un controllo del fisco (quindi, il legislatore ha di fatto previsto che la riduzione di 1/7 si applicherà per tutti i ritardi superiori al termine dichiarativo dell’anno successivo).

Ciò che invece viene modificato in maniera significativa è l’ammontare delle sanzioni irrogabili: il legislatore esegue un intervento semplice, modificando l’ammontare della sanzione massima del 30% in una sanzione massima prevista del 25%. La sensazione, però, è che qualcuno abbia sottovalutato l’entità e l’effetto multiplo di tale modifica, che conduce di fatto ad un assetto definitivo a dir poco bizzarro. Per comprenderlo sia consentito citare per esteso la norma di riferimento, ossia il comma 1 del citato articolo 13: “chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti …. è soggetto a sanzione amministrativa pari al 25%. Per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a novanta giorni, la sanzione di cui al primo periodo è ridotta alla metà. ….. per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a quindici giorni, la sanzione di cui al secondo periodo è ulteriormente ridotta a un importo pari a un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo”.

Al dunque, leggendo con accuratezza la norma, si scorge che la sanzione del 25% influenza:

  • sia la sanzione applicabile tra i 15 e i 90 giorni di ritardo, ridotta alla metà (ossia 12,5%);
  • sia la sanzione applicabile nei primi 15 giorni, che è ridotta nella misura di 1/15 al giorno (dunque trattasi di una sanzione giornaliera pari a 0,83%).

 

Insomma, non sembra che il risultato sia di semplificazione dei calcoli, perché la versione precedente della norma riduceva in base “quindicesimi” una sanzione del 15%. In futuro invece la norma rischia di diventare astrusa, a maggior ragione se si osservano gli incroci con i ravvedimenti. Infatti:

  • nei primi 15 giorni, la sanzione dello 0,83% si ridurrà ad 1/10, con sanzione pari a 0,08% per giorno di ritardo;
  • dai 15 ai 90 giorni di ritardo, la sanzione si assesta al 12,5%. Tale sanzione si riduce ad 1/10 per i ritardi ravveduti tra i 15 e i 30 giorni (pertanto sanzione pari a 1,25%) e poi si riduce ad 1/9 per i ritardi tra i 31 e i 90 giorni (sanzione pari a 1,39%);
  • oltre i 90 giorni di ritardo la sanzione diviene del 25% e si riduce nella misura di 1/8 (dunque sanzione pari a 3,125%) ovvero ad 1/7 per i ravvedimenti successivi alla scadenza dichiarativa dell’anno dopo (pertanto sanzione ridotta a 3,57%).

La conseguenza di tale caos sembra essere quella di adottare, quale soluzione, un meccanismo atecnico di massima cautela: far finta di nulla e continuare ad applicare la sanzione ridotta del 3,75% a cui per almeno un ventennio siamo stati abituati (sanzione del 30% ridotta ad 1/8). Ovvio che si scherza, ma è altrettanto evidente che nelle situazioni di incertezza, onde evitare inutili contestazioni, pagare qualcosa in più di interessi e sanzioni sicuramente non crea problematiche.

Il resto, fortunatamente, rimane tutto invariato e, dunque, sarà ancora possibile eseguire il ravvedimento frazionato oppure perfezionare il ravvedimento a distanza di tempo (con l’accortezza dapprima esemplificata di ridurre la sanzione al momento in cui si chiude il ravvedimento).

 

Le ulteriori variazioni alle riduzioni previste per i ravvedimenti

Come detto, per i ravvedimenti il legislatore ha intenzione di modificare l’art. 13 del D. Lgs. 472/97, gestendo diverse ipotesi di riduzione delle sanzioni. Abbiamo anticipato che nulla cambia per le prime 3 riduzioni, rispettivamente ad:

  • 1/10 (nei primi 30 giorni di ritardo);
  • 1/9 (per ritardi tra 31 e 90 giorni);
  • 1/8 (ritardi da 91 giorni al termine di presentazione della dichiarazione successiva).

La prima modifica, come illustrato, è la previsione della riduzione ad 1/7 che resta l’ultima riduzione fruibile dal contribuente una volta superato il ritardo della dichiarazione successiva: viene meno invece la riduzione ad 1/6 che nell’attuale assetto normativo si applica per i ritardi superiori alla seconda dichiarazione successiva.

Dove però vi sono le modifiche più consistenti è nel comparto “controllo del fisco”, laddove il legislatore intende muoversi al fine di incentivare l’adempimento spontaneo in ottica deflattiva del potenziale contenzioso.

In termini pratici, una volta avviato il controllo al contribuente non è impedito ravvedere, anzi gli è quasi suggerito di pensare a tale soluzione. L’avvio del controllo non impedisce il ravvedimento; non solo, ma anche la notifica del PVC o dello schema d’atto nulla impediscono, posto che sono gli atti preclusivi al ravvedimento solo gli avvisi di accertamento, gli atti di irrogazione sanzioni, gli atti di recupero, gli atti di rettifica e gli atti di controllo automatizzato e di controllo formale: insomma, bloccano il ravvedimento gli atti a fronte dei quali è possibile produrre ricorso tributario.

Prima che si arrivi a tali atti, però, vi è la lunga fase del confronto con il fisco, durante il quale il contribuente può “redimersi”. Diverse le soluzioni che si offrono:

  • in primo luogo, la definizione del PVC. In sostanza, in caso di conclusione della verifica fiscale, il contribuente può accettare tutti i rilievi contenuti nel PVC, ottenendo in dote la riduzione della sanzione nella misura di 1/6. E’ evidente, però, che il grosso fardello di tale soluzione è di dover accettare tutti i rilievi, non potendo fare una libera scelta;
  • la possibilità di scelta se il contribuente, prima che la verifica sia conclusa, oppure primo che sia concluso un controllo documentale (c.d. controllo a tavolino), decida di ravvedere alcuni rilievi di cui ha avuto avvisaglia, preferendo eliminare subito il problema. In tal caso, posto che ancora non si arriva alla notifica del PVC o di uno schema d’atto, il contribuente può avere tutte le riduzioni dapprima elencate (da 1/10 ad 1/7, in funzione del ritardo con cui si muove);
  • la scelta libera si può espletare anche in presenza di un PVC. In questo caso, infatti, il contribuente può eseguire il ravvedimento in luogo della definizione, scegliendo cosa ravvedere dei rilievi subiti ed ottenendo o la riduzione ad 1/5 delle sanzioni, o la riduzione ad 1/4, soluzione che scatta se nel frattempo l’amministrazione finanziaria ha fatto seguire un proprio schema d’atto alla notifica del PVC;
  • infine, in assenza del PVC ma in presenza di uno schema d’atto, il contribuente può ravvedere, sempre scegliendo cosa in funzione ai rilievi ipotizzati, pagando la sanzione nella misura di 1/6.

 

In definitiva, i nuovi criteri semplici non sono di sicuro, ma è altrettanto vero che le soluzioni abbondano: ad ognuno quella che più aggrada.

 

Le modifiche previste per le infedeli dichiarazioni

Per le infedeli dichiarazioni il futuro assetto sanzionatorio prevede una sanzione che possiamo definire di base pari al 70%. Questa sanzione, però, opera solo se l’amministrazione finanziaria ha avviato un controllo conosciuto dal contribuente (ad esempio, accesso, ispezione, invio di uno schema d’atto, etc). Fino all’avvio di un controllo, infatti, per incentivare l’adempimento spontaneo del contribuente viene espressamente previsto che in luogo della sanzione del 70% il contribuente, nei casi di ravvedimento, può assumere quale sanzione di riferimento il doppio di quelle previste dall’art. 13 del D. Lgs. 471/97 (ossia il doppio delle sanzioni per gli omessi versamenti).

Bisogna dire, ad onor del vero, che per come è scritta la norma non dovrebbe più operare il chiarimento della circolare n. 42 del 2016 che oggi di fatto assimila le dichiarazioni integrative prodotte entro i 90 giorni successivi alla scadenza dichiarativa alle dichiarazioni c.d. “tardive”, ossia le dichiarazioni originarie che vengono prodotte per la prima volta proprio nel periodo compreso tra il termine dichiarativo e i citati 90 giorni. Queste dichiarazioni, infatti, consentono di applicare sempre le sanzioni degli omessi versamenti in riferimento alle imposte da pagare. Nel passato, mancando una specifica norma a gestire il caso particolare dell’integrativa prodotta in detti 90 giorni (della serie, il contribuente si accorge immediatamente dell’errore commesso e vuole rimediare velocemente), l’agenzia delle entrate ebbe modo di specificare che, pur trattandosi di una dichiarazione infedele, si rendevano in ogni caso applicabili le sanzioni da omesso versamento in ordine agli eventuali differenziali di imposte a debito emersi a seguito delle integrative.

Ora, in virtù della nuova disposizione in arrivo che determina in maniera chiara la sanzione per infedele dichiarazione prima del controllo, è da comprendere se il richiamato chiarimento di prassi sarà applicabile o meno. In caso di risposta positiva dell’amministrazione finanziaria, allora continuerà ad aversi questa assimilazione nei 90 giorni successivi alla scadenza dichiarativa e si potranno ancora usare le sanzioni previste per gli omessi versamenti; in caso negativo, invece, dette sanzioni devono essere raddoppiate.

La sensazione, deve dirsi, è che prevalga la nuova norma, altrimenti essendo abbastanza privo di significato il richiamo del legislatore al “doppio” delle sanzioni per gli omessi versamenti. A ben vedere, se l’integrativa giunge nei 90 giorni successivi alla scadenza del termine dichiarativo, sicuramente l’emersione delle nuove imposte avviene ben oltre i 90 giorni dalla data di versamento del saldo e dunque il legislatore avrebbe potuto tranquillamente affermare che la sanzione irrogabile era del 50% (le sanzioni per gli omessi versamenti, infatti, decorsi 90 giorni sono pari al 25%). Dunque, il richiamare genericamente le sanzioni dell’art. 13 del D. Lgs. 471/97 ed affermare che vadano applicate al doppio sembra voler disciplinare l’intera fattispecie delle integrative ante controllo, senza distinzioni temporali. Altrimenti la casistica del raddoppio delle sanzioni minori per gli omessi versamenti (ossia lo 0,83% al giorno nei primi 14 giorni e la sanzione del 12,5% per i ritardi tra i 15 e i 90 giorni), nel caso delle integrative nei 90 giorni successivi alla scadenza, potrebbe al massimo verificarsi in riferimento alle ultime eventuali rate del saldo/primo acconto e al versamento del secondo acconto. Insomma, un bel groviglio di ragionamenti da cui è difficile uscire senza una puntualizzazione del fisco.

Ciò che è del tutto certo, invece, è l’effetto che ne deriva per i ravvedimenti delle infedeli dichiarazioni fatti per le annualità precedenti e prima dell’azione di controllo: il contribuente deve assumere le sanzioni degli omessi versamenti, raddoppiarle e poi ravvedere.

Solo se dovesse intervenire un controllo fiscale, si abbandona il raddoppio della sanzione di cui all’articolo 13 del D. Lgs. 471/97 e trova applicazione la specifica sanzione ordinaria prevista per le dichiarazioni infedeli, pari al 70%.

 

Dichiarazioni omesse: come agire

In ultimo, una segnalazione di opportunità. Le dichiarazioni si ritengono valide se inviate al massimo entro i 90 giorni successivi alla scadenza originaria. Se l’invio avviene dopo tale ulteriore periodo, la dichiarazione si ritiene tecnicamente omessa. In ottica futura, però, eseguire l’adempimento anche dopo detti 90 giorni può essere sicuramente di aiuto: infatti, il legislatore prevede che se tale comportamento è assunto prima dell’avvio di controlli da parte del fisco, al contribuente non si applica la sanzione ordinaria prevista, pari al 120%, ma si applica la sanzione più contenuta pari al triplo della sanzione di cui all’art. 13 del D. Lgs. 471/97, vale a dire la sanzione che al massimo può raggiungere la misura del 75% (25%*3) che scatta, come abbiamo visto in precedenza, per ritardi superiori ai 90 giorni).

L’unico neo è che permane il divieto di eseguire il ravvedimento, non esplicabile nel caso di dichiarazioni omesse. Questo significa che il contribuente deve provvedere solo al versamento delle imposte e degli interessi, mentre le sanzioni saranno recuperate dal fisco con proprio atto di irrogazione sanzioni (potendo comunque definirle nella misura di 1/3).