Per la professione
Professionisti in regime forfetario – concordato preventivo biennale – approvazione metodologia per la definizione della base imponibile concordata – periodo d’imposta 2024
Ministero dell’economia e delle finanze, decreto 15/7/24 (G.U. n.167 del 18/7/24)
I titolari di reddito di lavoro autonomo che aderiscono al regime forfetario (art. 1, co. da 54 a 89, della Legge n. 190/2014), possono accedere al nuovo istituto di definizione del reddito ai fini Irpef denominato “concordato preventivo biennale” (artt. 6 – 9 e 20 – 23, del D.lgs. n. 13/2024).
La proposta di concordato, con la quale viene definito, per un biennio, il reddito ai fini Irpef è elaborata dall’Agenzia delle entrate.
Il contribuente può aderire alla proposta di concordato, in linea generale, entro il 30/6. Tuttavia, per il 1° anno di applicazione del nuovo istituto, il professionista può aderire alla proposta di concordato entro il 15/10/24.
L’accettazione da parte del professionista in regime forfetario della proposta di concordato lo obbliga a dichiarare gli importi concordati nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d’imposta oggetto di concordato. L’Agenzia delle entrate iscrive a ruolo, ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973, le somme non versate, ferma restando la possibilità per il professionista di avvalersi del ravvedimento operoso (art. 13 del D.lgs. n. 472/1997).
Il reddito di lavoro autonomo derivante dall’esercizio delle professioni di cui all’art. 1, co. 64, 1° periodo, della legge n. 190/2014 oggetto di concordato è determinato secondo la metodologia che è stata ora approvata con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 15/7/24, ferma restando la dichiarazione di un reddito minimo di 2.000 euro. Resta fermo, inoltre, il trattamento previsto per i contributi previdenziali obbligatori. Il reddito individuato con la metodologia approvata con il citato decreto, rileva ai fini della proposta di concordato per il 2024 per i professionisti che, nel 2023, hanno determinato il reddito in base al regime forfetario, senza aver superato il limite di compensi di 85.000 euro.
In linea generale, la metodologia per la definizione della proposta di concordato prevede l’utilizzo combinato di 2 tipi di dati:
- Dati relativi al periodo d’imposta 2023 dichiarati dal professionista nel quadro LM del modello REDDITI PF 2024 SEZIONE III riferiti ai compensi realizzati in relazione all’attività esercitata;
- Parametri settoriali sulla base dei dati dichiarati dall’insieme dei contribuenti ISA ritenuti più similari alla corrispondente platea in regime forfetario.
Prendendo a riferimento il reddito determinato forfetariamente dal professionista nel 2023, per la definizione della proposta sono previsti i seguenti passaggi metodologici:
- individuazione delle attività economiche nell’ambito dei settori ISA;
- applicazione dei coefficienti di rivalutazione settoriali;
- confronto con valori di riferimento settoriali;
- rivalutazioni con proiezioni macroeconomiche per il periodo d’imposta 2024.
Proroga dei termini di notifica di atti
Art. 1, co. 6 D.L. 15/5/24, n. 63, convertito con legge 12/7/24, n. 101, (G.U. n. n.163 del 13/7/24)
Sono stati prorogati di 2 anni i termini per la notifica dei seguenti atti i cui termini per la notifica scadono tra il 31/12/23 e il 31/12/25:
- atti di recupero dei crediti non spettanti o inesistenti (art. 38-bis del D.P.R. n. 600/1973);
- avvisi di accertamento (art. 43 del D.P.R. n. 600/1973).
Sono prorogati, inoltre, i termini per la notifica degli atti di recupero delle somme relative agli aiuti di Stato e agli aiuti de minimis. In particolare, sono prorogati di 2 anni, senza applicazione delle riduzioni dei termini decadenziali per le attività di controllo previste dalla legge, i termini per la notifica degli atti di recupero in scadenza tra il 31/12/23 e il 31/12/25 relativi agli aiuti di Stato e agli aiuti de minimis automatici e semiautomatici per i quali le Autorità responsabili non hanno provveduto agli obblighi di registrazione dei relativi regimi di aiuti (art. 1, co. 421, 422 e 423, della legge n. 311(2004 e art. 1, co. 31, 32, 33, 34, 35 e 36, della legge n. 234/2021).
Associazioni della Medicina di gruppo costituite da medici di medicina generale – esenzione Iva
Agenzia delle entrate, risposta n. 161 del 26/7/24
- 4 medici di medicina generale che operano, nell’ambito della ”assistenza primaria”, ”all’interno del medesimo ambito territoriale di scelta” e non svolgono attività di ”libera professione strutturata” per un orario superiore a 5 ore settimanali, hanno concordato di assumere la forma associativa della medicina di gruppo disciplinata dall’art. 40 del D.P.R. n. 270/2000.
Il quesito posto, ai fini Iva, concerne l’applicazione del regime di esenzione da Iva di cui all’art. 10, co. 2 del D.P.R. n. 633/1972 alle operazioni di ribaltamento dei costi di gestione da parte dell’Associazione nei confronti dei medici associati, in assenza di applicazione di un mark up.
Al riguardo, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che la forma associativa della medicina di gruppo rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 10, co. 2, del D.P.R. n. 633/1972 e, pertanto, alle operazioni di riaddebito delle spese comuni della sede associativa da parte dell’Associazione ai medici associati, si applica il regime di esenzione dall’Iva di cui all’art. 10, co. 2 del D.P.R. n. 633/1972.
Per gli immobili
Agevolazione “prima casa” – contratto a favore di terzo
Agenzia delle entrate, risposta n. 145 del 4/07/24
Nelle ipotesi di acquisto di un immobile stipulato con ”contratto a favore di terzo”, il terzo consegue la titolarità dell’immobile, per effetto della stipulazione. Tuttavia, fino a quando il terzo non dichiari di ”volerne profittare” tale acquisto non è definitivo, essendo suscettibile di revoca o modifica da parte dello stipulante o di rifiuto da parte del terzo. La dichiarazione del terzo di ”volerne profittare” consolida l’acquisto in suo favore, impedendone la revoca o la modifica da parte dello stipulante.
In tal caso, qualora il terzo intenda fruire delle agevolazioni “prima casa”, deve rendere, contestualmente alle dichiarazioni di cui alla Nota II bis, relative al possesso dei requisiti per fruire dell’agevolazione, anche la dichiarazione di ”voler profittare” della stipulazione in proprio favore, in modo da rendere definitivo il proprio acquisto.
Qualora il Terzo non renda la dichiarazione di ”volere approfittare”, in capo allo stesso non sussistono i requisiti per usufruire dell’agevolazione “prima casa” al momento della stipula dell’atto.
Superbonus – sconto in fattura – errata fatturazione
Agenzia delle entrate, risposta n. 146 del 9/07/24
Nel caso presentato all’esame dell’Agenzia, la ditta fornitrice che ha effettuato i lavori ricadenti nel Superbonus ha emesso, il 29/12/23, 3 fatture errate, avendo praticato lo sconto sul solo imponibile, omettendo quindi di addebitare l’IVA in rivalsa.
Le successive note di debito (rectius fatture) prodotte per ”rettificare” le fatture errate, seppur datate 29/12/23, sono state concretamente trasmesse allo SdI e, quindi, ”emesse” il 27/3/24, ben oltre il termine di 12 giorni che consentono di dare legittima rilevanza alla data corrispondente all’effettuazione dell’operazione (ossia al pagamento, anche tramite l’equivalente sconto).
Secondo l’Agenzia, considerato che le note di debito (rectius fatture) corrette sono state inviate al SdI, e quindi emesse, il 27/3/24, lo sconto in fattura, ove sussistano gli altri requisiti richiesti dalle norme, sarà applicabile nella misura prevista per il 2024 (70%), piuttosto che nella maggiore misura prevista per il 2023 (110%).
È stato, inoltre, chiarito che, sebbene con l’istituto del ravvedimento operoso il fornitore, una volta rimosse le violazioni, abbia la possibilità di sanare le sanzioni ad esse relative, detta sanatoria non consentirà di retrodatare l’efficacia delle fatture al fine di fruire dell’agevolazione in misura pari al 110%.
Superbonus – plusvalenza da cessione di immobile – vendita con riserva di proprietà
Agenzia delle entrate, risposta n. 156 del 16/07/24
Con riferimento all’applicazione della lettera b-bis) dell’art. 67 del Tuir, in base alla quale sono imponibili le plusvalenze risultanti dalla cessione d’immobili oggetto d’interventi agevolati, ai sensi dell’art. 119 del D.L. n. 34/2020 (Superbonus), che si siano conclusi da non più di 10 anni, indipendentemente dalla data di acquisto (o di costruzione) del bene, è stato chiarito che nel caso di vendita con riserva di proprietà, il momento rilevante ai fini della eventuale plusvalenza imponibile è quello in cui si verifica l’effetto traslativo della proprietà dell’immobile oggetto degli interventi agevolati che, come previsto dall’art. 1523 c.c. coincide con il versamento dell’ultima rata da parte dell’acquirente.
Superbonus – plusvalenza da cessione di immobile acquisito per usucapione
Agenzia delle entrate, risposta n. 157 del 17/07/24
Ai fini della determinazione della plusvalenza di cui alla lett. b-bis) dell’art. 67 del Tuir, nell’ipotesi di rivendita entro 10 anni dalla fine dei lavori di un immobile oggetto di interventi ammissibili al Superbonus, acquisito per usucapione, la plusvalenza si determina, ai sensi del successivo art. 68, come differenza tra il corrispettivo della vendita dell’immobile e il valore dell’immobile come indicato nella sentenza dichiarativa di usucapione (costituito dal valore venale del bene alla data in cui è passata in giudicato la sentenza dichiarativa dell’usucapione), aumentato «dei costi inerenti al bene», determinato senza tener conto delle spese relative agli interventi ammessi al Superbonus in relazione alle quali è stata esercitata l’opzione ai sensi dell’art. 121, co. 1, lett. a) e b), del D.L. n. 34/2020.
Immobili classificato come studio ma adibito ad abitazione principale – tassazione della plusvalenza da cessione
Cassazione n.17528 del 25/6/24
In caso di cessione, entro 5 anni dall’acquisto, di un immobile classificato ad uso ufficio o studio privato (A/10), ma oggettivamente classificabile anche ad altri usi abitativi, l’effettivo utilizzo dell’immobile ad abitazione principale del professionista che lo cede, che deve essere provato dallo stesso professionista, o di un suo familiare, da intendersi come destinazione a dimora abituale, ove realizzatasi per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto e la cessione, è idonea ad escludere l’assoggettamento a tassazione dell’eventuale plusvalenza di cui all’art.67 del TUIR, conseguita dal cedente, anche se tale destinazione sia avvenuta in contrasto con la classificazione catastale dell’immobile, potendosi anche in tal caso escludere l’intento speculativo dell’operazione,
Ai fini dell’art. 67, co. 1, lett. b) è stato, dunque, dato rilievo alla oggettiva destinazione abitativa di fatto impressa all’immobile, posto che la disposizione non fa alcun riferimento alla categoria catastale dell’immobile, richiedendo esclusivamente la destinazione dello stesso ad abitazione principale ai fini dell’esenzione da tassazione della plusvalenza.
Posto che la nozione di abitazione principale deve essere ancorata all’accertamento di una situazione di fatto di oggettiva destinazione dell’immobile a dimora abituale, il professionista che si trova in tale situazione deve fornire elementi di prova di natura oggettiva e riferiti ad immobili che siano quantomeno classificabili (anche se non classificati all’attualità) per uso abitativo.
Nel caso di specie, la prova è stata fornita attraverso la produzione dei certificati di residenza nell’immobile poi ceduto, delle copie delle fatture relative alla fornitura di gas, energia elettrica (per usi domestici) e servizio telefonico, delle copie dei bollettini di pagamento del canone RAI, della tassa rifiuti e delle quote condominiali. Sul punto, la Cassazione ha valorizzato, tra le altre circostanze offerte dal contribuente, la concessione della residenza nell’immobile oggetto di causa da parte del Comune, poiché da tale elemento è possibile, altresì, desumere l’astratta idoneità dell’immobile stesso ad essere adibito ad abitazione.