Procedura di adesione, quando attivarla e a che scopo

di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

Premessa

La ripresa dell’attività di accertamento post periodo emergenziale covid è già visibile, con implicazioni che non sono, per ovvie ragioni, piacevoli. Se è pur vero che ogni pretesa può essere ragionevolmente contrastata e oggetto di contenzioso tributario, è altrettanto vero che una simile scelta comporta non poche valutazioni, afferenti tra l’altro:

  • i costi professionali;
  • le lungaggini del processo ed i diversi gradi di giudizio configurabili;
  • la progressione della riscossione (la cui fase provvisoria parte a prescindere dagli esiti della lite);
  • nonché soprattutto le incertezze delle decisioni giurisprudenziali.

A fronte di ciò, permangono le diverse possibilità deflattive, tese:

  • da un lato ad evitare il sorgere della lite con l’amministrazione finanziaria;
  • dall’altro a rendere meno onerosa la pretesa fiscale, che non solo può essere debitamente rideterminata, ma soprattutto vede irrogare delle sanzioni in misura ridotta, potendo poi anche fruire di pagamenti rateali.

Mediante la procedura di accertamento con adesione è possibile giungere ad una definizione concordata della pretesa fiscale. Gli avvisi di accertamento “attuali” sono solitamente preceduti dall’invito al contraddittorio, che di fatto anticipa la “fase” di confronto con l’amministrazione finanziaria, permettendo a priori il dialogo e l’eventuale riduzione della pretesa. Non tutti gli atti, però, sono obbligatoriamente preceduti dal contraddittorio preventivo con l’evidente conseguenza che, in tali ipotesi, non può comunque negarsi al contribuente la possibilità di ricorrere ad una soluzione deflattiva, raggiungendo un accordo con il fisco ed evitando, dunque, il percorso del contenzioso tributario.

 

Quando è possibile attivare l’adesione

Possono accedere alla definizione tutti i contribuenti, titolari di un reddito di qualsivoglia natura, compresi i sostituti d’imposta e possono formare oggetto di definizione, almeno in linea teorica, tutte le imposte. Il nuovo imponibile determinato in contraddittorio fra le parti e l’esito dell’accordo non possono essere modificati e/o integrati dall’Amministrazione, così come non possono essere oggetto di impugnazione da parte del contribuente, ferma restando la riserva dell’Amministrazione Finanziaria di poter svolgere una ulteriore azione accertatrice in presenza di particolari circostanze.

Non volendo essere oltremodo tecnici, sia sufficiente rimarcare che la procedura di adesione può essere attivata ogni qual volta non vi sia stato un precedente “dialogo” con l’amministrazione finanziaria, eseguito in funzione del D. Lgs. 218/97.

Non rilevano pertanto le mere richieste di consegna documenti, i questionari o finanche le procedure di verifica: è necessario lo svolgimento di un contraddittorio ai sensi del richiamato decreto legislativo.

Ad oggi è possibile distinguere gli atti di accertamento nel modo seguente:

  • Avvisi preceduti dall’invito al contraddittorio preventivo ai sensi dell’art. 5-ter del D. Lgs. 218/97. Ormai il legislatore ha stabilito il generalizzato obbligo del confronto preventivo con l’amministrazione finanziaria e può affermarsi che nella stragrande maggioranza dei casi si rientra in tale ipotesi. Ovviamente, essendosi già svolto tale prodromico confronto (con la procedura che si intende eseguita pur nel caso di mancata partecipazione da parte del contribuente, debitamente informato ed invitato al riguardo), non sarà poi possibile inviare una nuova istanza di avvio della procedura di adesione, dovendosi dunque prestare la dovuta attenzione soprattutto in ordine ai termini di impugnazione, che non potranno essere “sospesi”. Peraltro, in considerazione dell’obbligo di motivazione rafforzata che “cade” in capo all’ufficio, il quale deve adeguatamente illustrare le ragioni dell’eventuale mancato accoglimento delle tesi difensive, è possibile affermare che solitamente è “cosa buona e giusta” partecipare al contraddittorio e produrre adeguate memorie difensive;
  • Atti non preceduti da tale contraddittorio. Si tratta generalmente degli avvisi di accertamento che hanno origine da precedenti processi verbali di constatazione ovvero degli accertamenti c.d. parziali. In tali ipotesi, a titolo deflattivo, sarà dunque possibile avviare la procedura di adesione.

 

L’istanza del contribuente sospende i termini

Solitamente la procedura è avviata a seguito di iniziativa del contribuente, mediante istanza in carta libera che deve ovviamente contenere tutti i riferimenti necessari sia per individuare l’atto oggetto di adesione, che i dati del contribuente da convocare. L’istanza può essere indifferentemente consegnata o spedita all’Ufficio che ha emesso l’atto impositivo, anche a mezzo pec. Nel caso di invio per posta, secondo quanto precisato dalla circolare n. 28 del 2002, è tempestiva la spedizione avvenuta entro il termine di 60 giorni dalla notifica dell’atto di accertamento, essendo necessario rispettare le modalità prescritte dall’articolo 20, del D.Lgs.n.546/1992 (plico raccomandato senza busta, con avviso di ricevimento). La Corte di Cassazione, però, con l’ordinanza n.15755 del 23 luglio 2020, ha ritenuto ammissibili anche le istanze spedite in busta chiusa e senza avviso di ricevimento.

A seguito dell’avvio della procedura ed onde consentire l’adeguata valutazione della fattispecie concreta, è prevista una sospensione di 90 giorni dei termini per ricorrere, decorrenti dalla data di presentazione della medesima istanza da parte del contribuente.

Come stabilito dall’articolo 7 quater, comma 18, introdotto in sede di conversione in L. n.225/2016 del D.L. n.193/2016, “i termini di sospensione relativi alla procedura di accertamento con adesione si intendono cumulabili con il periodo di sospensione feriale dell’attività giurisdizionale”.

Sul punto deve inoltre segnalarsi quanto precisato nell’ordinanza della Corte di Cassazione n.21148 del 24 agosto 2018, secondo cui la sospensione del termine di impugnazione dell’atto impositivo “non è interrotta dal verbale di constatazione del mancato accordo tra questi e l’Amministrazione finanziaria, poiché, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione, diretta a favorire il più possibile la composizione amministrativa della controversia, deve ritenersi che solo l’univoca manifestazione di volontà del contribuente possa escludere irrimediabilmente tale soluzione compositiva, attraverso la proposizione di ricorso avverso l’atto di accertamento, oppure con formale ed irrevocabile rinuncia all’istanza di definizione con adesione, facendo perciò venir meno la sospensione del temine di impugnazione. (Cass. 17439/2012, 3762/2012, 2857/2013)”.

 

L’adesione e gli accertamenti parziali

Gli accertamenti parziali emanati ai sensi degli articoli 41-bis del D.P.R. n. 600/1973 ai fini delle imposte sui redditi e 54, comma 5, del D.P.R. n. 633/1972 ai fini IVA, non devono essere visti come accertamenti “in deroga” alle ordinarie modalità di controllo e dunque sottoposti a “regimi speciali”, avendo invece le stesse regole procedurali previste per gli accertamenti ordinari (acquiescenza, definizione delle sole sanzioni, autotutela, accertamento con adesione, mediazione, impugnazione dell’avviso, conciliazione giudiziale, iscrizione a ruolo).

La caratteristica principale è rappresentata dalla possibilità di procedere in maniera “più snella”, essendo fondati su informazioni “incrociate” ma mirate (si pensi ad esempio all’accertamento dei canoni di locazione tramite l’acquisizione dei contratti registrati), consentendo così la notifica eventuale di più accertamenti parziali per la stessa annualità, senza tutte le problematiche legate alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi per la reiterazione dell’attività accertativa.

La fonte di innesco è fondata sull’incrocio dei dati ed informazioni in possesso dell’anagrafe tributaria, che consentono di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato o il maggior ammontare di un reddito parzialmente dichiarato, che avrebbe dovuto concorrere a formare il reddito imponibile.

Rientrano in tale tipologia gli atti di accertamento a contenuto standardizzato che contestano, per esempio:

  1. a) l’omessa dichiarazione di redditi di fabbricati derivanti dal possesso di immobili, ovvero la dichiarazione di redditi inferiori a quelli risultanti dai contratti registrati;
  2. b) l’omessa dichiarazione di redditi di partecipazione da parte del socio di società di persone;
  3. c) l’omesso cumulo di più redditi di lavoro dipendente o di pensione, rilevabile dalla presenza di più modelli CUD rilasciati a favore di uno stesso soggetto.

Un dubbio circa l’attivazione della procedura di adesione potrebbe “assalire” il contribuente nel caso di accertamento parziale, posto che la possibilità di avanzare istanza di adesione – ad oggi – non è prevista nelle istruzioni poste in calce agli accertamenti parziali automatizzati, previsti dall’articolo 41 bis del D.P.R. n. 600/1973.

Viene, invece, indicata la facoltà:

  • di prestare acquiescenza all’avviso;
  • di definire le sole sanzioni e ricorrere avverso l’accertamento delle imposte;
  • di richiedere l’annullamento, anche parziale, delle contestazioni;
  • di produrre ricorso immediatamente, fermo restando l’obbligo di mediare in caso di liti non superiori a 50 mila euro).

Il punto però è stato affrontato e risolto nella circolare n. 258 del 1998, in cui l’Amministrazione Finanziaria, dopo aver inizialmente osservato come per tali atti, generalmente fondati su elementi certi risultanti dal sistema informativo dell’anagrafe tributaria, sia difficilmente ipotizzabile la valutazione, in contraddittorio con il contribuente, degli elementi stessi, ha comunque riconosciuto che “non può  escludersi, in via di principio, che a seguito di notifica degli   avvisi  di accertamento parziale automatizzati i contribuenti presentino, anteriormente   all’impugnazione  dell’atto innanzi la commissione tributaria provinciale, istanza di accertamento con adesione”.

Pertanto, eventuali istanze dei contribuenti, volte a richiedere l’instaurazione del procedimento di adesione, devono essere oggetto dell’apposita procedura e determinano anche la sospensione dei termini per ricorrere.

 

Gli errori “di tempistica” da non commettere

Appare superfluo sottolineare che è fondamentale appurare la effettiva possibilità di procedere all’istanza di adesione, altrimenti non sussistendo alcuna sospensione dei termini di impugnazione. Massima attenzione, pertanto, deve essere anzitutto data alla circostanza che l’atto sia stato eventualmente preceduto da un contraddittorio eseguito ai sensi del D. Lgs. 218/97 (in talune ipotesi il contraddittorio preventivo è un obbligo dell’ufficio pena l’invalidità del successivo atto accertativo): in tali ipotesi, come già detto in precedenza, non è possibile produrre una nuova istanza ed i termini di impugnazione dell’atto di accertamento restano fermi ai fatidici 60 giorni (con l’eventuale implementazione del periodo feriale).

Sempre sul piano dei termini di impugnazione deve poi monitorarsi con prudenza l’eventuale produzione di una istanza di autotutela, tesa non a “rideterminare” gli importi contestati, ma a verificare la legittimità, parziale e/o totale, della pretesa tributaria. In merito è utile richiamare quanto esplicitato dalla circolare 65 del 2001: “Nei procedimenti di definizione devono essere correttamente individuate  le  fattispecie  ricorrenti  in  relazione  alle motivazioni  addotte  dal  contribuente  e  conseguentemente   adottati i provvedimenti di autotutela nei casi previsti dalla legge; di questi ultimi sarà dato atto  nell’eventuale  procedimento  di  contraddittorio  con  il contribuente, qualora comunque  instaurato con riferimento ad ulteriori aspetti dell’avviso di accertamento suscettibili di  definizione  ai  sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997. Ne consegue, in particolare, che i casi di annullamento totale dell’avviso di accertamento devono essere correttamente formalizzati in termini di provvedimento di autotutela dell’ufficio”.

Ciò posto, l’autotutela non perfeziona alcun effetto interruttivo, rimanendo i termini del ricorso del tutto invariati: non deve pertanto attendersi “un cenno” dell’ufficio, ma osservare con puntualità le scadenze ed eventualmente agire per impedire che l’accertamento possa divenire definitivo. Ad analoghe conclusioni, peraltro, si perviene in ordine all’eventualità della mancata convocazione da parte dell’Ufficio. Il contribuente non può cullarsi dell’avvenuta produzione dell’istanza di adesione, ma all’approssimarsi della scadenza temporale deve procedere senza indugio, confidando eventualmente nelle ulteriori procedure deflattive ancora attivabili (infatti il mancato perfezionamento dell’adesione non preclude le ipotesi di mediazione e/o conciliazione afferenti la fase contenziosa).