Professionisti e aiuti di stato – la gestione in dichiarazione dei redditi e Irap

Il Pronto Fisco di giugno, a cura di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

Anche i professionisti che hanno ottenuto nel corso del 2020 degli aiuti di Stato sulla base della normativa anti Covid-19 devono compilare l’apposita sezione Aiuti di Stato del modello Redditi PF e nel Modello Irap.

In particolare, devono indicare nell’apposito “Prospetto degli aiuti di stato” presente nel Modello Redditi e Irap, gli aiuti di stato e de minimis il cui ammontare non è conosciuto dall’amministrazione pubblica che lo gestisce in quanto:

  • O l’aiuto è stato ottenuto in automatico dal professionista al ricorrere dei presupposti senza alcun intervento attivo della pubblica amministrazione (esempio, credito d’imposta sugli affitti);
  • oppure il soggetto pubblico referente della misura ha notificato al professionista un atto di concessione dell’aiuto ma non conosce l’importo di pertinenza del professionista dipendendo lo stesso da un comportamento successivo del medesimo (si pensi, ad esempio, a taluni contributi per incentivare l’avvio di nuove attività, talvolta gestiti da amministrazioni locali).

Gli aiuti da “tenere sotto osservazione”

Volendo prendere il toro per le corna e rinviando a dopo discettazioni circa il perché e il per come, va detto che il professionista deve sapere che se nel corso del 2020 ha ottenuto (ad esempio) una delle sovvenzioni di seguito elencate, ha fruito di un beneficio inquadrabile in aiuto di Stato. Trattasi in particolare de:

  • il contributo a fondo perduto erogato dall’agenzia delle entrate posto che il professionista ha dimostrato una riduzione di ricavi da COVID-19 nella misura prevista dalle specifiche disposizioni (art. 25 D.L. Rilancio; art. 1 D.L. Ristori; art. 2 D.L.  Ristori bis);
  • lo stralcio dell’acconto Irap 2020;
  • Il bonus affitti per le mensilità in cui è riuscito a dimostrare la riduzione del fatturato di oltre il 50%, sempre con i presupposti richiesti dalle diverse norme che si sono succedute nel corso del 2020;
  • Il finanziamento fino a 30.000 euro interamente garantito dal Fondo Centrale di Garanzia.

Chiaramente ci possono anche essere state sovvenzioni di carattere locale erogate dal Regioni, Provincie e comuni che laddove targate “sostegno anticovid-19” sono indubitabilmente da in quadrarsi come aiuti di stato.

Per inciso va detto che il bonus sanificazione e acquisto dispositivi di protezione individuale non è un Aiuto di Stato perché non ha avuto le caratteristiche della selettività: il credito d’imposta nella percentuale stabilità dal provvedimento agenzia delle entrate è stato infatti assegnato indistintamente a tutti i soggetti dotati di partita Iva (e anche agli enti non commerciali) nel semplice presupposto di aver sostenuto le relative spese.

Rispetto agli elencati contributi, per taluni scatta l’obbligo di procedere all’evidenziazione in dichiarazione. Ebbene il motivo per cui ricorre detto obbligo per il professionista, con premessa che sul punto torneremo (mestamente) nel prosieguo, è riassumibile come segue: l’amministrazione pubblica, pur conoscendo l’ammontare dell’aiuto ottenuto (quanto meno il contributo a fondo perduto e lo stralcio Irap), non conosce alcuni altri indispensabili (banalissimi) elementi, derivando da ciò la necessità della compilazione del quadro Aiuti di Stato.

L’obbligo di compilare il Prospetto “Aiuti di Stato”

Andiamo per ordine: lo scopo della compilazione del Prospetto Aiuti di Stato, ricorrendone i presupposti (che vedremo) è quello di consentire all’Agenzia delle entrate di aggiornare il “Registro nazionale degli aiuti di Stato” (RNA) gestito dal ministero per lo Sviluppo economico in base ad un obbligo comunitario.

La ratio del registro aiuti di stato è duplice:

  • da un lato rendere pubblico un aiuto che un soggetto ha ricevuto, nei limiti previsti dalla legge, in modo che tutti coloro i quali operano nel medesimo settore siano a conoscenza di ciò. Entro i limiti del de minimis (200.000 euro nel triennio) l’aiuto si considera di minima entità e quindi tale da non distorcere la concorrenza. E’ anche consentita la percezione di specifici aiuti se autorizzati dalla Commissione UE in circostanze eccezionali, in base ad una legge adottata dallo Stato membri richiedente;
  • dall’altro, nel caso specifico degli aiuti dal Covid-19 verificare se il soggetto ha ottenuto un ammontare complessivo di  aiuti che non eccede quello previsto dal Temporary Framework del 19 marzo 2020 e successive modifiche (800.000 euro elevati a 1.800.000 a decorrere dal 2021).

Occorre al riguardo sottolineare che il quadro Temporaneo di aiuti UE (Temporary Framework) interviene collocandosi nell’ambito della deroga concessa dall’articolo 107, comma 1, lett. b) del TFUE – trattato sul funzionamento dell’Unione europea, laddove prevede che “Sono compatibili con il mercato interno, gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali”.

Il registro aiuti di Stato tenuto dal Mise

Cerchiamo di comprendere meglio quando il contribuente si deve attivare compilando il prospetto nel modello redditi e quando non occorre.

Partiamo dalla norma: con il DM 31 maggio 2017, n. 115, è stato adottato il Regolamento recante la disciplina per il funzionamento del Registro nazionale degli aiuti di Stato, operativa dal 12 agosto 2017.

Il menzionato Regolamento opera una distinzione tra:

  1. aiuti soggetti ad un procedimento di concessione (l’iscrizione nel Registro è interamente gestita dall’autorità pubblica responsabile e dal soggetto pubblico concedente); In questo caso non occorre compilare il prospetto in dichiarazione Redditi/Irap;
  2. aiuti non subordinati all’emanazione di provvedimenti di concessione o di autorizzazione alla fruizione, cd. aiuti automatici (il beneficiario deve compilare l’apposito riquadro del Modello Redditi e/o Irap utile all’amministrazione pubblica per acquisire i dati che provvederà ad annotare nel Registro in questione);
  3. aiuti di Stato e agli aiuti “de minimis” di cui all’articolo 7 del Regolamento 31.05.2017 n. 115, che seppure subordinati all’emanazione di provvedimenti di concessione o di autorizzazione alla fruizione comunque denominati il relativo importo non è però determinabile nei citati provvedimenti ma solo (appunto) a seguito della compilazione del Prospetto aiuti di Stato in sede di dichiarazione dei Redditi/Irap.

Tralasciamo gli aiuti nei “settori agricoltura e pesca”, che devono rispettare una disciplina specifica.

E’ bene sottolineare che, nonostante la UE preveda tali obblighi in via generale per le imprese, la nozione di impresa in sede comunitaria è molto più estesa di quel che potrebbe sembrare.

La Commissione UE, infatti, con la raccomandazione 6 maggio 2003 n. C(2003) 1422 ha chiarito che “Si considera impresa ogni entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che eserciti un’attività economica. In particolare, sono considerate tali le entità che esercitano un’attività artigianale o altre attività a titolo individuale o familiare, le società di persone o le associazioni che esercitino un’attività economica.”.

Posto che, indubitabilmente, anche il professionista svolge un’attività economica anch’egli deve ottemperare ai fini della normativa Aiuti di Stato i relativi obblighi di comunicazione, ricorrendone i presupposti.

Il modello Redditi 2021

In conclusione, il prospetto Aiuti di Stato deve essere compilato certamente dai professionisti che nel periodo d’imposta 2020 hanno beneficiato del contributo a fondo perduto erogato dall’Agenzia delle entrate, del credito d’imposta sugli affitti e dello stralci dell’acconto Irap per il 2020.

Non va, invece, compilato per i finanziamenti fino a 25.000 (poi elevato a 30.000) interamente garantiti dallo Stato dal momento che il caricamento sul Registro Aiuti di Stato tenuto dal Mise (liberamente consultabile sul sito) viene fatto direttamente dal fondo centrale di Garanzia.

E’ bene sottolineare che il prospetto Aiuti di Stato va compilato dal professionista, ricorrendone i presupposti, anche con riferimento agli aiuti di seguito specificati nonostante siano già indicati nei relativi quadri dichiarativi:

  • contributo a fondo perduto riportato nel quadro E (determinazione del reddito di lavoro autonomo), rigo RE3 “Altri Proventi Lordi”, colonna 1. L’ammontare del contributo a fondo perduto è solo evidenziato in questo campo ma non è tassato e dunque non è sommato nella colonna 2;
  • credito d’imposta per le locazioni, riportato nel quadro RU con il codice credito H8. Il relativo ammontare sembra che debba essere confinato in questo quadro a titolo di mera notizia, mentre non ne viene richiesta l’evidenziazione nel quadro RE;
  • ammontare del primo acconto Irap per il 2020 non versato, che nella dichiarazione Irap deve essere indicato come “virtualmente” versato nel rigo IR25, colonna 2 rubricato Art. 24, DL n. 34/2020.

A fronte di un simile stato di cose, sorge spontanea una domanda.  Posto, come visto, che tutti questi benefici ottenuti dal professionista ai sensi della normativa Covid, in conformità all’autorizzazione quadro della Commissione UE, di cui al Temporary Framework del 19/3/2020 e successive modifiche, sono esattamente conosciuti nel loro ammontare dall’amministrazione finanziaria, perché occorre compilare con gli stessi importi il Prospetto aiuti di Stato?

Presto detto: la risposta la si rinviene nella “Audizione del direttore dell’agenzia delle entrate in Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria del 5/5/2021” che per la sua completezza vale la pena riportare per intero:

“È utile evidenziare, in tale sede, che la necessità di richiedere alcune informazioni nei modelli dichiarativi può derivare dalla loro indisponibilità nell’Anagrafe tributaria. Ad esempio, i contributi a fondo perduto erogati dall’Agenzia delle entrate nel corso del 2020 sono considerati aiuti di Stato “automatici” e in quanto tali dovranno essere iscritti dall’Agenzia nel Registro nazionale aiuti di Stato. Nel prospetto relativo agli Aiuti di stato presente nelle dichiarazioni fiscali il contribuente è tenuto a indicare gli aiuti di cui ha fruito e i dati necessari a consentirne la registrazione da parte dell’Agenzia. Questi dati sono richiesti nelle dichiarazioni fiscali in quanto non recuperabili dalle basi dati a disposizione dell’Agenzia. Le norme comunitarie, infatti, fanno invio a definizioni e concetti che non sono allineati a quelli presenti nella normativa interna. Ad esempio, la “Dimensione” dell’impresa va assunta secondo la definizione contenuta in una raccomandazione della Commissione Europea e la “Forma giuridica” dell’impresa va individuata in base ad un’apposita codifica che non corrisponde a quella prevista dalla normativa nazionale.”.

La risposta, che ha convinto pochi (per non dire nessuno), merita di essere analizzata e sia consentito concentrarsi sulla problematica delle domande telematiche di richiesta di contributo fondo perduto presentate all’agenzia delle entrate. Nelle relative istanze prodotte dai contribuenti, quello che non è richiesto (e dunque, come evidenziato nella richiamata risposta, non è disponibile per l’amministrazione finanziaria) attiene a:

  • la natura giuridica del richiedente;
  • la dimensione del richiedente (micro, piccola, media, grande imprese, ente pubblico).

Venendo al caso concreto dei professionisti, è necessario effettuare puntuali riflessioni. In primo luogo, se è vero che la codifica della natura richiesta da Bruxelles è molto articolata e non coincide con quella nazionale (ad esempio SV = società tra professionisti), è altrettanto vero che in alcune situazioni non sembrano possibili conclusioni logiche diverse da quel che appare facilmente desumibile. Giusto per dirne una: il professionista singolo non può avere che una codifica, vale a dire AF (altre forme) visto che non ce ne sono altre “avvicinabili” (a meno che non si voglia adoperare la codifica PF – persona fisica). Quale che sia, però, non ci sembra che sia un dato che l’agenzia possa avere difficoltà a ricavarlo da sola. Ad analoghe conclusioni si giunge per la dimensione (micro, piccola, media e grande impresa), argomento che rischia di divenire un vero e proprio un mistero. Come sapete la dimensione si basa sui tre parametri UE (n. dipendenti espresso in ULA, totale attivo di stato patrimoniale e totale dei ricavi) di due esercizi consecutivi: come si possa (o debba) applicare ai professionisti è questione di lana caprina. Peccato che sul tema abbiamo assistito a discettazioni teoriche di tale profondità che al confronto i filosofi greci farebbero la figura di poppanti analfabeti.

Il Temporary Framework e l’indebita percezione di benefici

Concludiamo con un dato numerico. Il limite massimo di contributi, sovvenzioni, stralci, etc. ottenute in nome del Covid-19 nel 2020 non può superare l’importo di 800.000 euro. Tale limite dal 2021 è stato elevato a 1.800.000 euro per effetto della 5° modifica (28 gennaio 2021) al Temporary Framework che ha anche prorogato il periodo di tolleranza al 31/12/2021. Questi dati confermano che la problematica in commento è sicuramente diffusa.

Ma sia consentito apportare una dosa di meritata ansia, che forse “riduce” in maniera considerevole la rabbia per l’adempimento di cui finora abbiamo discusso. Almeno per quanto riguarda i finanziamenti in tutto o in parte garantiti dallo Stato occorre tenete presente che se li avete ottenuti, avete preventivamente firmato alla banca una dichiarazione nella quale avete attestato di essere piombati vostro malgrado in crisi da COVID-19. Se non è così e con i soldi del finanziamento ci avete comprato la macchina all’amante o al figlio (quest’ultimo comunque costa certamente di meno della prima) avete attestato il falso.

E allora? L’articolo 316-ter del codice penale punisce l’indebita percezione di erogazioni pubbliche posto che “Chiunque mediante l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l’omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Non sembrano necessari commenti. Se non evidenziare, che nel caso, l’aspetto dichiarativo è l’ultimo dei problemi, divenendo preliminare la protezione del Santo preferito!!!!