Superbonus e dintorni, per il professionista scatta il penale

Il Pronto Fisco di aprile, a cura di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

La notevole mole di reati commessi nell’ambito della cessione dei crediti riferiti agli interventi da superbonus, bonus facciate e dei bonus cd. minori, ha costretto l’Agenzia delle entrate a correre ai ripari.

Al 31 dicembre 2021 a fronte di sconti in fattura e cessione di crediti per complessivi € 38.416.221 l’ammontare totale delle frodi (quelle scoperte) si è attestato a € 4.787.653, dunque a circa il 12%, importo che è veramente e scandalosamente tanto.

Va, tuttavia, sottolineato che fatto 100 l’ammontare delle suddette frodi, queste risultano così ripartite in base alla tipologia di intervento:

  • Bonus facciate: 46%
  • Eco-bonus: 36%
  • Bonus locazioni-botteghe: 9%
  • Sismabonus: 8%
  • Superbonus: 3%

Dunque, facendo i debiti calcoli, le frodi che hanno visto rilasciare da parte del tecnico l’asseverazione dei prezzi e del commercialista/consulente del lavoro/CAF il visto di conformità, ammontano a € 143.000.000 (3%) che, rispetto all’ammontare delle pratiche di cessione del credito inviate tramite il software dell’agenzia delle entrate, rappresentano solo lo 0,37%.

Questo significa che asseverazione, prezzi e visto di conformità hanno funzionato e che i professionisti hanno fatto e bene il proprio lavoro. Di contro, il rilevante importo delle frodi in materia di bonus facciata deriva da una scelta scellerata del medesimo legislatore, che inizialmente ha ben pensato di non stabilire limiti di importi per tale agevolazione e sostanzialmente non prevedere controlli di sorta, con dunque possibilità per i furfanti di scatenare le più diaboliche perversioni (da cantieri inventati di sana pianta a società con mere teste di legno produttrici seriali di falsi documenti etc).

Le contromosse dell’Agenzia

A seguito dei noti avvenimenti, il decreto antifrodi (DL n. 157 del 12 novembre 2021) ha esteso l’obbligo dell’asseverazione dei prezzi e del visto di conformità non solo alla detrazione in dichiarazione dei redditi del superbonus, con alcune eccezioni, ma anche ai cd. bonus minori, seppure con alcune specifiche.

In particolare:

  • dal 12 novembre 2021, ai fini dell’esercizio dell’opzione per sconto/cessione delle detrazioni ordinarie è necessario presentare l’asseverazione della congruità dei prezzi e il visto di conformità (l’asseverazione di congruità dei prezzi era già obbligatoria per l’ecobonus dal 6 ottobre 2020)
  • dal 1° gennaio 2022, è stato introdotto un doppio esonero dall’obbligo di presentazione dell’asseverazione di congruità dei prezzi e del visto di conformità (art. 121, c. 1-ter):
  1. gli interventi di edilizia libera: si tratta di interventi elencati nell’art. 6 Testo Unico edilizia e nel Decreto Ministero Infrastrutture e trasporti 2/3/2018, nonché previsti dalla normativa regionale;
  2. gli interventi di importo complessivo non superiore a 10.000 euro (diversi da quelli di edilizia libera).

Quindi, asseverazione e visto sono obbligatori solo per:

  • la cessione del credito nell’ambito di interventi diversi dall’edilizia libera superiori a 10.000 euro
  • la cessione del credito e anche per la semplice detrazione per gli interventi del bonus facciate.

I nuovi rischi dei professionisti

Le responsabilità per ingegneri, architetti e geometri, che assumono l’incarico di attestare la congruità dei prezzi, per effetto dell’entrata in vigore del D.L. n. 13/2022 (25/02/2022) che ha inserito il nuovo comma 13-bis nell’articolo 119 del DL n. 34/2020, sono notevolmente aumentate, posto che sono state considerevolmente inasprite le pene per i tecnici asseveratori: “Il tecnico abilitato che, nelle asseverazioni, espone informazioni false o omette di riferire informazioni rilevanti sui requisiti tecnici del progetto di intervento o sulla effettiva realizzazione dello stesso ovvero attesta falsamente la congruità delle spese, è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50.000 euro a 100.000 euro. Se il fatto è commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri la pena è aumentata.”.

Originariamente, a questi soggetti si applicava solo la più blanda sanzione da € 2.000 a € 15.000 prevista dall’art. 119 del decreto-legge n. 34/2020.

Per commercialisti e consulenti del lavoro le cose sembrerebbero (in teoria) andare meglio, poiché il rilascio di un visto infedele, comporta (solo) l’applicazione della sanzione amministrativa da 258 a 2.582 euro (art. 39, c. 1, lett. a) D.Lgs. 241/1997). In questo caso le contestazioni e le relative sanzioni vengono irrogate dalla Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate competente in ragione del domicilio fiscale del “vistatore“, anche sulla base delle segnalazioni degli uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate. Nei casi più gravi (ripetute violazioni), è anche prevista la sospensione cautelare dell’attività di assistenza fiscale, nonché la revoca dell’abilitazione alla trasmissione telematica delle dichiarazioni fiscali per un periodo da uno a tre anni. I provvedimenti sono, infatti, notificati anche agli ordini professionali di appartenenza dei soggetti che hanno commesso la violazione, al fine della adozione degli eventuali provvedimenti disciplinari.

In caso di ripetute violazioni commesse successivamente al periodo di sospensione, è inoltre prevista l’inibizione dalla facoltà di rilasciare il visto di conformità. Si considera, peraltro, violazione particolarmente grave il mancato pagamento della sanzione.

Fermo quanto sopra, occorre aggiungere che per quanto il decreto legge n. 13/2022 riguardi solo i tecnici attestatori dei lavori, i professionisti “vistatori” in caso di falsa certificazione potranno essere chiamati in causa ai sensi dell’articolo 3 del Dlgs n. 74/2000 dovendo così rispondere di dichiarazione fraudolenta (punita da un anno e sei mesi a 6 anni di reclusione) poiché l’apposizione di un visto mendace (Cfr. Cassazione, sentenza n.19672 del 2019), è un comportamento fraudolento capace di ostacolare l’accertamento e a indurre in errore l’amministrazione finanziaria. Inoltre, sempre il nostro commercialista e consulente del lavoro, possono anche essere chiamati a rispondere di falsa fatturazione (cfr. articolo 8 del Dlgs74/2000) laddove trasmettano previamente vistata una cessione del credito fittizio mediante l’apposito software dell’agenzia delle Entrate. Ciò in quanto hanno emesso una fattura a fronte di una prestazione di fatto non svolta.

 

L’errore di calcolo

La responsabilità dei professionisti dunque è notevolmente accresciuta.

Va peraltro sottolineato che non si hanno ancora specifiche su quale sarà l’atteggiamento concreto dell’amministrazione finanziaria di fronte ad una infedeltà derivante da mero errore rispetto alla infedeltà certamente più grave derivante da truffa.

S’immagini un ingegnere che nell’ambito di una pratica superbonus che coinvolge la sostituzione degli infissi, commetta un errore di calcolo poiché una volta misurato l’ammontare complessivo dei metri quadrati delle finestre (che spesso di fatto misura l’impresa che istallerà gli infissi, come è anche giusto che sia posto che si deve assumere la responsabilità che poi l’installazione vada a buon fine) commetta un errore (ad esempio, una inversione di cifra) ed effettui i calcoli di congruità (in base al recente decreto prezzi 14 febbraio 2022 del Ministro della Transizione Ecologica (MITE in G.U. n. 63 del 16 marzo 2022) attestando una spesa che per € 1.000 non sarebbe agevolabile. A fronte di ciò il contribuente ottiene una detrazione di 1.100 euro e il suddetto tecnico incorre in una sanzione (diamo per scontato quella minima) di € 50.000,00.

Francamente è una sanzione che non senso.

 

L’errore giuridico

Ma se i calcoli li si può far ricontrollare dal collega di studio e dai collaboratori cercando di limitare statisticamente l’errore, quello che è più preoccupante, a nostro avviso, non è tanto l’errore materiale di calcolo quanto l’errore concettuale giuridico.

L’Agenzia delle entrate ha pubblicato centinaia di risposte a quesiti, numerose circolari, per non parlare delle FAC del Mise, Enea, Commissione lavori pubblici e la stessa amministrazione finanziaria. Si tratta di un autentico ginepraio: capire come gioca una pertinenza a seconda si tratti di un condominio, una unifamiliare, una plurifamiliare da 2 a 4 unità immobiliare con unico proprietario, è una impresa titanica, per non parlare del distinguo circa pertinenza “condominiale” (non agevolabile), pertinenza facente parte del corpo di fabbrica, piuttosto che di pertinenza separata da quest’ultimo. A ciò si aggiunge una tecnica di risposta agli interpelli da parte dell’agenzia delle entrate assolutamente poco funzionale dal momento che la risposta viene sempre preceduta da lunghe (e inutili) discettazioni di carattere generale circa il contenuto della norma e solo la parte finale della risposta fornisce indicazioni concrete. Il modo migliore per confondere le idee e disperdersi.

Se ci mettiamo anche il sisma bonus che per certi versi vive di vita propria, stante la particolarità degli interventi (perché il mondo è bello perché è vario), richiedendo per questo un numero sterminato di precisazioni da parte dell’agenzia (a dir poco “aspro” è il percorso interpretativo che attiene alla casistica di “demolizione e ricostruzione” in presenza di eventuale incremento di volumetria, argomento non consigliato ai deboli di cuore), si ha un quadro di legittimo terrore da parte dei professionisti che pure intendono agire in perfetta diligenza e buona fede.

Dunque l’errore di calcolo comporta di fatto un mero sforamento di un limite di detraibilità della spesa, mentre l’errore concettuale rischia di far detrarre una spesa che non darebbe proprio diritto ad alcuna detrazione.

Quale delle due sarà considerata con maggiore severità?

 

Il lavoro di squadra

E’ chiaro che in questi casi il lavoro di squadra tra tecnico asseveratore e professionista vistatore diventa fondamentale: dove sbaglia uno può recuperare l’altro e il confronto deve essere pane quotidiano nell’ambito del complesso e articolato procedimento che inizia con l’attestazione e si conclude con il visto. Va da sé che lungo l’iter di realizzazione dei lavori le due figure professionali dovranno necessariamente interagire quasi di continuo in modo da intercettare e risolvere le criticità per tempo.

E’ bene, da ultimo, tenere in considerazione che per quanto riguarda le parti tecniche, quali APE pre intervento, APE post intervento, calcolo termico, Comunicazioni al Comune degli interventi (nella varie casistiche della SCIA, CILA, CILAS), comunicazioni alla ASL in presenza di più ditte nel cantiere, comunicazione al genio civile in caso di interventi strutturali (tipici del sisma bonus), richiesta autorizzazione paesistica ove occorra, piano operativo della sicurezza (POS), direzione lavori, controllo piano anticovid, spesso le figure professionali sono molteplici. Ma alla fine quello che ne risponde è il professionista che nel superbonus trasmette la pratica all’ENEA e negli altri interventi cd. minori rilascia le asseverazioni. Fermo restando le altre responsabilità specifiche degli altri professionisti coinvolti nei lavori medesimi.

 

Le incompatibilità

Da ultimo, non dimentichiamoci delle incompatibilità che possono comportare seri problemi con l’Ordine di appartenenza e con il committente dei lavori. ll certificatore energetico (rilascio dell’APE post intervento) deve essere un soggetto terzo, ovvero non può avere conflitto di interesse con il proprietario, con il progettista o il direttore dei lavori e con i produttori dei materiali o dei componenti incorporati nell’edificio. Per questi motivi al certificato APE deve essere allegata la “Dichiarazione di indipendenza”, ovvero una dichiarazione espressa, ai sensi degli artt. 359 e 481 del Codice Penale, attestante l’assenza di conflitto di interessi, tra l’altro espressa attraverso il non coinvolgimento diretto o indiretto nel processo di progettazione e realizzazione dell’edificio da certificare o con i produttori dei materiali e dei componenti in esso incorporati, e l’assenza di avere rapporti di parentela fino al quarto grado con il committente.  Il tutto confermato dall’Agenzia delle Entrate con la risposta 122/2021.

Da ultimo, il progettista e il direttore lavori nel caso di potenziali conflitti d’interessi in quanto socio o titolare dell’impresa che esegue i lavori devono informare il cliente di tale potenziale conflitto d’interessi. In questo senso si esprimono sostanzialmente in modo quasi uguale il codice deontologico degli ingegneri, architetti e geometri.

Dunque, quanto meno nell’edilizia privata (non in quella pubblica), l’incompatibilità può essere sanata da una chiara informativa, espressa, rivolta al Committente, che può scegliere se accettare le circostanze, qualora ritenga che nulla osta e venga garantita la tutela del suo interesse.

 

Brevi conclusioni

Al delineato “surreale” quadro normativo/interpretativo/pratico/operativo non sembra necessario aggiungere altro. Il “mostro” burocratico creato, al momento basato addirittura su un incrocio multiplo di prezziari e variabili differenti, peraltro influenzati da una “corsa” dei prezzi a dir poco vertiginosa, non è sicuramente degno di un paese civile. Quella che doveva essere un’agevolazione utile sembra essersi trasformata in un vero e proprio campo minato, la cui pericolosità deve ancora essere conosciuta a fondo: al momento, infatti, fatta salva la notizia di primi controlli sul campo eseguiti dai tecnici del MISE, che sembrano già aver generato ulteriori dubbi rispetto al fosco scenario esistente, mancano ancora i controlli dell’amministrazione finanziaria rispetto ai quali, se “il buongiorno si vede dal mattino” ed alla luce di esperienze parallele (si pensi a quanto accaduto nel sistema del credito d’imposta di ricerca e sviluppo, di fatto “raso al suolo” in ogni verifica espletata), vi è davvero poco da stare allegri. La speranza è che non si assista al “classico” pregiudizio del controllore, con atteggiamenti di “recupero a tutti i costi”, confidando nel buon senso e soprattutto nella tenuta dell’attuale assetto fondato su visti ed asseverazioni. Altrimenti si giungerà alla “coda” peggiore in assoluto, ossia il proliferare del contenzioso tributario che di sicuro non avrà sbocco a breve, posto che solo la Cassazione potrà, un domani, tracciare una linea interpretativa consona. Peccato solo che al momento si navighi al buio, non restando che augurare la buona sorte a tutti coloro che armati di buona volontà si sono avventurati sprezzanti del pericolo e delle intemperie.