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I rischi psicosociali ed il ruolo della psicologia del lavoro

Nuovo appuntamento con la rubrica Spazio Psicologico in collaborazione con l’associazione Psicologi Liberi Professionisti

di Francesco Pace – Prof. di Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni presso Università degli studi di Palermo – Socio PLP Sicilia

 

Secondo l’Agenzia Europea sulla Sicurezza e la Salute sul Lavoro (EU-OSHA), i rischi psicosociali (e le relative conseguenze per la salute non solo mentale ma anche fisica) sono tra le questioni più complesse da affrontare. È noto infatti come, negli ultimi decenni, le organizzazioni lavorative siano state investite formalmente, con norme sempre più stringenti, della tutela della salute dei propri lavoratori. Tale concetto di salute, secondo le norme e le prassi internazionali, intende perseguire quanto stabilito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità già a partire dal 1946, superando il concetto di assenza di malattia o infermità e puntando al benessere. Appare evidente quindi che l’approccio debba necessariamente essere preventivo, e prevedere delle forme di controllo sistematico dei processi che coinvolgono ogni forma di rischio per il lavoratore. Sempre secondo EU-OSHA, i rischi psicosociali “derivano da una progettazione, organizzazione e gestione carenti, nonché da un contesto sociale del lavoro inadeguato, e possono determinare esiti psicologici, fisici e sociali negativi”. Costituiscono un tipico esempio la mancanza di chiarezza sul ruolo, o di coinvolgimento nell’adozione di decisioni, ecc. Altri aspetti importanti ed emergenti sono legati allo stretto ed intensivo contatto con tipologie di utenza (clienti, pazienti, allievi, ecc.) e le molestie e le violenze psicologiche e/o sessuali.

In Italia, le norme che recepiscono e governano la gestione dei rischi psicosociali sono il D.Lgs 81/08 (che introduce per la prima volta in Italia l’obbligatorietà della valutazione e controllo dello stress lavoro-correlato), la L.113/20 (nata in piena pandemia da COVID-19, che ha mirato a rafforzare la tutela della sicurezza nelle professioni sanitarie), o anche la recente Legge 4/21, che ha come ambizioso obiettivo la eliminazione della violenza e delle molestie sui luoghi di lavoro.

Sono tante le organizzazioni lavorative che nel corso degli anni hanno fruito di esperti dei rischi psico-sociali, con una sempre maggiore attenzione alla necessità di una serie di competenze relative ai contesti sociali e alle dinamiche psicologiche che caratterizzano la relazione tra le persone ed i luoghi di lavoro. La Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni è una disciplina che, già a partire dall’inizio del secolo scorso studia tali fenomeni psicologici all’interno della particolare struttura sociale dei luoghi di lavoro. In questo lasso di tempo, sono stati prodotti modelli di spiegazione del comportamento umano (sia adattivo che disadattivo), che a loro volta hanno prodotto modelli di intervento capaci di ridurre i rischi mantenendo al contempo l’efficienza delle organizzazioni. Di fatto ciò permette a questa figura professionale di realizzare interventi di prevenzione primaria (ad esempio partendo dall’analisi del contesto e del contenuto della mansione), secondaria (favorendo programmi di sviluppo delle competenze specifiche e di ruolo, della resilienza e delle strategie di coping) e terziaria (ad esempio attraverso funzioni di ascolto). Si tratta quindi di una figura che non si occupa esclusivamente dell’ultimo aspetto, ma può contribuire a progettare ambienti di lavoro che non si limitano ad ottemperare alle leggi di tutela, ma che siano efficienti e con un clima positivo e stimolante.