Il work for equity: come fidelizzare i professionisti chiave

Di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

di Lelio Cacciapaglia e Maurizio Tozzi

 

Tra gli interventi previsti a favore delle start-up innovative e PMI innovative, il decreto-legge n. 179 del 2012 (norma quadro start up innovative) prevede all’articolo 27 agevolazioni di carattere fiscale e contributivo che si applicano agli strumenti finanziari diretti a remunerare consulenze qualificate (work for equity).

Il work for equity è un contratto che disciplina una particolare modalità di erogazione di compenso, posto che questo istituto consente alle “startup innovative” e alle “PMI innovative” di remunerare prestazioni di lavoro esterne quali:

  • collaboratori
  • consulenti
  • professionisti
  • amministratori professionisti

tramite l’attribuzione di quote societarie, in luogo di pagamenti in denaro.
I destinatari del Work for Equity, possono essere solo collaboratori esterni, vale a dire professionisti e fornitori di servizi (anche soggetti societari), ovvero amministratori (con partita Iva).

Dunque, i dipendenti e i collaboratori continuativi non possono accedere al work for equity.

Il WFE si sostanzia in una sorta di indiretto finanziamento spesso utilizzata per aziende in fase di start up o in fase di scale up, che non dispongono di liquidità per remunerare il professionista e che, quindi, pagano la prestazione mediante assegnazione di equity (partecipazioni societarie), a fronte di un apposito aumento di capitale sociale o anche in sede di costituzione della società.

Quest’approccio è solitamente utilizzato dalle start up per reperire figure tecniche altamente qualificate e per disporre di risorse strategiche (consulenze aziendali, supporto tecnico, assistenza legale o fiscale) senza necessità di indebitarsi verso il sistema bancario. Inoltre, l’emissione di strumenti partecipativi tramite Work for Equity può portare a un rafforzamento patrimoniale dell’impresa, poiché viene realizzato un aumento di patrimonio netto migliorando la solidità finanziaria e l’immagine dell’impresa sul mercato.

Le figure professionali coinvolte sono le più varie e se il commercialista, l’avvocato e il consulente del lavoro sono i logici candidati all’utilizzo dell’istituto, tenuto conto delle ineluttabilie necessità di una società neocostituita in relazione ai relativi adempimenti amministrativi (contabilità, gestione fiscale, contrattualistica, privacy, assunzioni, etc.) anche molti altri professionisti tecnici sono, in relazione all’attività prospettica della start up, tra gli aspiranti candidati. In considerazione dei requisiti richiesti alla start up innovativa il cui oggetto sociale esclusivo o prevalente, deve essere “lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico”, anche ingegneri, chimici, softeristi, periti agrari, etc. sono tra le figure maggiormente richieste aspiranti candidati al work for equity.

Se la sottoscrizione del capitale sociale avviene in sede di aumento del capitale e non in sede di costituzione della società, il professionista ha anche il beneficio di poter sfruttare la specifica agevolazione che consente la detrazione dall’Irpef del 30% (o 50%) dell’apporto contabilizzato dalla società a capitale sociale ed eventualmente a sopraprezzo. Ciò in deroga alla regola generale previste dalla specifica normativa che valorizza solo gli apporti in denaro.

 

WFE – I punti di forza

Il work for equity ha il vantaggio contribuire a rafforzare nel professionista la motivazione e di coinvolgerlo nel raggiungimento degli obiettivi aziendali nella delicata fase di “startup” ovvero di “scale up” della società.

Se l’iniziativa imprenditoriale ha successo il socio professionista ne beneficia in termini di incasso di dividendi e, inoltre, è tenuto in debita considerazione avendo contribuito al successo del business. In definitiva il professionista sposa la mission aziendale credendo nel progetto aziendale posto che il valore delle quote societarie assegnategli aumenta se l’impresa ha successo.

Dal lato azienda, il socio lavoratore profonde un impegno certamente maggiore rispetto ad un lavoratore dipendente e inoltre, resta fidelizzato all’azienda dal momento che è investito personalmente nelle sorti dell’impresa.

Il principale rischio è che l’azienda non abbia successo e le azioni/quote potrebbero non valere più nulla. È importante, quindi, da parte del professionista fare una valutazione accurata dell’azienda prima di accettare un accordo di consulenza tramite equity.

Sempre dal lato azienda, quanto meno in presenza di un ambito ristretto in cui nella start up lavorano i soci senza remunerazione, l’effetto concreto è quello di disperdere il patrimonio che potrebbe invece essere contabilizzato mediante un contratto di work for equity che abbia come effetto un incremento del patrimonio (mediante capitalizzazione dei costi ove consentito dai principi OIC laddove si tratti di prestazioni che sono riferite ad un programma di ricerca e sviluppo), con contropartita di patrimonio netto. Sono asset appunto, che ricorrendo i presupposti previsti da OIC24 consentono l’iscrizione nell’attivo patrimoniale della società che contribuiscono a valorizzare la startup in termini di immagine e a rafforzarla sotto il profilo patrimoniale. Dunque, è nell’interesse sia dei soci sottoscrittori del piano sia degli altri soci far rilevare in contabilità un valore che andrebbe disperso.

La start up innovativa – requisiti

La start-up innovativa, è una società di capitali di diritto italiano ovvero una societas europaea residente in Italia ai sensi dell’articolo 73 del TUIR, costituita anche in forma cooperativa, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione.

La società di capitali per essere considerata start up innovativa deve presentare i seguenti requisiti (tutti):

  • è costituita da non più di 60 mesi;
  • è residente in Italia ai sensi dell’articolo 73 del TUIR o in uno degli Stati membri dell’UE o in Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo (SEE), purché abbia una sede produttiva o una filiale in Italia;
  • a partire dal 2° anno di attività della start-up innovativa, il totale del valore della produzione annua, così come risulta dall’ultimo bilancio approvato entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio, non può essere superiore a 5.000.000 euro;
  • non distribuisce, e non ha distribuito, utili;
  • ha, quale oggetto sociale esclusivo o prevalente, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico. Si considerano start-up innovative anche le società che abbiano come oggetto sociale la promozione dell’offerta turistica nazionale attraverso l’uso di tecnologie e lo sviluppo di software originali, in particolare, agendo attraverso la predisposizione di servizi rivolti alle imprese turistiche;
  • non è stata costituita da una fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda;
  • possiede almeno uno dei seguenti ulteriori requisiti:
  • le spese in ricerca e sviluppo (che risultano dall’ultimo bilancio approvato ovvero, in assenza nel primo anno di vita in assenza di bilancio, tramite dichiarazione sottoscritta dal legale rappresentante) sono uguali o superiori al 15% del maggiore valore fra:
  • costo complessivo della produzione

e

  • valore totale della produzione.
  • impiego come dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo, in percentuale uguale o superiore a
  • 1/3 della forza lavoro complessiva, di personale in possesso di titolo di dottorato di ricerca o che sta svolgendo un dottorato di ricerca presso un’università italiana o straniera, oppure in possesso di laurea e che abbia svolto, da almeno 3 anni, attività di ricerca certificata presso istituti di ricerca pubblici o privati, in Italia o all’estero, ovvero,
  • 2/3 della forza lavoro complessiva, di personale in possesso di laurea magistrale;
  • sia titolare o depositaria o licenziataria di almeno una privativa industriale relativa a una invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale, ovvero sia titolare dei diritti relativi ad un programma per elaboratore originario registrato presso il Registro pubblico speciale per i programmi per elaboratore, purché tali privative siano direttamente afferenti all’oggetto sociale e all’attività di impresa.

 

Per le start-up innovative è stata istituita una apposita sezione speciale del registro delle imprese alla quale occorre comunicare periodicamente numerosi elementi. L’iscrizione a tale registro costituisce un requisito per usufruire dei benefici che andremo a illustrare.

Le fonti normative del WFE

Il Work for Equity è stato introdotto in Italia dal Decreto Crescita 2.0 (D.L. 179/2012) per supportare le startup innovative che si trovano spesso in una fase di sviluppo iniziale, in cui i costi per pagare consulenti e professionisti qualificati sono elevati, ma la liquidità a disposizione non è sufficiente.

D.L. 179/2012 – articolo 27
4. Le azioni, le quote e gli strumenti finanziari partecipativi emessi a fronte dell’apporto di opere e servizi resi in favore di start-up innovative o di incubatori certificati, ovvero di crediti maturati a seguito della prestazione di opere e servizi, ivi inclusi quelli professionali, resi nei confronti degli stessi, non concorrono alla formazione del reddito complessivo del soggetto che effettua l’apporto, anche in deroga all’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, al momento della loro emissione o al momento in cui è operata la compensazione che tiene luogo del pagamento

 

Il contratto di work for equity – analisi preliminare

Il Work For Equity richiede che l’impresa sia qualificata come startup innovativa o PMI innovativa, con iscrizione nell’apposita Sezione del registro delle Imprese, il che comporta la necessaria sussistenza di tutti i presupposti previsti dall’articolo 28 della Legge 16/12/2024 n. 193.

Un altro requisito indispensabile è che lo statuto societario dell’impresa preveda la possibilità di utilizzare gli strumenti partecipativi come metodo di remunerazione per i collaboratori esterni. Lo statuto della startup deve inoltre prevedere la possibilità che gli aumenti di capitale a titolo oneroso vengano sottoscritti da soggetti terzi non soci.

A tale riguardo si segnala che il work for equity non è applicabile dalle società a responsabilità limitata cd. “semplificate, previste dall’art. 2463 bis c.c., per le quali è prevista l’adozione di uno statuto standard che, non prevedendo la
possibilità di emettere strumenti finanziari partecipativi, esclude l’applicabilità del work for equity.

Il via generale gli apporti di prestazioni di servizi resi a fronte di quote di SRL costituite sotto forma di aumento di capitale a pagamento devono essere garantite da apposita polizza o fidejussione bancaria a carico dei soggetti che sono apportatori delle stesse. Tali garanzie, possono essere sostituite, qualora l’atto costitutivo lo preveda, dal versamento di importo di denaro a titolo di cauzione.

Come si vedrà, tuttavia, l’operazione di work for equity per come normalmente strutturata non comporta il rilascio di tali garanzie.

Il contratto di work for equity – clausole

Ciò posto, occorre predisporre contratto in forma scritta tra la società e il collaboratore, indicando che si tratta di contratto di work for equity con riferimento all’articolo 27 del decreto legge n. 179/2012. Nella scrittura devono essere elencate con estrema analiticità:

  • le funzioni ricoperte nell’ambito dell’organigramma, anche in relazione al grado di autonomia e di indipendenza richieste per lo svolgimento dell’incarico;
  • le prestazioni da svolgere;
  • il valore economico di tali prestazioni;
  • il rapporto di cambio riferito all’assegnazione di quote societarie o strumenti finanziari partecipativi.

Nel caso che la collaborazione sia prestata da una persona giuridica occorrerà specificare inoltre i nominativi delle persone coinvolte nel progetto oggetto di valutazione.

È opportuno che al contratto, una volta firmato, venga apposta una data certa o con la marca temporale o con lo scambio di PEC.

Come già detto, la prestazione deve essere caratterizzata da alta qualificazione dei suoi contenuti. Sul punto è utile sintetizzare alcuni passaggi della Risposta ad Interpello n. 776/2021 dell’agenzia delle entrate dove il prestatore (soggetto societario) ha chiesto alcuni chiarimenti.

Agenzia elle entrate – Risposta n. 776/2021
Le misure previste dall’articolo 27 sono finalizzate a favorire l’acquisizione di opere o servizi qualificati da parte delle start up innovative e degli incubatori certificati ,…(omissis)…In merito, la circolare n. 16/E dell’11 giugno 2014, al paragrafo 4, richiama la relazione illustrativa, che chiarisce che la disposizione in esame, al fine di garantire alle imprese start up innovative l’accesso a servizi di consulenza altamente qualificati, ivi compresi quelli professionali, codifica il regime di non imponibilità degli apporti di opere e servizi già contemplata dall’Agenzia delle entrate (circolare n. 10/E del 16 marzo 2005) e lo estende anche all’ipotesi in cui gli apporti abbiano ad oggetto crediti maturati a fronte di opere e servizi resi a favore delle suddette imprese….(omissis)…Alla luce dei chiarimenti operati dalla circolare n. 16/E del 2014, si ritiene che l’agevolazione debba riguardare i soli apporti di opere e servizi, inclusi quelli professionali, in quanto servizi di consulenza altamente qualificati per la start up innovativa, e non di apporti generici

 

Il valore delle prestazioni che troverà corrispondenza con l’assegnazione di azioni o quote, ovvero di strumenti partecipativi, sarebbe opportuno che fosse confortato da perizia di stima, redatta da un esperto in possesso dei requisiti di legge, ad evitare conflitti non tanto per la valorizzazione della prestazione quanto per la valorizzazione della società del quale il prestatore diverrà socio. È evidente che il valore che emerge dalla stima deve essere comunque condiviso tra società e collaboratore per evitare contestazioni future.

In particolare, è criterio generalmente accettato quello di attribuire alla startup il valore prospettico che avrà al termine del contratto (c.d. valutazione premoney), e ciò richiede la predisposizione di appositi business plan. È evidente che se il valore dell’apporto lavorativo si dovesse proporzionare al valore della start up in fase avviamento sia ha la sostanziale certezza che il capitale sociale detenuto dai founders si diluirebbe pericolosamente.

Al fine di attribuire una valutazione economica alle prestazioni rese dai professionisti possono essere prese a riferimento, a titolo esemplificativo, le informazioni contenute nelle tariffe professionali, in base alle attività specialistiche e in base al curriculum vitae.

È, inoltre, indispensabile che l’accordo definisca con precisione i tempi necessari per maturare il diritto all’assegnazione delle quote o degli strumenti finanziari partecipativi. Da ultimo è indispensabile che il contratto indichi con chiarezza i criteri di valutazione dei risultati alle scadenze temporali prefissate, nonché il soggetto chiamato a valutarli in contraddittorio con il professionista.

Al termine dell’incarico e dopo una verifica dei risultati (possono tuttavia essere stabiliti anche step intermedi se ci si accorda per una prestazione di una durata significativa), se gli obiettivi concordati sono stati raggiunti, vengono assegnate al collaboratore le quote, azioni o strumenti finanziari partecipativi pattuiti. Si tratta di aspetti fondamentali tenuto conto che il professionista diventerà socio solo al momento di verifica dei risultati.

Nei contratti Work for Equity è del tutto consigliabile che si inseriscano clausole che prevedano momenti di rendicontazione delle attività da attuare attraverso appositi modelli (time sheet) che, firmati dalla società e dal prestatore, formeranno il fascicolo di rendicontazione.

Work for Equity – l’aumento di capitale sociale destinato

In questo contesto è compito degli amministratori curare gli adempimenti necessari per la sottoscrizione del capitale sociale e la relativa liberazione mediante la compensazione del credito che il professionista ha maturato a seguito dell’avvenuta rendicontazione.

In questo caso è opportuno fare precedere l’operazione da una delibera dell’organo amministrativo che imposti i termini dell’operazione per poi procedere alle formalità pubblicitarie presso il registro imprese conseguenti alla delibera dell’assemblea notarile di aumento del capitale sociale.

Effettuate le formalità dell’’aumento di capitale sociale è necessario trasporli nella contabilità sociale compensando (o come si dice “chiudendo”) il debito con le poste contabili di quote (azioni) ed eventuale sovrapprezzo. Nel verbale si dà necessariamente atto che tutti i soci rinunciano al diritto di opzione per consentire l’ingresso dei soci terzi.

Work for Equity – La fattura del professionista

Man mano che la prestazione viene resa dal professionista una volta rendicontata secondo gli accordi, quest’ultimo deve emettere la propria fattura e la invia al SdI dell’Agenzia delle entrate con la causale work for Equity come da accordi del ____. E’ importante indicare tale causale pena la possibile perdita dei benefici fiscali.

A seguito di ciò, la società iscriverà nel passivo di stato patrimoniale il debito verso il fornitore.

La fattura viene, dunque, ricevuta dalla società (startup o PMI innovativa) che deve registrarla in contabilità. Si tratta di una fattura di prestazioni di servizi (dunque verrà inserita in contabilità sotto la voce B7- Servizi) con Iva al 22% -salvo il caso in cui il prestatore sia un soggetto in regime forfettario- con contropartita il debito verso il professionista.

Sul punto deve essere evidenziato che mentre il conferimento d’opera avviene nella fase iniziale del rapporto di collaborazione, la compensazione del debito con l’incremento del capitale sociale della start up può avvenire solo a conclusione della prestazione lavorativa resa.

Impatti fiscali e previdenziali

Al riguardo si fa presente che:

  • la norma prevede espressamente che la prestazione professionale ove remunerata mediante assegnazione di quote del capitale non concorre a formare il reddito del professionista, conseguentemente non deve essere operata la ritenuta a titolo d’acconto nel momento in cui il debito si converte in capitale sociale;
  • la prestazione non è imponibile ai fini dell’imposta sul reddito (e conseguentemente in base al principio generale non è soggetta a contribuzione);
  • l’iva è dovuta con i meccanismi ordinari: deve quindi essere pagata al prestatore che provvederà a versarla e la società potrà detrarla.

Sotto il profilo temporale, l’emissione della fattura da parte del prestatore deve precedere l’operazione sul capitale sociale, dal momento che rappresenta la remunerazione di una prestazione mediante assegnazione di quote di capitale, attraverso la compensazione che – come dice l’articolo 27 del DL 179/2012 – “tiene luogo del pagamento”.

 

DECRETO-LEGGE 18 ottobre 2012, n. 179 – Articolo 27

Remunerazione con strumenti finanziari della start-up innovativa e dell’incubatore certificato

4. Le azioni, le quote e gli strumenti finanziari partecipativi emessi a fronte dell’apporto di opere e servizi resi in favore di start-up innovative o di incubatori certificati, ovvero di crediti maturati a seguito della prestazione di opere e servizi, ivi inclusi quelli professionali, resi nei confronti degli stessi, non concorrono alla formazione del reddito complessivo del soggetto che effettua l’apporto, anche in deroga all’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, al momento della loro emissione o al momento in cui è operata la compensazione che tiene luogo del pagamento.

 

Lo strumento della compensazione del credito vantato dal professionista consente di risparmiare sul costo della relazione giurata di un revisore legale di cui all’art. 2465 codice civile poiché il debito iscritto dalla società è già presente nel passivo del suo stato patrimoniale.

Work for Equity – La contabilizzazione del costo

La prestazione professionale, può essere certamente contabilizzata a conto economico (voce B7- Servizi) ed è interamente deducibile. Solo se ne ricorrono i presupposti (OIC24), può essere capitalizzata tra le immobilizzazioni immateriali (costi pluriennali). Dal momento che tra i presupposti dell’ottenimento e mantenimento qualifica di start up che consente la necessaria iscrizione nell’apposito registro delle start up innovative vi è, tra gli altri ugualmente possibili, che le spese di ricerca e sviluppo siano uguali o superiori al 15% del maggiore valore fra costo complessivo della produzione e valore totale della produzione, è evidente che ove la prestazione professionale sia annoverabile in tale categoria di spesa essa contribuirà al rispetto del requisito.

Work for equity – adempimenti fiscali ed agevolazioni

Come già anticipato in occasione della esposizione dei fatti contabili:

  • dal lato società. le prestazioni fornite dai collaboratori (anche soggetti societari) possono essere dedotte fiscalmente, con conseguenti benefici in termini di minori imposte (Ires e Irap)..
  • dal lato prestatore: la remunerazione non è tassata e ciò è fondamentale in un contesto in cui il collaboratore non riceve alcuna somma di denaro ma ottiene la qualifica di socio. I relativi importi da parte del prestatore non vanno riportati tra i compensi assoggettabili a IRPEF (o IRES per le società)
  • Le prestazioni in WFE non sono soggette al pagamento dei contributi INPSin quanto non formano reddito dichiarabile.

Posto che le prestazioni in WFE non concorrono a formare il reddito sembrerebbe logico non vada prodotta la Certificazione Unica (CU), sennonché l’Agenzia delle Entrate  nelle Istruzioni di Compilazione della Certificazione Unica 2025 prevede il rilascio della CU  con l’utilizzo del:

  • codice 22 – nel caso di erogazione di redditi esenti ovvero di somme che non costituiscono reddito.

Vi è quanto meno il dubbio che le prestazioni in WFE rientrino in tali ipotesi.

Va, tuttavia, fatto presente che l’esenzione da tassazione non si trasferisce sulle quote di capitale ottenute posto che in caso di cessione forma capital gain (in sostanza l’intero incasso è tassato con la ritenuta a titolo d’imposta del 26% se il prestatore è una persona fisica, ovvero con PEX ricorrendone i presupposti se si tratta di prestatore societario)

Si fa presente che il WFE trattandosi di un investimento in una startup innovativa, nonostante non si riferisce a conferimento di denaro, fruisce delle agevolazioni in termine di detrazione (persona fisica) e deduzione (soggetto societario) dal reddito del prestatore, come previsto dall’articolo 3 del Decreto interministeriale del 25/02/2016.