Il Piano di sviluppo per l’Italia

Presentato al ministro Romani il documento di Confprofessioni per sostenere la crescita e rilanciare la competitivita’ del Paese Una patrimoniale contro il debito, progressiva eliminazione delle pensioni di anzianità, dismissioni delle aziende a partecipazione statale non strategiche. Parte da qui “Il Piano di sviluppo per l’Italia dei liberi professionisti”, il documento elaborato da Confprofessioni e
Presentato al ministro Romani il documento di Confprofessioni per sostenere la crescita e rilanciare la competitivita’ del Paese

Una patrimoniale contro il debito, progressiva eliminazione delle pensioni di anzianità, dismissioni delle aziende a partecipazione statale non strategiche. Parte da qui “Il Piano di sviluppo per l’Italia dei liberi professionisti”, il documento elaborato da Confprofessioni e consegnato il 17 ottobre al ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, in vista del dl sviluppo che il Governo si prepara a portare in Consiglio dei ministri. “Il quadro economico e sociale del Paese impone una svolta nella strategia politica e di governo, con lo scopo prioritario di individuare nuovi indirizzi di crescita, vincolati al mantenimento della stabilità dei conti pubblici” sottolinea il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella. “In questo scenario, i liberi professionisti italiani, rappresentati da Confprofessioni, consapevoli del ruolo attivo che rivestono all’interno dell’economia del Paese, intendono portare all’attenzione del Governo, del Parlamento, delle forze politiche, delle parti sociali e dell’opinione pubblica una serie di proposte che possono sostenere la crescita e rilanciare la competitività del Paese, pur in un contesto congiunturale internazionale decisamente debole”.
“Il Piano di sviluppo per l’Italia dei liberi professionisti” entra nel cuore dei problemi che impediscono la crescita e indica le priorità di intervento, “che fanno leva sia sui punti di forza del nostro Paese” per accelerare la dinamica del Pil. Debito pubblico e pressione fiscale sono – secondo i professionisti italiani – le principali cause che frenano lo sviluppo del Paese e la competitività delle imprese. Occorre, da un lato, far leva su provvedimenti “immediati e incisivi per ridurre l’impatto degli interessi sul bilancio annuale dello Stato”: per esempio, l’introduzione di una patrimoniale e all’innalzamento dell’età pensionabile; dall’altro, drenare nuove risorse dalla lotta all’evasione “con un riconoscimento premiale” alle istituzioni che collaborano, dall’emersione dell’economia sommersa, dalla semplificazione burocratica fino ai promessi tagli ai costi della politica.
Sul fronte della crescita e competitività, il documento di Confprofessioni punta sui settori strategici dell’economia italiana, con una serie di interventi a sostegno del turismo, del patrimonio culturale e ambientale, della filiera agro-alimentare e delle professioni intellettuali. Il primo step riguarda la riduzione del costo del lavoro e il rilancio dell’occupazione giovanile, allargando “le deduzioni per apprendisti, confermati al termine del rapporto di apprendistato” e defiscalizzando le assunzioni a tempo indeterminato, sul modello di quanto avviene già per il reinserimento dei lavoratori svantaggiati nel Sud. La riduzione del costo del lavoro, suggerisce Confprofessioni, potrebbe essere finanziata attraverso una tassa di scopo sulle transazioni finanziarie, in armonia con la contemporanea previsione nell’intero ambito dell’Unione europea. Il secondo passaggio a favore della competitività passa attraverso un Piano nazionale straordinario per il Mezzogiorno, ma occorrono “condizioni di chiarezza normativa-procedurale, garanzie sui tempi di risposta, forte riduzione delle discrezionalità, responsabilità esigibili e/o automaticamente sostituibili dai gestori della cosa pubblica e una decisa difesa della legalità”. Tre gli obiettivi individuati da Confprofessioni: infrastrutture (viabilità, alta velocità, aereoporti e porti); ospitalità alberghiera; salvaguardia e valorizzazione del patrimonio monumentale e ambientale.
Ampio il capitolo delle liberalizzazioni. Per quanta riguarda le libere professioni, Confprofessioni ribadisce la propria disponibilità “a favorire ogni possibile modernizzazione e semplificazione del sistema ordinistico”, intervenendo sulle funzioni che devono svolgere gli albi sui profili di garanzia delle prestazioni professionali nei confronti dei cittadini-utenti, dell’attività formativa e di aggiornamento degli iscritti, e dei potenziali conflitti di interesse e costi di struttura in capo agli ordini. Tuttavia, sottolinea Confprofessioni “occorre salvaguardare i livelli di professionalità richiesti per esercitare una professione che abbia rilievo di garanzia pubblica, concetto che deve fare rifermento anche a regimi di tutela della salute e pubblica incolumità”. Inoltre, nessun veto alla costituzione di società tra professionisti, anche con l’apporto di capitali privati purché “non prevalenti”. E anche la disciplina delle attività professionali non regolamentate, ormai inserite a pieno titolo nelle dinamiche del mercato dei servizi professionali, può rappresentare un’occasione per non creare barriere d’accesso alle professioni.
Il documento di Confprofessioni si snoda poi attraverso la necessità di un rilancio dell’export, concentrandosi soprattutto verso i Paesi Bric che, insieme con Medioriente e bacino Sud del Mediterraneo, rappresentano “opportunità di crescita importanti” per le imprese, le costruzioni e per gli stessi liberi professionisti. Tocca i temi centrali dell’innovazione della pubblica amministrazione, dove i professionisti possono dare una mano alle istituzioni “per snellire, tagliare i passaggi superflui, favorire la circolazione di documenti, eliminare le richieste inutili, indicare modalità di trasparenza del processo amministrativo e modalità di controllo a campione laddove, ad esempio, è stato dato spazio, utilmente, all’autocertificazione”. E si conclude con un “Piano per le infrastrutture” e la “Difesa del suolo”, dove l’apporto delle competenze di geologi, agronomi, architetti e ingegneri e delle professioni tecniche in genere rappresenta un fattore strategico di successo per tutelare e valorizzare l’ambiente e il territorio, che rappresenta oggi una ricchezza virtuale per i cittadini e i turisti.
L’ultimo capitolo è dedicato alla “Riorganizzazione della giustizia civile e tributaria”, perché “qualsiasi obiettivo di crescita e competitività sarà difficilmente raggiungibile senza una impostazione dell’accesso alla giustizia che separi ragioni consistenti da situazioni di banale litigiosità”. Secondo Confprofessioni, tempi lunghi, talvolta lunghissimi, costi diretti e indiretti, sfiducia verso opzioni di giustizia rappresentano un freno a molti investimenti, soprattutto di capitali stranieri che analizzano i fattori ambientali, burocratici e dell’esigibilità del diritto quali elementi che guidano la scelta del paese-target dell’investimento. Anche sul fronte della giustizia tributaria, l’Italia paga un deficit strutturale. Oggi, il contribuente non incontra una giustizia professionale stabile, ma commissioni caratterizzate da diversi percorsi professionali di ingresso e da una sorta di volontarietà di ruolo. “La certezza della competenza di merito, che dovrebbe guidare analisi e decisioni, molte volte finisce per cedere il passo al caso e al contesto più o meno attrezzato”. Su questo tema, la Confederazione guidata da Stella è pronta ad assicurare la massima collaborazione dei professionisti, forte anche dell’esperienza maturata da avvocati e commercialisti.


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